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Quando gli stalker sono i genitori

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Perché, diciamolo, senza ipocrisie e infingimenti, a volte, questo sono.

Sia chiaro, qui non si parla della maggior parte (per fortuna!) dei genitori che hanno ben chiara la loro funzione educativa e che sono perfettamente in grado di rapportarsi con le altre istituzioni o cosiddette “agenzie educative” nella piena consapevolezza dei ruoli. Questa è la MAGGIORANZA che NON FA NOTIZIA, che pur vivendo, a volte, anche condizioni di disagio concreto e profondo (disoccupazione, malattia), ritiene che la scuola, i docenti siano l’argine parallelo, per contenere insieme le turbolenze dell’adolescenza nell’alveo di una esperienza di vita equilibrata.

No, qui si parla d’altro o, meglio, d’altri.

Da qualche anno a questa parte si sta facendo strada un prototipo di genitorialità inquietante; dapprima si trattava di casi isolati, figure considerate anche dagli altri genitori “eccentriche” rispetto al Sistema e quindi piuttosto marginalizzate, poi – probabilmente anche per motivi generazionali – è aumentato il numero di questi soggetti che, francamente, stanno rischiando di sottrarre tempo e risorse a chi ormai scarseggia dell’uno e delle altre.

Dal genitore che, non pago di poter contattare il docente nei tempi e nei modi abbondantemente previsti, chiede colloqui “fuori tempo massimo”, per sondare le intenzioni di maggiore o minore indulgenza o, addirittura, (a me è capitato) tende un “agguato” al prof. nel parcheggio della scuola, a quello che, per qualunque fesseria, chiede di parlare SEMPRE e SOLO e DIRETTAMENTE e URGENTEMENTE con il Dirigente Scolastico (e con la Ministra Fedeli, no?).Per non parlare, poi, della “scelta” del docente: “quello sì”, “quella no”, come se si trattasse del succo di frutta al supermercato.

Ma il contesto più eclatante è probabilmente quello degli OO.CC. e affini… Anche qui, a scanso di equivoci, nella STRAGRANDE MAGGIORANZA dei casi viene colto il vero spirito, diciamolo pure, di sacrificio: genitori che hanno un po’ più di tempo libero e si prestano ad essere nominati Rappresentanti di classe, sapendo che dovranno partecipare a Consigli a volte rilevanti, ma altre volte no (vd. “adozione libri di testo”), dovranno cercare di far convergere mozioni di varia natura, che a volte pervengono spontaneamente, a volte no, ecc… Rappresentanti di Istituto che, un occhio alla scuola, uno al “mondo di fuori”, sviluppano un ammirevole “spirito di squadra” e un commovente orgoglio di appartenenza, magari affidando all’Istituto non uno, ma anche due o più figli.

Si parla d’altro, d’altri, si diceva.

Si parla di adulti che, per una variegata serie di motivazioni, anche umanamente comprensibili (ma non giustificabili) interpretano in modo distorto la loro “partecipazione democratica alla vita della scuola”. Alla base, spesso, c’è la frustrazione, che assume vesti diverse: c’è la “desperatehousewife”, poco riconosciuta in ambito sociale, che cerca visibilità, il manager che “sa come si fa”, perché “nel privato è diverso” (ma va?!), il/la missionario/a tuttologo/a, che viene a spiegarci il lavoro (nostro), ma quando lo fa, il suo? Il giurisperito “in pectore”, che si diletta in ricorsi, ecc.. ecc..

Perché si verifica questa iattura? Probabilmente perché la scuola è una sorta di “ventre molle”, che tutto assorbe, digerisce, metabolizza, senza avere gli anticorpi per difendersi. Ormai spogliata dell’AURA di fiducia che le consentiva in fondo, una rendita di posizione in virtù della sua autorevolezza, ora che questa si è affievolita fin quasi ad evaporare del tutto, la scuola è smarrita, debole, si lascia sopraffare e cerca remissivamente di rispondere sciorinando “carta”: riferimenti normativi, protocolli, procedure… La scuola vorrebbe tanto continuare a riservarsi un posto privilegiato sull’isola felice della “sacralità”, ma, visti i tempi, un addetto stampa o un agguerrito studio legale sarebbero più utili e, triste riconoscerlo, ma fanno “status”, insomma, al solito, “lei non sa chi sono io”…

E quindi? Non c’è rimedio? Non ho la risposta, ma rivolgo un appello schietto ai genitori collaborativi, a quelli che, quando ricevono il “Patto educativo di corresponsabilità”, prima lo leggono e poi si fermano un attimo, prima di firmare. A questi genitori si chiede di “chiamarsi dentro”, di impegnarsi ancora con dedizione (basta poco, sono in tanti!), di non delegare con approssimazione e di sorvegliare con discrezione e continuità i propri delegati, in modo da contenere il debordare di fragilità private e personali entro contesti in cui esse producono solo danni e logoramento.

Il personale scolastico, già gravato da tutta una serie di disagi e frustrazioni a sua volta, che non vale nemmeno la pena di ricordare, ha ormai ben poche risorse per garantire un ambiente educativo equilibrato e sereno, risorse che spesso vengono attinte da una riserva personale, non dovuta “per contratto”, pertanto un ulteriore fattore di stress non può che andare a detrimento di tutte le parti in causa, ma soprattutto degli studenti, destinatari non ultimi, bensì primi, delle nostre cure, purché le energie residue siano salvaguardate e non sprecate in estenuanti pratiche vòlte a denigrare e sminuire un’improbabile “controparte”: ci perdiamo tutti e, ricordiamolo, lo stalking ormai è un reato.