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Una sorellina per Lucy

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Un nuovo tassello può essere aggiunto alle attuali conoscenze paleontologiche grazie al ritrovamento dello scheletro, pressoché intatto, di un giovane ominide vecchio 3,3 milioni di anni.  È certo che si tratti di un bambino anche se è abbastanza difficile attribuirgli un’età cronologica certa. L’unico riferimento plausibile è quello dello sviluppo dei denti permanenti che sono stati confrontati con quelli di giovani scimpanzé e di esseri umani. Si tratta pertanto di una stima alquanto approssimativa.
A dire di William Kimbel, direttore scientifico dellInstitute of Human Origins dell’ASU (Arizona State University), coordinatore di un consorzio internazionale di università ed enti di ricerca, poter vedere uno scheletro completo come quello ritrovato a Dikika (Etiopia), è un evento molto raro, soprattutto perché si tratta di uno scheletro appartenuto a un individuo molto giovane. Le ossa dei bambini, infatti, essendo caratterizzate da una certa fragilità, raramente si sono conservate fino ai giorni nostri. Un rinvenimento (1924) di un Australopitecina altrettanto giovane, il bambino di Taung (Australopithecus Africanus scoperto dagli operai di una cava in Sud Africa). dell’ (), coordinatore di un consorzio internazionale di università ed enti di ricerca, poter vedere uno scheletro completo come quello ritrovato a (Etiopia), è un evento molto raro, soprattutto perché si tratta di uno scheletro appartenuto a un individuo molto giovane.
Lo scheletro di Dikika appartiene alla specie Australopithecus Afarensis e la descrizione relativa alla sua scoperta e analisi preliminare è riportata in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Nature. Il passo successivo sarà confrontare i resti di questo bambino con quelli della più popolare Lucy, uno dei primi scheletri di Australopithecus afarensis a essere scoperti (3,18 milioni di anni). La piccola Lucy fu ritrovata nel 1974 nella regione di Hadar, in Etiopia, da Donald Johanson, ora direttore dell’Institute of Human Origins.
Lo scheletro è stato scoperto dall’autore principale dell’articolo, Zeresenay Alemseged, ricercatore del Max-Planck-Institut per l’antropologia evoluzionistica di Leipzig, in Germania, e direttore del Dikika Research Project. Lo scheletro recuperato comprende il cranio, la mandibola completa di denti, parte del cinto scapolare, la colonna vertebrale, le costole, il radio e l’ulna, le ossa della mano, delle gambe e del piede sinistro.
Dalle analisi emerge che la parte inferiore del corpo era già adatta alla locomozione bipede, come quella dell’Australopithecus adulto, mentre la parte superiore rivela alcune caratteristiche scimmiesche. A breve si aprirà il dibattito scientifico per capire in che percentuale la deambulazione fosse eretta. Alcuni esperti, infatti, sostengono che le caratteristiche scimmiesche dell’arto superiore non fossero funzionali, ma fossero solo un retaggio di un antenato che passava quasi tutte le sue giornate sugli alberi.
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