Sono le donne a mostrare una maggiore propensione a esprimersi soltanto o prevalentemente in italiano in casa (55,2% a fronte del 51% degli uomini) mentre parlare prevalentemente o esclusivamente l’italiano – in famiglia, con amici e con estranei – è una pratica più diffusa al Centro e nel Nord Ovest.
E’ quanto emerge dall’ultimo report dell’Istat sull’uso della lingua italiana, dei dialetti e di altre lingue in Italia.
L’indagine conferma poi che in Italia il livello di conoscenza di altre lingue è piuttosto elementare. Un terzo delle persone che conoscono almeno un’altra lingua ha dichiarato, infatti, di comprendere e usare poche parole e frasi (30,6%). Soltanto il 15% ha dichiarato di saper comprendere un’ampia gamma di testi, anche impegnativi, e di utilizzare la lingua conosciuta in modo flessibile e con piena padronanza.
Tullio De Mauro, il famoso linguista e già ministro dell’istruzione, avverte: “Non si tratta solo di banale italianizzazione, di parole prese in prestito dall’italiano, anche se l’avvicinamento progressivo del dialetto alla lingua è un fenomeno inevitabile. Il fatto interessante è che quelli che parlano prevalentemente il dialetto se ne vanno anche per strade loro, continuano a inventare parole nuove e a riadattare quelle vecchie. Le classi colte di città, di Roma, di Milano, pensano che i dialetti siano cosa morta, che non si parlino più. Ma è una palese sciocchezza”.
Non muore dunque il dialetto, ma viene reinventato. Dai giovani che lo usano per cementare gruppi sociali e anche dagli extracomunitari che in questo modo, a volte, riescono a farsi accettare meglio nelle città italiane.
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