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Alunni con disabilità nell’aula del sostegno: una pratica di esclusione che, secondo Chiocca (CIIS), sarebbe in aumento

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Troppo spesso le scuole italiane sono poco inclusive, anzi addirittura mettono in atto pratiche che nulla hanno a che vedere con i principi-base richiamati dalle stesse linee guida ministeriali.

La denuncia arriva da Evelina Chiocca, presidente nazionale del CIIS (Coordinamento italiano insegnanti di sostegno) che in un suo post su Facebook scrive: “Pervengono, costanti e puntuali, segnalazioni su attività promosse nelle nostre scuole che vedono gli alunni con disabilità impegnati in spazi ‘riservati’ (decisamente ‘ex-clusivi’), con la presenza dei soli docenti incaricati su posto di sostegno”.

Ciò che è peggio, secondo Evelina Chiocca, è che tutto questo sta avvenendo nel silenzio generale: “Tacciono i docenti, che eseguono o che osservano quanto avviene, contravvenendo persino alle indicazioni contrattuali.  Tacciono i dirigenti, che consentono che nelle loro scuole si riproducano ‘classi differenziali di fatto’ o, addirittura, ‘classi speciali’.
Tacciono i genitori, che sanno che i figli sono a scuola ‘e tanto basta’. Tacciono altri genitori, quelli impegnati, che esigono il rispetto dei diritti per il figlio; tacciono perché sono rimasti senza un filo di voce e perché non ce la fanno più a lottare”.

“Eppure – sottolinea Chiocca – ci sono le norme: chiare, puntuali, precise. Ma molti non le conoscono. O, se le conoscono, le ignorano. Oppure contravvengono. Le classi differenziali di fatto persistono. Anche la pedagogia si è distratta”.
Senza dimenticare che le norme più recenti (parliamo del contestatissimo DM 182 del 2020 che, pur messo in discussione dal TAR Lazio, resta per il momento norma di legge) prevedono anche per gli alunni con disabilità la possibilità dell’esonero, “misura che esclude, che ghettizza, che separa, che discrimina”.


Persino la pedagogia tace – denuncia Evelina Chiocca, da anni formatrice in diversi corsi di specializzazione – perché troppo impegnata a ricercare deficit, a descrivere problemi, a rilevare le difficoltà dell’alunno. Una pedagogia che, ultimamente, sembra faccia fatica a riconoscere nella persona la persona stessa, le sue peculiarità, la sua unicità, la sua irriducibilità”.
“Ma poi – conclude – ci siamo noi, noi che vogliamo crederci, nonostante tutto e nonostante tutti e non siamo pochi, anzi siamo tantissimi. Per invertire la rotta dobbiamo far sentire la nostra voce e cancellare queste attività che escludono”.