Home Attualità Prove Invalsi, troppa strumentalizzazione degli esiti delle rilevazioni

Prove Invalsi, troppa strumentalizzazione degli esiti delle rilevazioni

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Anche quest’anno la presentazione dei dati Invalsi si accompagna con il consueto turbinio di proclami, dichiarazioni, accuse e annunci.
Per la verità, il dato più sconcertante è che molti fra coloro che stanno intervenendo partono da un punto: i dati Invalsi sono attendibili e la “fotografia” che restituiscono può e deve essere utilizzata per intervenire sul sistema scolastico.
E così, per esempio, i pentastellati dichiarano: “I risultati delle prove Invalsi 2023 sono ancora una volta allarmanti per il Sud. Quello che ci preoccupa maggiormente è che mentre metà della popolazione studentesca italiana è alle prese con abbandono, dispersione scolastica e povertà educativa, il governo sembra non avere minimamente tra le proprie priorità la scuola pubblica”.
Peccato che il M5S abbia sempre sostenuto che le prove Invalsi andrebbero eliminate.
Nel programma elettorale del 2018 il Movimento scriveva che il meccanismo  ideato dall’Invalsi “non ha determinato alcun beneficio per la corretta valutazione delle effettive competenze acquisite dai nostri studenti” e che in considerazione delle sue evidenti inefficienze si dovrebbe provvedere a un suo definitivo superamento o a una sostanziale revisione.

A suo tempo il deputato del M5S Luigi Gallo usò parole di fuoco contro i test Invalsi arrivando persino a dichiararsi del tutto favorevole allo sciopero contro le prove proclamato dai sindacati di base.

Il Ministro Valditara per parte sua garantisce che, in collaborazione con l’Invalsi, verrà messo a punto un piano per il recupero del divario fra nord e sud, dimenticando forse che il maggior partito della coalizione, Fratelli d’Italia, nel corso della campagna elettorale dell’autunno scorso aveva sottolineato più di una volta che l’Invalsi è solo un inutile spreco di denaro e i soldi usati per le rilevazioni potrebbero essere usati per migliorare gli stipendi del personale.

Pur senza tirare in ballo i dati Invalsi, proprio un paio di giorni fa un gruppo di sindaci calabresi ha evidenziato con forza la situazione di “povertà educativa” in cui vivono molti studenti del loro territorio.
Ma anche loro dimenticano che molto spesso proprio dalla Calabria, dalla Sicilia e da altre regioni del sud si fa osservare che i dati Invalsi non sono per nulla attendibili perché se è vero che gli studenti del sud non brillano nei test nazionali è altrettanto incontestabile che proprio al sud si registrano i risultati migliori negli esami di Stato finali.

Questa grande confusione può essere forse spiegata cercando di chiarire un punto: le prove Invalsi non misurano competenze. D’altronde, nessun test a scelta multipla può misurare competenze (errore che il Ministero sta facendo anche con le procedure di reclutamento docenti che d’ora in avanti saranno affidate a test a risposta chiusa).

“Un altro grave errore dell’INVALSI – segnala il pedagogista Cristiano Corsini – è ritenere che le prove offrano una misura valida degli apprendimenti di singoli individui”.
“Questi errori –
aggiunge – hanno molte conseguenze negative. Queste prove hanno senso per valutare la diffusione di qualche conoscenza e abilità tra la popolazione, ma usarle per valutare conoscenze, abilità, apprendimenti, competenze o fragilità di singoli individui è gravissimo. Se colleghiamo a queste misure errate percorsi mirati rischiamo di fare ulteriori danni”.

Ma, affrontare la questione in questi termini vorrebbe dire lasciare da parte le trite e ritrite polemiche Invalsi sì/Invalsi no per entrare nel merito di problemi più reali (valutazione di sistema, valutazione degli apprendimenti, valutazione sommativa e così via).