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Schettini su bullismo e cyberbullismo: “Sui cellulari va la scritta ‘provoca malattie mentali’ come nelle sigarette”

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Il docente e content creator Vincenzo Schettini si è recentemente raccontato a Vanity Fair parlando di bullismo e cyberbullismo: “Una mia prof mi fece sentire malissimo perché mi denigrò davanti a tutti facendomi sentire inadeguato. Oggi, con tutti gli attacchi e la corsa ai like e ai commenti che ci sono sui social, non so davvero cosa significhi essere adolescente, ed è per questo che sento di dover spiegare loro come guardarsi dentro per motivarli”, ha raccontato.

Schettini ha raccontato anche un altro aneddoto: “La mia professoressa di violino, una concertista sopraffine, non mi faceva mai mezzo complimento e io provavo un forte disagio perché temevo di non essere abbastanza. Eppure io dentro di me sapevo di essere bravo, e mi chiedevo: perché non mi apprezza? In quei momenti volevo scomparire. L’autostima è sempre molto importante, ed è quello che cerco di trasmettere ai ragazzi di oggi che invece sono, da questo punto di vista, molto sfortunati perché vivono in un periodo in cui è molto facile cadere nella trappola di dare credito agli altri, ai like, ai commenti”.

“Sarà una rivoluzione quando, tra dieci anni, i governi costringeranno le case di produzione dei cellulari a scrivere sulle cover ‘provoca solitudine’ e ‘provoca malattie mentali’. Come le sigarette. Finché non ci renderemo conto di questo, non andremo avanti. Io lo dico sempre ai genitori: vi dovete far odiare dai figli mettendo delle regole. Perché prima vi odieranno e poi vi ameranno”, ha aggiunto.

I dati del bullismo e del cyberbullismo

L’indagine dell’Osservatorio indifesa di Terre des Hommes e OneDay Group, i cui risultati sono stati diffusi in occasione del Safer Internet Day, il 6 febbraio, racconta che i giovani della Generazione Z (coloro che sono nati tra la fine degli anni ‘90 e all’inizio della seconda decade del 21° secolo) temono, quando sono, in rete cyberbullismo e revenge porn.

Dall’indagine, a cui ha contribuito anche la community di ScuolaZoo, il 65% dei giovani tra i 14 e i 26 anni, dichiara di essere stato vittima di violenza e tra questi il 63% ha subito atti di bullismo e il 19% di cyberbullismo. L’indagine ha coinvoltooltre 4 mila ragazzi e ragazze tra i 14 e i 26 anni.La percentuale di chi ha subito una violenza, sia fisica che psicologica, sale al 70% se si considerano le risposte delle ragazze e all’83% tra chi si definisce non binario e scende al 56% tra i maschi. Anche le tipologie di violenza subite sono diverse tra i generi, a eccezione delle violenze psicologiche e verbali, che colpiscono ugualmente maschi e femmine.

È più maschile, invece, il bullismo (68% maschi e 60% femmine), mentre il cyberbullismo sembra colpire di più le ragazze (21% femmine e 16% maschi).
Tragli atti di violenza più segnalati dalle ragazze c’è ilcatcalling, ovvero commenti di carattere sessuale non graditi ricevuti da estranei in luoghi pubblici, al 61% e le molestie sessuali al 30%; tutte le tipologie segnano percentuali più alte tra chi si definisce non binario.

Inoltre, bullismo e cyberbullismo, così come le violenze psicologiche e verbali, prendono di mira soprattutto l’aspetto fisico (79%), a seguire l’orientamento sessuale (15%), la condizione economica (11%), l’origine etnica e geografica (10.5%), l’identità di genere (9%), la disabilità (5%) e la religione (4%).

È la scuola, con il 66%, il luogo percepito dove è più probabile essere vittime di violenza, seguito dal web, indicato dal 39% delle risposte. Se si guardano le risposte delle ragazze, Internet è al terzo posto (36%) la strada al 41%, che arriva invece al quarto posto al 36% tra chi si definisce non binario.

Le risposte del campione dicono anche che, oltre al cyberbullismo e il revenge porn,le preoccupazioni dei giovani della GenZ sono anche il furto d’identità e la perdita della privacy e l’adescamento da parte di estranei con il 35%, le molestie al 30%, l’alienazione dalla vita reale è al 25%, lo stalking al 23%, la solitudine al 9% e il sentirsi emarginati con il 6%. È solo l’1%, che ritiene invece che sul web non si corrano rischi.