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Testi scolastici: la rivolta dei Comuni


"Il Ministro faccia pure le riforme che vuole, ma non con i nostri soldi"
: è questo, in estrema sintesi, il senso di un lungo comunicato diramato in queste ore dalla Associazione Nazionale dei Comuni Italiani.
"Nessun nuovo onere, neppure per i libri di testo
– scrive testualmente l’Anci – può essere messo in capo ai Comuni, in conseguenza della riforma se non accompagnato dalla norma che stanzia adeguati finanziamenti".
Il problema riguarda in particolar modo i libri di testo di inglese per le prime classi elementari. E’ dal 1986, ricordano i Comuni, che il finanziamento statale per i libri di testo delle elementari è stato consolidato all’interno del trasferimento complessivo che ciascun Comune riceve annualmente.
Il decreto che allo stato attuale regola la fornitura dei libri di testo nelle elementari prevede per l’inglese il testo solamente per le classi III, IV e V, al costo pari a 16.165 di vecchie lire.
Ipotizzando un testo unico per le classi I e II elementare ad un costo identico ne risulterebbe un maggior aggravio di spesa per i Comuni pari a circa 8milioni e 200mila euro. Nel caso di due testi separati ad un costo di 6 euro si arriverebbe ad una spesa di 12milioni di euro.
Ma in concreto quanto dovrà spendere un Comune per garantire ai propri alunni il libro di testo di inglese?
Proviamo a fare due conti.
Per un Comune di piccole dimensioni (1000 abitanti, 50 bambini in I e II) sono necessari tra i 400 e i 600 euro.
Per un Comune di 20mila abitanti con 400 alunni la spesa si attesta fra i 3200 e i 4800 euro.
Per una città di 200mila abitanti e 4mila alunni si arriva alla ragguardevole spesa di 32mila/48mila euro.
E’ per questo che l’Anci non intende fare finta di nulla: "La legge di riforma della scuola 53/2003 prevede che le novità introdotte vengano opportunamente finanziate" sottolineano i Comuni, e concludono: "Poiché nessun nuovo finanziamento è stato approvato a seguito della riforma Moratti, ne consegue che i libri di testo di lingua straniera per i primi due anni, come ogni altra innovazione che possa influire sul bilancio comunale, non possono essere considerati obbligatori per i Comuni".

Reginaldo Palermo

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