Home Archivio storico 1998-2013 Sistemi scolastici europei Rapporto annuale Ue su istruzione e formazione nella strategia di Lisbona verso...

Rapporto annuale Ue su istruzione e formazione nella strategia di Lisbona verso il 2010

CONDIVIDI

Alla luce del rapporto, occorre innanzitutto sottolineare che vi sono molteplici cause – tra cui le lentezze burocratiche, le eccessive barriere d’ingresso, gli ostacoli frapposti dalle diatribe partitico-politiche e la lentezza costituzionale nel realizzare de facto le tante annunciate riforme nel settore dell’istruzione – che, allo stato, rischiano di far abortire sul nascere ogni buon proposito circa l’up-grade del livello della capacità europea di far fronte alla concorrenza mondiale.

Infatti, per raggiungere gli obiettivi fissati nelle guide-lines tracciate dalla Strategia di Lisbona per il 2010, è necessario investire, come richiesto dal Consiglio europeo di Barcellona nel 2002, più mezzi economici e strumentali soprattutto sul capitale umano per formare nuove unità lavorative ad elevato potenziale, per aumentare la caratura qualitativa dei cittadini europei, per colmarne in sostanza, in un sistema economico, informativo, informatico e culturale ormai globalizzato, il gap nei confronti dei competitori di altre aree molto più evolute come gli USA, il Canada, il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda, Singapore, Taiwan ecc. E non dimenticando al contempo di anticipare gli scenari futuri a medio termine in cui con l’attuale ritmo di crescita, non soltanto economica, Paesi del terzo mondo raggiungeranno progressivamente elevati livelli di crescita socio-culturale, investendo ingenti capitali finanziari ed umani su istruzione e ricerca, come verosimilmente farà il duopolio formato dal monster che la grande giornalista Oriana Fallaci ha recentemente definito la minacciosa “Cindia”, ossia la Cina, l’India ed i loro paesi satelliti. Il grado del progresso negli stati membri è misurato dai 5 benchmark o livelli di riferimento, ossia degli indicatori prestabiliti congiuntamente dal Consiglio e dalla Commissione nel 2002 e, per la prima volta in questo rapporto, anche sulla base dei sedici indicatori chiave individuati nel maggio scorso dal Consiglio Istruzione e cultura dell’Unione europea.
1) L’unico benchmark straordinariamente positivo è quello relativo al tasso dei diplomati nel settore scientifico e tecnologico, la cui media europea si è elevata addirittura già l’anno scorso oltre 3 punti al di sopra de la soglia fissata dal livello di riferimento.
2) Invece dal rapporto de quo risulta troppo elevato il tasso di abbandono scolastico precoce (con oltre sei milioni di abbandoni da parte di studenti tra diciotto e ventiquattro anni nel 2006).
3) È poi ancora insufficiente il numero dei diplomati del secondo ciclo, tanto che, a meno di un miracolo, dovrebbero sistematicamente diplomarsi a tale tipologia di ordine e grado altri due milioni di europei entro il 2010.
4) Risulta, peraltro, ancora marginale la partecipazione degli adulti alle attività di apprendimento permanente.
5) Infine risulta insufficiente il livello di competenza nella lettura dato che un alunno europeo quindicenne su cinque legge ancora con estrema difficoltà od insufficiente capacità.
Il IV Rapporto è strutturato in otto capitoli che si focalizzano, sulla base dei suddetti cinque indicatori ed in conformità alle priorità politiche del programma “Istruzione e formazione 2010”, sull’Equità ed efficienza dei sistemi educativi; sulla Promozione dell’apprendimento permanente; sulle cd. Competenze chiave; sulla Modernizzazione dell’istruzione scolastica; sulla Modernizzazione di cui al Processo di Copenaghen del sistema VET; sulla Modernizzazione di cui al Processo di Bologna dell’istruzione superiore ed infine sull’Occupabilità. In particolare, dai 5 benchmark analizzati, l’unico caso in cui l’obiettivo è stato raggiunto e superato, come abbiamo illustrato più sopra, è il benchmark relativo al tasso dei diplomati nel settore scientifico e tecnologico con livelli d’eccellenza in Irlanda, Francia e Latva-Lituania (rispettivamente con il 24,5%, 22,5% e 18,9%). Al contrario risulta ancora troppo alto il tasso degli abbandoni scolastici precoci. difatti la cifra di 6 milioni di abbandoni tra i 18 ed i 24 anni dovrebbe diminuire di almeno due milioni per conformarsi all’obiettivo prefissato del 10%. Mentre l’Italia rimane ancora attestata al 20,8%, contro una media europea del 15,3%, le migliori performance sono state riscontrate nei paesi dell’Europa orientale entrati di recente nell’Unione, come la Repubblica Ceca (5,5%), la Polonia (5,6%) e la Slovacchia (6,4%). Inoltre, per raggiungere, entro il 2010, l’obiettivo prefisso di un tasso di diplomati del secondo ciclo d’istruzione secondaria superiore dell’85%, occorrono due milioni di giovani diplomati in più. In questa particolare classifica, l’Italia, pur segnando un netto miglioramento rispetto al 2000, rimane sempre sotto la media europea con il 75,5% contro il 77,8%, mentre i migliori risultati sono stati raggiunti da Repubblica Ceca (91,8%), Polonia (91,7%) e Slovacchia (91,5%). Il grado delle attività di apprendimento permanente da parte degli adulti ha performance d’eccellenza soltanto in Svezia, Danimarca e Regno Unito (rispettivamente con oltre il 32%, il 29,2 ed il 26,6%). Mentre per poter raggiungere l’obiettivo di Lisbona del 12,5%, contro una media UE in atto del 9,6% entro il 2010, occorrerebbe un aumento d’adulti in formazione pari a 8 milioni di unità. Infine risulta insufficiente il livello di competenza nella comprensione scritta e lettura, dato che un alunno europeo quindicenne su cinque legge ancora con estrema difficoltà od insufficiente capacità. Infatti, tranne pochi casi come quelli della Finlandia, dell’Irlanda e dell’Olanda-Paesi Bassi (coi rispettivi 5,7, 6,6 e 7,5%), la media europea del 19,8% è preoccupante, per quanto migliore di quella italiana del 23,9%.
Insomma il quadro situazionale complessivo fotografato dal rapporto, a nostro avviso, non risulta, in conclusione, per nulla roseo. E questo è anche il parere – che si trova vergato a chiare lettere sul sito istituzionale http://ec.europa.eu/commission_barroso/figel/index_it.htm – alquanto più autorevole del nostro, dello slovacco Ian W. Figel, Commissario Europeo per l’Educazione e la Cultura e già Premio “Freedom Award” per il particolare contributo alla promozione dei diritti umani nel mondo: “Il messaggio ai decisori politici degli stati membri risulta alquanto chiaro. C’è bisogno di un maggior sforzo d’efficientismo negli investimenti sul nostro capitale umano”
Inoltre, altri benchmark oltre a quelli analizzati sopra nel settore dell’istruzione, della ricerca e della formazione dimostrano, paradossalmente, come non sempre ai maggiori investimenti nel settore dell’istruzione corrispondano ex professo significativi progressi dei sistemi educati, fermo restando che ad esempio sull’insegnamento delle lingue, il rapporto mostra come ancora in seno all’UE dei 25 non si imparavano sistematicamente almeno due lingue straniere fin dal livello primario e secondario inferiore.Nonostante l’investimento pubblico nei settori strategici dell’istruzione e formazione sia nettamente aumentato dal 4,7% al 5,1% in proporzione al PNL, dall’adozione della strategia di Lisbona al dicembre 2007, questi ultimi anni sono stati caratterizzati da una esiziale stagnazione che, alla luce delle proiezioni macroeconomiche future, con una congiuntura recessiva alle porte, non fa ben sperare. Insomma sembra ben lontana la soglia prospettata dal former president della Commissione europea Prodi di raggiungere il livello di spesa degli Stati Uniti a breve. Infatti, a trend costante, l’Europa dei 27 dovrebbe più che raddoppiare, entro il 2010, gli investimenti annui, soprattutto quelli provenienti dal settore privato, di circa 10.000 euro a studente per raggiungere il livello di spesa degli USA, in cui per ogni studente di istruzione superiore si investono oltre 30.000 dollari all’anno contro i quasi 10.000 euro della media dell’Unione europea.
Difatti, in buona sostanza, i risultati del IV Rapporto denunciano ancora una situazione deficitaria e dei poco incoraggianti, scarni e marginali risultati in ragione degli sforzi effettuati dagli stati membri dell’UE per rispondere alle sfide del XXI secolo. Auspichiamo che in progresso di tempo si possano raggiungere de facto almeno gli obiettivi minimi – anche se, comunque, a mio avviso, talmente ambiziosi da abbisognare un colpo d’ala troppo grande (in controtendenza al trend risultante dal Rapporto) nei soli due anni restanti – prefissati nella strategia di Lisbona affinché dal 2010 il gap socioeducativo, culturale e strategico che anche il rapporto de quo continua a registrare, venga obliterato e faccia slatentizzzare gli elementi distintivi, i principi caratteristici ed i valori fondanti del mondo latino ed anglosassone, id est della più importante e strategica area geopolitica del mondo nella storia della civiltà umana, nel XX secolo prima denominata Ceca, poi Cee ed oggi Ue, ma che in una sola parola, nunc et semper, verrà contraddistinta dal nome d’una dea: Europa.