Home I lettori ci scrivono Sulle scuole paritarie: alcune riflessioni sul dibattito riguardante la libertà educativa

Sulle scuole paritarie: alcune riflessioni sul dibattito riguardante la libertà educativa

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Il dibattito sulla libertà scolastica non riesce ad evitare toni ed argomentazioni ideologiche, che non aiutano a cogliere il nodo essenziale che è in gioco.

Per una disamina accurata delle solite posizioni anti-scuola paritarie, con l’equivoco sul controverso terzo comma dell’ art. 33 della Costituzione, “senza oneri per lo Stato”, e sul versante opposto, per la tesi sulla radicale necessità della libertà di educazione, che si declina oggettivamente in un’autentica libertà scolastica, rimando all’articolo di Antonio Magliulo:

https://www.ilsussidiario.net/…/scuola-augias-cont…/2025239/

La legge che regolamenta le scuole paritarie ha vent’anni di vita e in questo angolo di mondo ancora si imposta la questione, già acutamente presentata dai padri costituenti, in termini rozzamente statolatrici. La statolatria ha una storia antica. Per Thomas Hobbes, il padre fondatore dell’assolutismo e insieme dell’individualismo atomistico (i due elementi si sposano naturaliter), il Leviatano, ovvero lo Stato, ha un nome di battaglia che non passa inosservato: “deus mortalis”. Un dio mortale. Scritto nero su bianco, così.

In Italia, lo Stato, il parastato e affini è materiale fatto di questa pasta, frutto del “deus mortalis”. Ciò che è considerato “pubblico”, in questa cornice ideologica e settaria, è sic et simpliciter identificato con il dio-Stato. A un passo dalla divinizzazione dell’imperatore, in versione simil-dioclezianea, i funzionari e i corifei di questa concezione statolatrica, appensa sentono “paritario”, scattano in furiosi ed isterici atteggiamenti di scherno e sprezzo. In età di nichilismo compiuto, in cui nessuno può più credere in niente, perché così va il mondo, c’è però qualcuno che non molla sulla religione civile su base leviatanica.

Sul sito tecnicadellascuola.it, Suor Anna Monia Alfieri sta costruendo un vero e proprio arsenale argomentativo ed intellettuale di grande valore civile e…appunto..,.pubblico. Una suora che insegna ai neo-dioclezianei in regime effettivo permanente l’approccio libero e critico nei confronti della realtà. Non solo della scuola, ma della realtà in quanto tale.

https://www.tecnicadellascuola.it/tag/anna-monia-alfieri

Ora, a sostegno di questo bendidio di pensiero autenticamente laico – d’altro canto, come ho dimostrato in un saggio del 2008, “Il suicidio della modernità”, pubblicato con Cantagalli, la laicità nasce sul terreno della cristianità -, c’è un altro esponente del diritto pubblico. Un pensatore rigoroso ed originale, quasi dimenticato, in auge in un momento in cui lo Stato non scherzava per ciò che riguarda il controllo della società, il Fascismo: Santi Romano.

Già nel primo decennio del secolo scorso, Santi Romano aveva colto la “decomposizione” della forma-Stato e, insieme, aveva posto sotto esame un fenomeno che ha molto a che fare con la questione scuole statali-scuole paritarie. In sintesi, Romano sostiene che il “pubblico” è molto di più dello Stato e spesso va talmente oltre quest’ultimo da costituire un assetto ben più ricco, efficace e penetrante nella società umana.

Ecco, questo argomento fa al caso nostro: le scuole paritarie appartengono al “pubblico” nella concezione pensata e divulgata da Santi Romano: le libertà delle comunità si auto-organizzano e, infine, allargano e dilatano lo spazio della funzione “pubblica”. Diventa “pubblico” ciò che riesce ad arricchire la coscienza e la cultura civile e civica di una comunità nazionale: la competizione tra “statuale” e “pubblico” è, dunque, il volano etico-culturale di una società che Orwell avrebbe definito “decente” e che noi vogliamo anche nominare come “libera”.

Di conseguenza, quel “senza oneri per lo Stato” va rovesciato: vi è autentico “onere” nella negazione di sostegno e di libertà reale alle comunità educanti in competizione con lo Stato, permanendo la stessa missione civica e pedagogica. Il conflitto delle interpretazioni e il conflitto delle organizzazioni è “laicità positiva” e questo l’aveva affermato, a suo tempo, un altro pensatore, padre della scuola pubblica di impianto statuale, Giovanni Gentile, in un testo magistrale, “Genesi e struttura della società” (1944). La laicità “positiva” afferma, anche su base etica, la libertà degli altri, anzi la promuove, facendo progredire l’intera società. La laicità “negativa”, al contrario, interpreta quel “senza oneri per lo Stato” come la meschina negazione di ogni sostegno all’affermazione della libertà di educare da parte della famiglia, affermata dalla Costituzione (art.30). In ciò, tra parentesi, sabotando perfino le casse dello Stato, alimentate dalle tasse di tutti, anche di quei cittadini che optano per le scuole paritarie.

A quanto pare, la “Costituzione più bella del mondo”, affermata in spirito da Gentile, è negata nell’essenza dai suoi apologeti in servizio effettivo permanente.

Raffaele Iannuzzi