Ama la radio il bresciano Sergio Rozzi (1967), per le stesse ragioni, suppergiù, che Eugenio Finardi dichiarò in un’antica canzone: «Le parole, attraverso il suono, raggiungono immutate chiunque in qualsiasi parte della terra. Le nuove tecnologie la vorrebbero superata, e invece conserva un fascino indistinto e misterioso, specie nelle ore notturne, se uno l’ascolta perdutamente sino alle prime luci dell’alba». La radio arriva dalla gente, entra nelle case e ci parla direttamente. Sull’essere diretti potremmo ricevere, da Rozzi, più di una lezione probabilmente senza timore di stanchezza e noia né senza rischiare di cogliere mai, in lui, neppure l’accenno di atteggiamenti cattedratici.
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