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Alunna bocciata ammessa dal Tar, Valditara: “Leggerò la sentenza. Creato gruppo di lavoro per norme più stringenti”

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La vicenda relativa alla studentessa di prima media di una scuola di Tivoli dapprima bocciata a causa di sei insufficienze e poi ammessa al secondo anno dal Tar, dopo il ricorso avanzato dai suoi genitori, sta facendo discutere, tanto da generare una risposta da parte delle istituzioni.

Valditara: “L’alleanza educativa non deve contrapporre famiglie e scuola”

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, in un comunicato, ha rotto il silenzio: “Leggerò attentamente la sentenza del Tar del Lazio per appurare se ci sono stati difetti procedurali nel percorso che ha portato a una bocciatura votata all’unanimità per insufficienze, alcune gravi, su 6 materie, oppure se il pronunciamento che ha annullato quanto deciso dai docenti è frutto di un indebito giudizio nel merito del provvedimento”, ha dichiarato, dicendo di voler fare chiarezza sulla questione.

In ogni caso Valditara sembra voler dare un segnale forte contro le continue “intrusioni” dei Tar nelle decisioni prese dai docenti: “Al di là del caso specifico, ho costituito un gruppo di lavoro composto da esperti nel diritto scolastico e nella giurisprudenza amministrativa per definire norme più stringenti affinché, nel rispetto dei diritti di ogni cittadino e fatte salve le verifiche sulla regolarità delle procedure, non vengano messe in discussione valutazioni puramente tecniche che presuppongono specifiche competenze interne all’ordinamento scolastico”, ha aggiunto il ministro. “Occorre però anche allargare il discorso verso una responsabilizzazione dei genitori all’interno dell’alleanza educativa che non deve contrapporre famiglie e scuola nell’interesse innanzitutto dei giovani”. 

Frassinetti: “Ripetere un anno potrebbe essere un’opportunità preziosa”

Anche la sottosegretaria all’Istruzione e al Merito Paola Frassinetti ha detto la sua: “Benché non metta in discussione la sentenza del TAR del Lazio, questo caso e la recente tendenza di contestare le decisioni delle istituzioni scolastiche attraverso mezzi legali solleva alcune riflessioni. La valutazione del rendimento degli studenti è un compito delicato, affidato ai docenti che li seguono durante il percorso, basandosi sulla propria esperienza e sulla conoscenza approfondita dei progressi degli alunni all’interno del contesto scolastico-didattico. In alcuni casi, il ripetere un anno potrebbe costituire un’opportunità preziosa per la crescita formativa e personale dell’alunno. È importante che genitori, insegnanti e studenti stessi collaborino per prendere decisioni che favoriscano al meglio il loro sviluppo”, ha detto.

Il caso dell’alunna ammessa alla maturità dal Tar e poi bocciata dopo l’esame

Di un caso simile si era parlato qualche settimana fa: in quell’occasione una studentessa del liceo Da Vinci di Trento è stata ammessa alla maturità dal Tar nonostante cinque insufficienze e poi bocciata dopo aver svolto le prove dalla propria commissione d’esame. Il caso ha tenuto banco anche perché un docente della scuola ha scritto a Valditara una lettera di denuncia, inviata anche alla Tecnica della Scuola, per lo stato in cui versa la figura dell’insegnante, firmata da altri 100 colleghi, per protestare contro le inferenze dei tribunali amministrativi e dei ricorsi dei genitori sulla didattica.

Anche in quel caso aveva parlato il ministro Valditara. Ecco le sue parole: “Finalmente una parte della società, con un suo forte ‘non ci sto’, pone al centro della attenzione quelli che ritengo siano i temi della responsabilità e della autorità. Al di là del caso specifico, la lettera mette in rilievo come sia sempre più diffusa la prassi di contestare le decisioni della autorità scolastica, siano a farlo genitori o studenti. Si arriva poi ai casi, per fortuna estremi, di genitori che, contestando le decisioni del docente, aggrediscono fisicamente o verbalmente l’insegnante medesimo”.

“Accanto a questo mancato riconoscimento della autorità, vi è la fuga dalla responsabilità. È un fenomeno assai diffuso, che coinvolge non solo la scuola, ma l’intera società italiana. Vi è l’affermazione di una cultura dei diritti a cui non corrisponde una cultura dei doveri: i diritti sono sempre i propri, i doveri quelli altrui. La scuola da sola non può essere decisiva, se la cultura collettiva va in direzione opposta e se questa direzione non trova una opposizione forte anche nella giurisprudenza. Ma certamente la scuola può e deve dare un contributo importante per iniziare una svolta valoriale nella nostra società. Come può farlo? Innanzitutto con la cultura dell’esempio. La scuola, e insieme con essa i media, devono tornare a narrare esempi virtuosi, che si impongano come riferimento per i giovani”.

“Solo gli insegnanti possono dunque avere la responsabilità di valutare l’allievo per i risultati raggiunti nel processo di apprendimento e crescita. È incongruo che chi non è dotato della formazione adeguata nell’approccio pedagogico possa porre nel nulla le valutazioni di chi questa formazione la possiede ed è chiamato dalla collettività proprio a farne uso. Certamente vi possono essere situazioni limite che prescindono da una corretta procedura valutativa, e a loro volta dunque inammissibili, per cui non si può negare il diritto costituzionale ad una tutela. Ciò non deve però debordare in una sorta di giudizio sul giudizio che, in quanto tale, deve essere considerato insindacabile, anche per non privarlo della sua autorevolezza. È infatti un giudizio che si basa su quella che i giuristi definiscono ‘discrezionalità tecnica’ che, come tale, in tutti i settori del diritto, è associata ad una insindacabilità nel merito da parte del giudice e che dovrebbe essere normativamente rafforzata, proprio nell’ordinamento scolastico. Ad esempio, limitando il giudizio ai casi di dolo o di dimostrata incompatibilità o di mancato rispetto di regole procedimentali da parte dei valutatori”, aveva detto.