Home Didattica Talvolta anche nelle scuole si nega il “problema del maschile”

Talvolta anche nelle scuole si nega il “problema del maschile”

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Una sociologa, impegnata nel sociale e a diffondere nelle scuole concetti come quelli contro la violenza sulle donne, durante una sua visita in un Liceo, e nonostante aleggiasse ancora nell’aria l’ultimo femminicidio, qualche studente, dopo il minuto di silenzio, quando si è aperta la discussione, ha negato il problema del maschile.

Ma non solo, altri avrebbero confermato il vecchio adagio del silenzio, di fronte a una crisi coniugale anche se contrassegnata da aggressioni e prevaricazioni del maschio sulla femmina, del marito sulla moglie.   

E allora in questo liceo che “pure ha attivato un percorso di consapevolezza, c’è chi prende la parola per dire: “Sì, certo, brutto brutto quello che è successo a Giulia Cecchettin. Ma. Però. Comunque. Ci sono anche donne violente” e donne che provocano.

Che è come dire “se l’è cercata” e che equivale a riprendere quanto certa stampa ha sibilato “per via degli argomenti del difensore di Filippo Turetta, che si domanda come mai le ragazzine si vestano come meretrici. Un fan, l’avvocato non solitario, della tesi che te la sei cercata, se metti la gonna corta. Sconcertante il fatto che non si riesca a stare, a sostare, sull’argomento: la locuzione violenza maschile sulle donne risulta insopportabile, suona come un’accusa a tutti gli uomini invece che una constatazione della realtà. Violenza maschile sulle donne, non di genere, in modo vago”. 

E queste parole nascono, fingendo pure di scordare che chi ha ucciso donne non è stato per lo più uno sconosciuto squilibrato nel raptus  della “notte buia, ma parenti maschi assortiti che dicevano di amarti”.

Conclude la sociologa intervenendo sul Fatto Quotidiano: “fino a che l’educazione e la cultura patriarcale, dove tutte e tutti siamo dentro fino al collo, farà prosperare la negazione del problema maschile circa la violenza sulle donne avremo tonnellate di cordoglio, grandi onde emotive di sdegno, e poi via verso la prossima morta ammazzata, in famiglia.

“Si scopre ora che nelle scuole i ragazzi considerano ‘normale’ controllare il cellulare della fidanzata o vietare uscite senza la loro presenza o autorizzazione. Chi va nelle scuole lo sa da decenni. Insegnare il senso del limite agli uomini, fin da piccolissimi, non è limitare, vietare o impedire: significa offrire il margine e il confine sul quale costruire relazioni sane ed equilibrate, nelle quali sono valide e apprezzabili tutte le voci e i desideri in gioco. Insegnare ai maschi che si deve accettare un rifiuto, soprattutto da parte di una donna, è dare loro la libertà di stare in contatto con la parzialità del loro essere”.