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Per Bianchi le classi pollaio non sono un problema, ma per i docenti la numerosità degli alunni in aula è un vero incubo

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Quello delle classi numerose per la stragrande maggioranza dei docenti italiani è un incubo: in oltre 13mila casi abbiamo addirittura oltre 26 alunni collocati nella stessa aula, spesso nemmeno troppo capiente, e questo comporta problemi alla didattica, alla personalizzazione dei programmi, alla gestione del gruppo, e via dicendo. Per il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, però, tutto ciò è un falso problema, a fronte di circa 250mila classi complessive. Il titolare del Mi lo sostiene da tempo. E lo ha ribadito il 25 maggio, in audizione davanti alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Istruzione sulle misure di attuazione del Pnrr.

Dopo aver ricordato che, a seguito della denatalità, “da qui ai prossimi 10 anni si stima una contrazione del numero degli studenti di 1.4 milioni” e che “una riduzione di questa natura cambia la struttura sociale del Paese”, il titolare del dicastero di Viale Trastevere ha dichiarato che di fatto le classi pollaio su cui c’è tanto allarmismo sono delle eccezioni, perché “oggi le classi in Italia in media hanno meno di 20 alunni”, quindi “la vera emergenza, da qui a due anni, non saranno più le classi pollaio ma il fatto che non riusciremo a fare le prime”.

Proprio alla luce del netto calo delle nascite, Bianchi ha detto che quello che dobbiamo aspettarci “è una rapida caduta demografica che già stiamo vedendo alla primaria” e che questo “ci pone un problema che oggi non vediamo alle superiori”.

Il “profondo declino demografico – ha continuato il ministro – previsto dal 2021-22 e per i prossimi 10 anni” porterà ad “una contrazione del numero degli studenti” davvero sensibile e che andrà a cambiare “la struttura sociale della scuola che deve essere più partecipata e più affettuosa, come dico sempre io”.

“Già oggi molte parti periferiche d’Italia rischiano di non aver bambini sufficienti per fare le prime; in montagna andiamo verso i comprensivi di valle. Abbiamo con il Mef assunto un impegno: fino al 2026 non tocchiamo il numero degli insegnanti. Dopo il 2026 – ha concluso Bianchi – le risorse andranno sempre alla scuola, sono previsti 3,5 miliardi”.

Resta tuttavia da capire per quale motivo, stando così le cose, i “tetti” numerici sulla formazione delle classi restino immutati.

Parliamo dei parametri minimi che vengono considerati dei vincoli indispensabili: 18 alunni all’infanzia, 15 alla primaria, 18 alle medie e 27 alle superiori. Solo in presenza di alunni disabili si possono ridurre.

Ci sarebbero anche le soglie oltre le quali non si potrebbe andare: 29 allievi all’infanzia, 27 alla primaria, 28 alle medie e 30 alle superiori. Numeri, quest’ultimi, sui quali spesso (soprattutto alle superiori) gli Uffici scolastici chiudono un occhio. Con addirittura dei casi, fortunatamente sporadici, di classi composte da 34 alunni.