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1969-1979. La scuola cambia e cambia La Tecnica. Più attenzione alla legislazione scolastica

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Sin dall’avvio della sua direzione, Venero Girgenti punta sulla qualità dei suoi collaboratori che interpella e rende partecipi delle sue decisioni. Mantiene per diversi anni la stessa impostazione redazionale mentre cerca di capire quali tipi di servizi può dare ai lettori. La testata fino al 1969 continua ad essere una “rassegna di cultura, di didattica e di politica scolastica”. Gli abbonati nel frattempo sono aumentati (nel 1970 superano i diecimila) ma il vero successo arriva quando, anche grazie all’impulso dato dall’utilizzo di nuove tecniche di stampa (che consentono nel giro di poche ore di “sfornare” centinaia di migliaia di copie: nel 1969 il nuovo formato è di cm. 30×43, che rimarrà invariato nei 40 anni successivi), la rivista si trasforma in un quindicinale di informazione legislativa scolastica, un prodotto nuovo e unico nel panorama della stampa in Italia. Il giornale si occupa di tutto quello che riguarda il personale dirigente, docente e Ata pubblicando le disposizioni ministeriali con ampie guide, commenti ed articoli.

All’interno del giornale vengono pubblicate schede e stampati utili, soprattutto, per le domande di supplenza e per i trasferimenti.

Ora la “Tecnica” arriva nelle edicole d’Italia e il numero degli abbonati aumenta ancora visto il positivo riscontro su tutto il territorio nazionale. In breve tempo il quindicinale diventa il punto di riferimento degli insegnanti italiani e dei laureati che vogliono inserirsi nel mondo della scuola, diventando una autorevole e competente “guida” del docente, dalla scuola materna alle scuole secondarie di II grado.

La sede catanese della rivista, in Corso delle Province 34/a, diventa anche un punto di incontro e di discussione sui problemi del mondo scolastico. Peraltro, l’affermazione a livello nazionale porta alla necessità di ingrandire la redazione e, insieme ad altri, ne entrano a far parte le figlie Gabriella e Daniela Girgenti.

Nel frattempo, un “vento nuovo” soffia nella società italiana e nella scuola. La seconda metà degli anni Sessanta è caratterizzata da movimenti di protesta giovanile e studentesca che si diffondono velocemente esprimendo il disagio di una generazione che non accetta più regole e convenzioni del cosiddetto “sistema capitalistico borghese” e proponendo una cultura alternativa e una società più equa. Il fermento culturale che accompagna questo fenomeno sociale confluisce nella contestazione giovanile e studentesca e segna il definitivo passaggio dalla scuola selettiva riservata, in pratica, ai ceti abbienti, alla scuola aperta a tutti. Tale clima sociale contribuisce alla nascita e alla sperimentazione di modelli pedagogici e didattici nuovi, volti al rispetto dei bisogni individuali, soprattutto di quelli degli studenti più disagiati.

Alla fine degli anni Sessanta, con la legge n. 754 del 27 ottobre 1969 e la legge n. 910 dell’11 dicembre 1969, vengono liberalizzati gli accessi all’Università e ai fini delle immatricolazioni quinquennalizzati tutti i corsi di studio della secondaria di secondo grado. Pochi mesi prima, con la legge n. 119 del 5 aprile 1969 erano stati riformati gli esami di maturità, attraverso una sperimentazione che avrebbe avuto una durata pluridecennale.
Una risposta alle richieste della società è costituita dalla legge n. 820 del 24 settembre 1971, che si prefigge lo scopo di garantire una piena e completa educazione dei giovani attraverso l’istituzione della scuola a tempo pieno, la riduzione in numero massimo di 25 studenti per ciascuna classe, la sperimentazione di attività integrative accanto alle discipline curricolari. E’ nel 1974, comunque, che avviene una svolta decisiva per la scuola italiana, con la legge delega n. 477 del 30 luglio 1973, che dà incarico al Governo di emanare norme sul riordinamento dell’organizzazione scolastica e sullo stato giuridico del personale. I decreti delegati del 1974 contengono norme giuridiche riguardanti la gestione e l’organizzazione della scuola, come il riordino degli Organi collegiali con la partecipazione di componenti scolastiche ed extrascolastiche, le sperimentazioni a livello metodologico-didattico e di ordinamento e struttura, lo stato giuridico del personale docente e non docente, la libertà d’insegnamento e l’aggiornamento dei docenti, la nascita di nuovi organismi di gestione del sistema scolastico, a livello nazionale, con il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (Cnpi), a livello regionale, con gli Istituti regionali di ricerca sperimentazione e aggiornamento educativi (Irrsae) e a livello territoriale, con i Distretti scolastici.