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Ultimo giorno di scuola in presenza, Ascani non demorde ma… c’è un Dpcm di troppo

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La viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani, ha proposto un ultimo giorno di scuola in presenza per  chiudere quest’anno scolastico. E ha chiesto in tal senso l’appoggio del Comitato tecnico scientifico (Cts), che apprendiamo da un altro articolo pubblicato su questa testata ha però bocciato l’idea.

In un’intervista di qualche giorno fa a “la Repubblica” la Ascani aveva affermato quanto riportiamo in corsivo: “vorrei dare la possibilità agli studenti delle ultime classi dei singoli cicli (che poi sono due, “i singoli cicli”, cioè il primo ciclo per scuola primaria e secondaria di I grado, e il secondo ciclo per scuola secondaria di II grado e percorsi IeFP, a meno che la viceministra non intenda denominare impropriamente “cicli” i servizi educativi per bambini da 0 a 3 anni nonché la scuola dell’infanzia), la quinta elementare (si chiama ormai da tanti anni scuola primaria), la terza media, le quinte superiori (definizioni, approssimative anche stavolta ma in effetti ancora utilizzate), di potersi incontrare a scuola, se possibile anche nella loro aula, per celebrare l’ultimo giorno dell’anno scolastico 2019-2020”.

Ma i problemi reali della scuola sono l’ultimo giorno in presenza e il “sapore dell’esame”?

Nella loro aula (magari 30 alunni più i prof)?? Quando per settembre si prospettano ancora non chiariti sistemi di rientri a turnazione, o in più aule (dove, quali? Vabbe’ nei cinema, in teatri, negli oratori o anche all’aperto, magari a dicembre). No, forse no, e allora Ascani non demorde per l’incontro di fine anno: “Se proprio non si potrà dare il via libera per un incontro a scuola, immaginiamo allora un museo. L’ultima visita di istruzione nell’anno in cui gite e mostre sono saltate per l’emergenza”.

Forse a Roma ci saranno centinaia di musei che potranno accogliere (immagino su più giorni, ma soprattutto per le scuole di istruzione secondaria di II grado i tempi proprio sono “stringati”, con l’esame di Stato che incombe e i ragazzi impegnati a preparare tra l’1 e il 13 giugno l’elaborato richiesto per le materie di indirizzo) gli alunni di tutte le scuole, ma Ascani sa quanti musei ci sono nei paesini e anche cittadine che hanno scuole primarie, secondarie di I grado ed anche di II grado? Li avrebbero stipati tutti in un museo (se c’è in una determinata piccola località, ma spesso non ce ne sono e allora si sarebbero spostati magari nel capoluogo di provincia)? Della serie “tutti insieme appassionatamente”, perché oltre all’ormai ben noto “sapore dell’esame” (a proposito, ma perché coinvolgere anche i ragazzi della quinta “superiore”, visto che loro – malgrado la maggior parte preferirebbe evitare gli esami in presenza, come confermato da tanti sondaggi – rivedranno i loro prof agli esami di “maturità”?) abbiamo scoperto che c’è anche il “sapore dell’ultimo giorno di scuola”!

E sembra che i problemi veri della scuola siano l’ultimo giorno in presenza o il “rito di passaggio” dell’esame di “maturità” (che in realtà da una parte diventa un pericoloso esperimento, che coinvolge non 100 volontari bensì 500mila ragazzi e circa 100mila unità di personale, per capire come organizzare il rientro a settembre, dall’altra è una occasione per avallare la fase2 o 3, dimenticando che comunque la scuola non è attività che incide direttamente sul Pil), quando invece ci sono rilevanti problemi di organico e scarsità di risorse indispensabili per riprendere l’attività in presenza a settembre o magari ad ottobre (e intanto si spendono un bel po’ di euro per la “maturità” a scuola) potenziando appunto in modo adeguato il numero degli insegnanti per formare classi meno numerose, e i soldi si dovrebbero trovare se la scuola fosse davvero una priorità, come vogliono far apparire in molti spendendo solo parole di circostanza o pensando di far ricadere gli sforzi sul lavoro del personale della scuola che fino a prova contraria ha un contratto che deve essere rispettato.

Dopo il no del Comitato tecnico alla riapertura per un solo giorno delle scuole, Ascani vuole fare incontrare alunni e insegnanti all’aperto

Ma ora, ulteriore “colpo di scena”, scopriamo che la Ascani proprio non demorde‼

E non accettando quella che forse reputa una sconfitta politica (di chi magari aspira un giorno all’incarico ministeriale più alto: quale viceministro non ha… nel “cassetto dei sogni” di diventare un giorno ministro‼) ribatte alla decisione del Comitato tecnico scientifico: “almeno all’aperto si può”, aggiungendo il fatidico “in sicurezza” (perché poi frasi come “in piena sicurezza, evitando assembramenti” sembrano diventate uno slogan di tutti quelli che pretendono situazioni in presenza ma senza rischi, cosa che, come dovrebbero sapere bene, è impossibile garantire). Ma per essere convincente aggiunge: “non si può negare a bambini e ragazzi delle classi terminali questa possibilità” (perché, glielo hanno detto loro, e in quanti erano? A tutti risulta, da sondaggi attendibili, che la maggioranza degli studenti delle “superiori” ad esempio è contro gli esami in presenza, ma qualcuno, in questo caso non mi riferisco alla Ascani, continua a sostenere il contrario).

Ma forse la viceministra non ha riflettuto bene sul fatto che le normative dettate dal Governo di cui fa parte non consentono attività didattiche in presenza sino al 14 giugno. Nel Dpcm del 17 maggio scorso, a firma ovviamente del Presidente del Consiglio (trattandosi appunto di Dpcm), al comma 1 punto “q” dell’art.1 si specifica, tra l’altro, che “sono  sospesi  i  servizi  educativi  per  l’infanzia  (…) e  le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche” e nell’art. 11 (“Disposizioni finali”) dello stesso Dpcm si evidenzia che “le disposizioni del presente decreto si applicano dalla data del 18 maggio 2020 (…) e sono efficaci fino al 14 giugno 2020”.

Il Dpcm del 17 maggio scorso parla chiaro: nessuna attività scolastica in presenza sino al 14 giugno

A me sembra chiaro. Tanto è vero che la ministra Azzolina si è affrettata giorni fa a ribadire, per esempio, che i consigli di classe in presenza non si possono fare (e certamente nei CdC mediamente partecipa un numero di persone inferiore a quello di un intero gruppo classe). E non si dica che il rientro in aula (o in un museo!) degli alunni nell’ultimo giorno di scuola (perché comunque questo aveva proposto la viceministra prima del “no” del Cts) non è “attività scolastica” (se proprio non si volesse considerare “attività didattica”), perché se trattasi di saluto (peraltro… a debita distanza di sicurezza ed evitando assembramenti, e mi pare un po’ difficile visto che almeno i ragazzi più grandi prendono mezzi pubblici e che probabilmente gli studenti si “incrocerebbero” anche fuori dalla stessa scuola) allora sarà stupendo organizzare un incontro a ottobre, a novembre (quando sarà possibile) e i ragazzi potranno addirittura non dico abbracciare ma almeno dare la mano ai loro insegnanti e magari organizzare una “festa scolastica”, come sarebbe stato auspicabile un successivo momento di ufficialità, magari con consegna di diploma, per chi superava gli esami di maturità se fossero stati opportunamente svolti on line (e attenzione perché poi coloro che hanno deciso per la “maturità” in presenza saranno gli stessi che a settembre riproporranno alle “superiori”, almeno in forma parziale, la Dad, della quale, lo ricordo per evitare equivoci, io ho sempre sostenuto la necessità soltanto in situazioni emergenziali).

Ma sulla possibilità di fare questo ultimo giorno di scuola su cui ha puntato tanto, Ascani, con spirito da ex renziana che non molla mai, dà una stoccata anche al Cts che ha bocciato la sua proposta: “in un primo momento il Comitato tecnico scientifico aveva detto no anche ai centri estivi. Poi si è trovato il modo di organizzarli in sicurezza. Dobbiamo fare lo stesso per l’ultimo giorno di scuola”. La politica, con un gesto di coraggio impressionante, si impone al Comitato? Dietro al quale invece si era un po’ nascosta, la politica, soprattutto per il Protocollo sicurezza per gli esami in presenza.

La carriera politica nel Pd e il distacco da Renzi dopo l’uscita di quest’ultimo dal Partito democratico

Ma a proposito di ex renziana, vediamo un po’ il contesto politico in cui si colloca: Anna Ascani è anche vicepresidente del Pd (oltre che viceministra all’Istruzione, come sappiamo, ma pochi sanno ad esempio che nel 2016 è stata indicata dal “magazine” Forbes tra i trenta personaggi under 30 più influenti della politica europea: oh, però!) e nel settembre dell’anno scorso viene nominata viceministro all’Istruzione, mentre è ancora dichiaratamente “renziana” (addirittura qualche mese prima Renzi aveva pure curato la prefazione di un libro della Ascani, insomma sembrava sino allo scorso settembre un sodalizio politico inossidabile). Poi però non si trasferisce in Italia viva, il nuovo partito fondato da Matteo Renzi a fine settembre, rimane nel Pd e forma anche una sua “mini corrente”. E quando decide di non transitare in Iv afferma: “questa decisione, decisamente sofferta, è quella che oggi mi sembra più giusta. In qualche modo mi consola il pensiero, che è più di una semplice speranza, che a un certo punto ci ritroveremo lungo la strada. Perché saranno le nostre idee a farci ritrovare”.

E in un comunicato congiunto “Partigiani della Scuola Pubblica” e il gruppo Fb “Professione Insegnante” scrivevano dopo il suo ingresso al Ministero di Viale Trastevere:“sul nome di Anna Ascani c’è da fare qualche considerazione importante; l’on Ascani rappresenta infatti una delle punte del renzismo, una persona che ha sostenuto in modo deciso la riforma 107 e quindi un elemento di continuità con il passato.

Probabilmente in tal senso non le erano giovate le parole pronunciate appena poco più di un anno prima: il renzismo non è superato. Anzi, le dico di più: in gran parte dev’essere ancora realizzato”.

Anche se recentemente ha fortemente criticato Renzi per la posizione di quest’ultimo sul provvedimento relativo alla prescrizione.

Tra l’altro una settimana prima dell’intervista in cui auspica il rientro a scuola per un giorno (della serie: “un’ora sola ti vorrei…”) per le classi terminali, Anna Ascani diceva, con tono apparentemente più prudente: “forse ha ragione chi dice che dovremmo riuscire a consentire almeno a chi conclude la scuola primaria di potersi salutare in piena sicurezza, evitando comunque assembramenti(sempre la “piena sicurezza, evitando comunque assembramenti”). Quindi si parlava soltanto dei bimbi della scuola primaria, ma poi Ascani ci ha ripensato: e perché no anche “medie” e “superiori”? Insomma, come avviene da mesi nelle esternazioni di chi guida il M.I., quel che si dice un giorno può essere cambiato, se non addirittura contraddetto, il giorno dopo!

Sulla scuola si moltiplicano (spesso non si sa con quali competenze) esternazioni di personaggi vari, ma nessuno pensa anche ai diritti dei docenti

Ma ormai sulla scuola, a parte le esternazioni quasi quotidiane di Azzolina e Ascani (qualcuno ha mai sentito esternazioni talvolta estemporanee e comunque ripetute da parte di altri ministri e vice, per esempio della ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, che pure dirige un Dicastero almeno altrettanto importante?!), tutti si sentono autorizzati ad intervenire, dal sindaco di Firenze Nardella che per appoggiare la proposta di Ascani di riaprire le scuole per un giorno invita presidi e insegnanti a “fare un passo avanti”, anche “per dare un senso anche al loro lavoro (sindaco, lei continui a dare un senso al suo lavoro di amministratore, che al senso del loro lavoro ci sanno pensare benissimo Ds e docenti: io non sono né l’uno né l’altro, per chiarire, sono un giornalista, per caso vuole dire anche a me quale deve essere il “senso” del mio mestiere? E poi lo dice ai postini, ai ferrovieri, agli architetti, ecc.), sino a un gruppetto di parlamentari e scrittori (tra i firmatari non c’è Paolo Giordano che aveva evidenziato la “occasione unica” che rappresenta l’esame di maturità) che con un appello su “la Repubblica” si dicono preoccupati perché “dopo tre mesi di didattica a distanza, efficace per alcuni ma non per tutti, abbandonare studentesse e studenti per altri tre sarebbe da parte della collettività un comportamento irresponsabile, pur ammettendo che “è evidente che riaprire gli istituti scolastici sia tutt’altro che facile, tanto meno nel corso dell’estate per una serie di difficoltà logistiche e di gestione del rischio sanitario che vanno anche al di là delle norme sul distanziamento fisico”.

A parte che immagino la voglia di andare a scuola invece che a mare (se possibile) dei ragazzi dopo mesi chiusi in casa (!), ma c’è qualcuno che si ricordi anche delle ferie degli insegnanti (32 giorni + 4 di festività soppresse, e soprattutto i docenti delle “superiori” ci arrivano a stento come tempistica tra fine luglio e agosto, tra esami di Stato e poi esami preliminari per i candidati esterni svolti in presenza a partire dal 10 luglio)? Già di per sé “ferie cretine” (in contrapposizione a quelle definite “intelligenti”) perché costretti a prenderle per la loro professione in piena estate, ma almeno ancora non abolite, mi pare, se consentono politici, accademici, scrittori, fans di Confindustria (e magari qualche “sfaccendato”) che a vario titolo, ma non si sa con quali competenze, parlano di scuola dimenticando sempre i docenti e soprattutto i diritti e il contratto anche di questi lavoratori.