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Ritorno a scuola, ok alla mascherina trasparente. Bocciata quella di stoffa

In vista della riapertura scuole il tema delle mascherine è al centro del dibattito pubblico. Oltre alle mascherine chirurgiche, delle quali si prevede un consumo di 11 milioni al giorno per gli studenti, sarà possibile adottare le mascherine trasparenti, mentre invece le mascherine di comunità, ovvero quelle di stoffa, non sono state giudicate adeguate per la sicurezza dei ragazzi.

Mascherina trasparente: c’è l’ok dal Comitato Tecnico Scientifico

Il nome tecnico è “mascherina per lettura labiale“, un dispositivo che permette di leggere il labiale degli insegnati e facilita la comprensione e il dialogo anche in caso di alunni non udenti. Il Comitato tecnico scientifico (Cts) ha dato il via libera – come segnala l’Adnkronos Salute – a questo tipo di dispositivi indispensabili negli istituti per ragazzi sordomuti.

La Tecnica della Scuola nei giorni scorsi ha raccontato i benefici della mascherina trasparente, riportando l’esperienza di una scuola catanese che ha già deciso di adoperare questi dispositivi di protezione individuale.

A scuola solo la mascherina chirurgica: quella di stoffa non va bene. Protestano gli ambientalisti

Diverso il discorso della mascherina di comunità, ovvero quella realizzata in stoffa: secondo il Comitato Tecnico Scientifico questo modello non va bene per il rientro a scuola. Per questo bisogna utilizzare le mascherine chirurgiche, inviate già alle scuole dal commissario straordinario Arcuri.

La decisione di escludere la mascherina di stoffa a scuola ha generato però molte polemiche, specie da chi si spende per l‘ambiente: Stefano Vignaroli, presidente della Commissione Ecomafie, sostiene che “la scelta di dare agli studenti mascherine monouso è sbagliata su tutta la linea e va rivista. Con 11 milioni di mascherine chirurgiche al giorno per gli studenti, le scuole sforneranno quotidianamente 44 tonnellate di rifiuti da incenerire“.

La commissione Ecomafia aveva stimato in 100mila tonnellate da metà a fine 2020 il dato medio della produzione di rifiuti collegata all’utilizzo di mascherine monouso; “a cui adesso però vanno aggiunte le mascherine provenienti dalle scuole” spiega Vignaroli.

Proteggere la salute dei ragazzi è sacrosanto” aggiunge Vignaroli secondo cui lo stesso obiettivo “si può ottenere con le mascherine di comunità, evitando una enorme mole di usa e getta che va ad appesantire il nostro sistema impiantistico per il trattamento dei rifiuti e non è certo educativo per i ragazzi, ai quali invece la scuola dovrebbe dare il buon esempio anche sul fronte della difesa dell’ambiente“.

Reazioni negative anche dalla Fondazione Univerde: “l’utilizzo dell’usa e getta amplificato nelle scuole è altamente diseducativo e rischia di innescare anche fenomeni speculativi, moltiplicando sia i costi economici che ambientali”, spiega il presidente Alfonso Pecoraro Scanioè ovvio che la sicurezza sanitaria deve essere messa al primo posto ma ci sono moltissimi prodotti certificati e validati da un punto di vista sanitario che sono riutilizzabili e riciclabili”, conclude il presidente Univerde.

Non poteva mancare il commento di Legambiente, con il presidente Stefano Ciafani piuttosto polemico, secondo cui la scelte delle mascherine chirurgiche “non ha senso da un punto di vista sanitario visto che fino ad oggi è stata data la possibilità di utilizzare quelle di comunità”.

Ci sono in circolazione mascherine riutilizzabili certificate dal ministero della Salute che sono uguali alle mascherine chirurgiche usa e getta. Al Cts e al commissario Arcuri, dunque, chiediamo di non fornire 11 milioni al giorno di mascherine monouso ma fornire 11 milioni di mascherine riutilizzabili certificate fornendo agli studenti tutte le informazioni su come lavare e stirare questi dispositivi“, prosegue Ciafani

Infine, secondo il presidente di Legambiente, il rischio che si sta correndo è di fare lo stesso disastro che si sta facendo con i banchi monoposto per i quali non ci risulta sia stata fatta una valutazione ambientale, avviando a riciclo i vecchi banchi e garantendo forniture di nuovi banchi fatti un primis da banchi riciclati. Dopo questo pasticcio evitiamo di farne un altro“.

Fabrizio De Angelis

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