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Un prof: “Caro studente che mi hai chiamato terrone minacciandomi di morte per un voto, ti chiedo scusa”. La lettera

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Un fatto increscioso che si è trasformato in un’occasione per riflettere. Un giovane docente di origini campane, in servizio nel bresciano, è stato chiamato “terrone” da uno studente al termine di una verifica orale andata male, che lo ha addirittura minacciato di morte.

Lo riporta Il Corriere della Sera. L’episodio è accaduto martedì 12 dicembre. Il docente ha deciso di scrivere un messaggio al ragazzo su Facebook, chiedendogli scusa nonostante sia stato vittima di una vera e propria aggressione: “Mio caro studente, che mi hai chiamato terrone di m***a e mi hai minacciato di morte, ti perdono e ti chiedo scusa. Ti perdono perché educare significa anche dare nuove possibilità. Ti perdono perché voglio pensare – nella mia ingenuità – che non hai dato peso alle parole che hai detto e che forse non le pensi. Ti perdono perché nel tuo volto ho percepito rabbia, vuoto e smarrimento verso un futuro al quale non riesci ancora a dare forma. E allora ti dico: lasciati aiutare, ascolta chi vuole darti consigli e non essere diffidente. Allo stesso tempo ti chiedo anche scusa perché questa società, evidentemente egoista, non è stata capace di trasmetterti i valori essenziali del vivere civile: parlarsi, confrontarsi, mettere insieme idee, trarre insegnamento anche da un pensiero diverso dal proprio. È più facile inveire contro: si fa presto ad alzare la voce e a fare sceneggiate per attirare su di sé l’attenzione. Ti chiedo scusa a nome di chi non ti ha mai detto che i fallimenti – nel caso di un brutto voto – non sono il pretesto per scagliarsi violentemente contro l’altro ma diventano opportunità di crescita e di desiderio di riprovarci. Mio caro studente, fidati di chi ti vuole bene”.

Queste parole le ho sentite nel cuore subito e ho sentito anche il bisogno di dirgliele di persona. Credo che siamo tutti responsabili delle paure e delle angosce degli adolescenti: loro vedono davanti a sé tutto buio e fanno tanta fatica a pensare al futuro. I nostri studenti ci chiedono di essere ascoltati ed incoraggiati. Vogliono uno sprone, un motivo per credere nel futuro”, ha commentato il professore.

La reazione del docente

La lezione di quest’ultimo è davvero magistrale: “È un episodio che sicuramente non mi ha lasciato indifferente. Tutt’altro. Questa reazione così impulsiva e piena di rabbia mi ha fatto riflettere molto e mi sono chiesto come un educatore, un docente, potrebbe prevenire situazioni del genere”.

I genitori del ragazzo sono stati collaborativi: “La famiglia sin da subito mi ha mostrato vicinanza porgendomi le scuse più sentite. Questo gesto rafforza, a mio avviso, la grande collaborazione che deve esserci sempre tra la scuola e le famiglie perché insieme siano ponte per i successi educativi e formativi degli alunni; e lo devono essere anche per gli insuccessi perché pure da quelli la vita ti lascia un insegnamento”.

Le difficoltà dei tanti docenti meridionali al Nord

Ecco perché le scuse: “Gli ho chiesto scusa perché questa società, evidentemente egoista, non è stata capace di trasmettergli i valori essenziali del vivere civile: parlarsi, confrontarsi, mettere insieme idee, trarre insegnamento anche da un pensiero diverso dal proprio. È più facile inveire contro: si fa presto ad alzare la voce e a fare sceneggiate per attirare su di sé l’attenzione. Gli ho chiesto scusa a nome di chi non gli ha mai detto che i fallimenti – nel caso di un brutto voto – non sono il pretesto per scagliarsi violentemente contro l’altro ma diventano opportunità di crescita e di desiderio di riprovarci. Oggi a scuola, domani nel mondo lavorativo, sempre in ogni contesto”.

“Sappiamo che l’espressione terrone tante volte è detta in modo scherzoso ma quando è pronunciata con tono di rabbia e disgusto allora ne percepisci tutta la spregevolezza che contiene. È pesante. Come me ci sono tanti meridionali che lavorano nel mondo della scuola a vario titolo negli istituti settentrionali. In molti ancora precari e in balia di un sistema di reclutamento, assunzioni e assegnazione delle supplenze che fa acqua da tutte le parti. Quando poi dopo molti sacrifici e mostrando sempre amore e passione verso la scuola si aggiunge anche la scostumatezza e la mancanza di rispetto degli alunni, allora percepisci il peso dell’amarezza e della delusione”, ha concluso.

“Al Nord rapporto meno aperto con i genitori”

Sono moltissimi i docenti del Sud costretti a emigrare al Nord per una cattedraLa Repubblica ha intervistato una di loro, un’insegnante messinese di 41 anni che si sta per trasferire a Brescia dopo essere stata chiamata per un posto come insegnante di sostegno alla Primaria.

Ecco cosa c’è alla base della sua decisione: “A Messina un’insegnante resta precaria a vita, la fila è infinita. A Brescia, invece, c’è la possibilità di entrare in ruolo. Con una mini-call veloce, vieni inserita nella graduatoria della provincia e poi ti chiamano. Supplenza annuale, ho provato ed è successo. Ho la specializzazione sul sostegno, un anno di Tirocinio formativo, il Tfa. A Messina fai una vita di sostituzioni e il posto fisso ti arriva l’anno prima di andare in pensione, è un classico. A Brescia farò una stagione da supplente, ma questo 2023-’24 sarà anche il mio anno di prova. La prossima estate, se la prova sarà giudicata positivamente, darò l’esame agevolato e diventerò, vivaddio, insegnante a tempo indeterminato”.

Non sono mancate le difficoltà per trovare un alloggio: “Ho chiamato tutte le agenzie immobiliari dell’area e ho toccato con mano il livello del costo della vita in una provincia del Nord. La scuola è in centro. Io e la mia amica abbiamo cercato l’alloggio in periferia: 450-500 euro una stanza, ci offrivano. Alla fine, tramite una conoscenza, l’ho trovata a 400 euro. Trentacinque minuti dall’istituto, con i mezzi. Devi anticipare una mensilità più il 22 per cento dell’Iva”.

La docente ha anche avuto a che fare con episodi di discriminazione: “Quando hanno sentito il mio spiccato accento siciliano, hanno chiuso la conversazione: ‘Non posso aiutarla più’. Giù il telefono. Per controllare se la mia sensazione fosse corretta, ho richiamato la mattina dopo. Stessa scena. Ho fatto una recensione che gli ho tolto la pelle”.