I lettori ci scrivono

Riapertura scuole, noi docenti dobbiamo far sentire la nostra voce

Sono una docente di Scienze Naturali di un Liceo Scientifico romano situato in una zona piuttosto periferica della Capitale ma scuola “polo” di quartiere per livello didattico, il cui nome compare da anni tra i primi 10 licei scientifici nelle classifiche redatte in base ai sondaggi di Eduscopio ed enti similari.

Oltre ad avere accumulato l’esperienza di un buon numero di anni di insegnamento, provengo da una famiglia in cui la professione di insegnante è molto diffusa, a partire dai miei genitori. Analizzando l’andamento della scuola pubblica italiana, come spettatrice, come utente e come docente, constato con molta amarezza il costante e sistematico abbattimento del suo ruolo sociale nel corso dei decenni.

In particolare, mi riferisco a: tagli forsennati ai fondi di denaro; evidente stato di incuria, in certi casi vero e proprio degrado, degli edifici destinati ad uso scolastico e non solo nella Capitale, ma anche in tutta Italia; profondo scollamento tra normative e provvedimenti imposti dagli organi di potere e reali problematiche presenti nell’ambito della formazione scolastica.

Premesso che non prediligo affatto la didattica a distanza e, tuttavia, ho appena finito di partecipare alla lezione di un corso di formazione sulla didattica digitale integrata, sottolineo che ciò che mi spinge a scrivere è il più recente provvedimento che prevede la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado nell’attuale situazione pandemica.

Mi chiedo con quale criterio sia possibile proporre una simile soluzione quando in capo a più di un anno la situazione non è affatto minimamente migliorata, infatti:

1) non sono stati implementati i trasporti pubblici, fonte di assembramento e contagio;

2) non sono stati attivati piani sanitari di screening di massa tra la popolazione scolastica;

3) non è stata aumentata di un metro quadrato la superficie degli edifici adibiti a scuole per ottenere aule più grandi e/o con una migliore aereazione;

4) non è stato assunto nuovo personale per ovviare alla penosa condizione delle classi definite “pollaio” da quegli stessi organi competenti che le hanno istituite (!).

Voglio far notare che a tutto ciò si accompagna il più assoluto silenzio riguardo ai sacrifici ed ai rischi che comporta in questo momento svolgere la professione di docente, anzi se un riferimento ai docenti è stato mai fatto, è stato sempre fugace oppure addirittura volto, più o meno esplicitamente, a sminuirne la professionalità e, in certi casi, perfino lo spessore umano.

Non ho soluzioni da proporre, non spetta a me trovarle, quelle le avrebbero dovute trovare coloro che a capo ed alla guida del Paese, sono retribuiti a questo scopo ed hanno quindi il dovere di informarsi e prepararsi a fondo prima di emanare un decreto nell’interesse della popolazione che rappresentano, proprio come ho visto fare a tutti i colleghi docenti che ho incontrato e come io stessa faccio prima di proporre le lezioni.

Concludo invitando in blocco la categoria degli operatori educativi della quale sono parte, al di là e al di sopra di ogni orientamento politico personale, a far sentire forte e chiara la propria voce.

Maria Concetta Mondello

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