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A scuola contano pure le competenze non cognitive: impegno e affidabilità valgono come le cognitive skills. Arriva il ddl condiviso

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Ha preso il via alla Camera dei deputati la discussione della proposta di legge sull’introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e di formazione professionale: ad annunciarlo è stato Maurizio Lupi (Noi con l’Italia), presidente dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà.

Cosa sono le competenze non cognitive?

Ma cosa sono le competenze non cognitive? Una delle definizioni più comuni è la seguente: “Abilità non direttamente legate al processamento delle informazioni. Fanno invece riferimento a delle caratteristiche individuali legate agli ambiti emotivi, psicosociali e a caratteristiche di personalità”.

Alcuni esempi di competenze non cognitive sono la motivazione, la coscienziosità, la positività, l’essere estroversi, la proattività e la stabilità emotiva.

Di contro le competenze cognitive, le cosiddette “cognitive skills”, rientrano in tutte le abilità legate strettamente al processamento delle informazioni: tra queste rientrano, ad esempio, le abilità di calcolo, quelle verbali e logiche, come pure la capacità di memorizzazione.

“Ampio accordo”

Lupi ha detto che l’approdo alla Camera del testo è “un passo molto importante, al quale l’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà ha lavorato per due anni”, e che “su questa legge c’è un ampio accordo trasversale”, facendo quindi intendere che vi sono i presupposti perché prosegua il suo iter parlamentare verso l’approvazione.

Dopo la discussione del testo unitario presentato nell’Aula della Camera, lo stesso documento potrebbe essere votato a breve per la sua approvazione finale in legge.

La dice il premio Nobel dell’economia James Heckman

Lupi ha ricordato che “un premio Nobel dell’economia, il professor James Heckman di Chicago”, che “ha dimostrato l’importanza e la decisività delle competenze non cognitive – come l’affidabilità, la capacità di lavorare in gruppo, la perseveranza, l’impegno, la disponibilità ad imparare – nel processo di apprendimento e nel lavoro”.

“Ogni educatore – ha continuato Lupi – sa che non si prepara un ragazzo alla piena maturità di sé solo con ciò che sa e ciò che sa fare, una persona adulta, un cittadino cosciente delle sue responsabilità è tale se anche questi ‘valori’ vengono educati”.

Valorizzando le doti non prettamente legate allo studio, si potrebbero coinvolgere maggiormente anche gli alunni più difficili.

Le sperimentazioni confermano: l’abbandono si riduce

“Le sperimentazioni già in atto in molte scuole italiane dimostrano che si combatte anche così il grave fenomeno dell’abbandono scolastico (99.000 studenti ogni anno) e quello dei Neet (giovani che non studiano né lavorano) che vede purtroppo l’Italia ai primi posti nei Paesi più avanzati”, ha detto Lupi a questo proposito.

“Io devo ringraziare gli onorevoli Aprea, Toccafondi, Casa, Colmellere, Frassinetti, Carelli per i loro preziosi contributi, e l’onorevole Paolo Lattanzio, relatore della legge, per il suo lavoro di tessitura e armonizzazione delle sensibilità delle varie forze politiche” su questo tema, ha concluso Lupi.

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