Politica scolastica

Turi (Uil Scuola): “Sbagliato giudicare la scuola con il metro di misura del mercato”

Sul rapporto semestrale della Commissione Europea in cui vengono pubblicate raccomandazioni, anche per l’istruzione, interviene la Uil Scuola, che esprime in un comunicato a firma del segretario generale Pino Turi la propria posizione

Per quanto riguarda la scuola, nella scheda Paese dell’Italia, la Commissione partendo da un’analisi delle valutazioni PISA che parlano delle competenze degli alunni, si spinge a raccomandazioni di metodo. 

L’analisi e il livello europeo non sono in discussione- sottolinea il segretario generale della Uil Scuola,Pino Turi –  stupisce però che la Commissione, che dovrebbe limitarsi a fissare gli obiettivi comuni a cui attenersi, entri nel merito degli strumenti per realizzarli.

Questo compete – mette in evidenza Turi – ad ogni singolo Paese membro, che lo realizza sia in funzione della propria costituzione che della propria tradizione culturale e del contesto socio-politico.

Dover insistere sulla necessità di competenze, che richiamano al sistema produttivo, è – secondo il segretario  della Uil Scuola – fuorviante e sbagliato; il nostro sistema conosce, positivamente, un percorso che parte dalle conoscenze per portare alle competenze.  Un sistema flessibile che apre alla creatività e al pensiero critico di cui noi italiani, sismo fieri sostenitori e gelosi custodi. 

Pur volendo prendere per buone le analisi di partenza su parametri standardizzati ( indagine PISA), si registrano risultati che sono costantemente influenzati da variabili poco indicative e di difficile comparazione, utili solo per sostenere la tesi del pensiero unico di tipo neo liberista: prima era la matematica ad essere carente, ora è migliorata mentre è peggiorata lettura e scienze; continuano ad essere più bravi gli alunni del nord Est, meno quelli del Sud, resta alta la dispersione, specie tra gli alunni stranieri, senza voler considerare l’alta mobilità territoriale registrata in questi anni nei flussi interni di emigrazione dal Sud al Nord del paese.  Si continua a consigliare, sulla base di convinzioni e posizioni neo liberiste,  di accelerare sulla riforma, attraverso assunzione diretta e la valutazione di docenti e dirigenti.

Le regole dell’efficienza di mercato – aggiunge Turi – non possono essere applicate al settore dell’istruzione che non è omologabile ai settori produttivi.

L’idea che le competenze debbano essere funzionali all’occupabilità lavorativa (meglio non  parlare di mercato del lavoro quando si tratta di persone), attraverso strumenti nuovi come l’obbligo dell’alternanza scuola lavoro e il  sistema degli ITS ( la formazione terziaria non universitaria) induce alla considerazione che, la privatizzazione non si rivela utile e l’esperienza degli ITS lo testimonia con un aumento fino al 20% (un anno fa era al 15% ) del divario tra i posti di lavoro non coperti per la mancanza di professionalità specifiche. 

Il combinato disposto di questi fattori, sta facendo diminuire gli iscritti all’università, con un danno sicuro sul futuro sociale ed economico del nostro paese.

Il sistema degli ITS – denuncia il segretario della Uil Scuola – è un esempio di privatizzazione surrettizia, con utilizzo di ingenti risorse che sfuggono al controllo pubblico. Si è affidato a questo settore la gestione di risorse finanziarie dello stato con una gestione privata, attraverso la costituzione di Fondazioni che associano imprese  scuole ed università. Eppure gli squilibri di mercato permangono. Qualche dubbio che la gestione privata sia utile, per fini collettivi, è naturale.

L’industria 4.0 per decollare,  non può pensare di omologare una scuola 4.0, fatta a sua immagine e somiglianza e sostenuta con risorse pubbliche. 

Occorre dunque fare una differenza non nel metodo ma nel modo: il livello europeo è necessario come termine di comparazione sociale ed economico, ma solo per gli obiettivi condivisi per il sistema produttivo comunitario. I mezzi per raggiungerli, invece devono essere lasciati alle scelte politiche che ogni paese è chiamato ad adottare.

Una posizione – che spiega Turi, condividiamo con il sindacato europeo, aderente all’Internazionale dell’educazione – che vada a fare tesoro delle differenze dei singoli Paesi, in un quadro di riferimento complessivo, che lasci spazio alle esperienze nazionali e ponga freno alla deriva che vuole trasformare l’istruzione, funzione pubblica, in un servizio da collocare sul mercato.

Redazione

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