Home Attualità Regno Unito, quando la privatizzazione dell’istruzione diviene divisiva

Regno Unito, quando la privatizzazione dell’istruzione diviene divisiva

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Il sistema scolastico britannico, vista la penuria d’investimenti, di personale e capitale umano, di un organico e coerente ricambio generazionale, vive profonde e laceranti epoche di crisi, anche in vista di un’iperinflazione che ha drasticamente portato al taglio delle attività extra-curriculari come i laboratori e le attività sportive, nonostante i recenti reports facciano riferimento all’allarmante sedentarietà delle nuove generazioni, che praticano meno sport in funzione di una vita dal sapore digitale e domestico. La privatizzazione del settore, a differenza delle realtà mediterranee in cui questo occorre a sopperire alle carenze degli studenti che faticosamente cercano di arrivare al diploma, presenta fine di garantire agli alunni provenienti da famiglie agiate e dalla situazione economica rosea il mantenimento di elevati standard didattici – con un rendimento maggiore degli iscritti rispetto agli istituti pubblici – e l’erogazione di attività sportive comuni ed extra-curriculari. I quotidiani The Guardian e Global Justice analizzano rispettivamente le discrepanze in termini di rendimento tra scuole pubbliche e private e la carenza di fondi, chiusure ed acquisizione di istituti da parte di soggetti privati.

I dati di Global Justice: privato e conveniente per chi?

Storicamente il termine “scuola privata” si riferiva a una scuola di proprietà privata, in contrasto con una scuola sovvenzionata soggetta a un trust o a uno stato di beneficenza. Il termine “scuola pubblica” significava che allora erano aperte agli alunni indipendentemente da dove vivevano o dalla loro religione (mentre negli Stati Uniti e nella maggior parte degli altri paesi di lingua inglese “scuola pubblica” si riferisce a una scuola statale finanziata con fondi pubblici). Le scuole di preparazione (preparatorie) (note anche come “scuole private”) istruiscono i bambini più piccoli fino all’età di 13 anni per prepararli all’ingresso nelle scuole pubbliche e in altre scuole secondarie. Alcuni ex licei si sono convertiti a un modello di tariffazione privata in seguito alla circolare 10/65 del 1965 e alla successiva cessazione nel 1975 del sostegno finanziario del governo per i licei a sovvenzione diretta. Ci sono circa 2.600 scuole indipendenti nel Regno Unito, che istruiscono circa 615.000 studenti, circa il 7% di tutti i bambini britannici in età scolare e il 18% degli alunni di età superiore ai 16 anni. I fondi ivi dedicati provengono da donazioni di beneficenza e fondi di natura statale, fatto che provoca ancora agitazione tra i docenti vista la crisi del settore pubblico. Alcune di queste scuole (1.300) sono membri dell’Independent Schools Council. Nel 2021, il costo medio annuo per l’istruzione privata era di 15.191sterline per le scuole diurne e di 36.000 sterline per i collegi con dormitori annessi.

The Guardian: “rendimento diverso tra scuola pubblica e privata”. Un sistema elitario?

Il fine degli istituti provati, vista la crisi ed i disordini generali con impatto generale sull’erogazione continua e coesa della didattica, è quello di sopperire alle generali carenze del settore pubblico – dimostrate anche dalle prove di valutazione di competenze e conoscenze svoltesi alla fine dello scorso anno scolastico decisamente non in linea con le aspettative (salvo per abilità di base afferenti a lettura e scrittura) – e ciò provoca generale malcontento nelle famiglie interessate da inflazione e crisi. Già dal 2014-2015, il sistema scolastico pubblico sperava di essere in grado in grado di rendere l’invio dei giovani e giovanissimi a una scuola privata, come avviene in Europa, una scelta sempre più eccentrica ed inusuale. Gli ultimi risultati di livello A, che hanno visto migliaia di studenti perdere il massimo dei voti mentre il governo registrava negli istituti pubblici un generale calo del rendimento, evidenziano i continui vantaggi in termini di voti di cui godono gli alunni delle scuole private. Mentre il 47,4% degli alunni degli istituti non statali ha ottenuto almeno un voto A o A*, solo il 22% lo ha fatto negli istituti secondari, il 25,4% nelle accademie e solo il 14,2% negli istituti statali di istruzione superiore. Sebbene il governo insista sul fatto che le accademie abbiano innalzato gli standard, dal 2019 il divario tra la percentuale di alunni che ottengono i voti migliori nelle scuole private e quelle statali si è ampliato. In quell’anno, il 44,8% degli alunni delle scuole private ha ricevuto un voto massimo contro il 24% degli istituti statali. La discrepanza con il Belpaese è evidente: gli istituti privati nostrani, salvo rare e limitate eccezioni, non costituiscono luoghi d’apprendimento elitari, bensì degli istituti in cui risulta più agevole ottenere titoli di studio.