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Asili nido accreditati, in Italia 5 bambini su 100 li frequentano; in Spagna 40. I dati Paese per Paese

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A livello mondiale, in media, sempre più bambini di età inferiore ai 3 anni vengono iscritti alla scuola della prima infanzia. La quota è passata dal 22% del 2015 al 25% del 2019. Ce lo dice l’ultimo rapporto Ocse pubblicato il 6 settembre scorsoEducation at a glance 2021.

Ad esempio, in Finlandia siamo passati dal 28% del 2015 al 35% del 2019 di bambini di età inferiore ai 3 anni iscritto al nido. La Corea ha registrato la maggiore espansione tra il 2015 e il 2019, con un salto di 13 punti percentuali. In alcuni Paesi, invece, l’iscrizione dei bambini di età inferiore ai 3 anni è diminuita tra il 2015 e il 2019. È il caso della Colombia e della Danimarca.

Aumentano i bambini che frequentano ma aumentano ancora di più gli insegnanti, evidentemente. Nel 2019, infatti, – spiega sempre il rapporto – ci sono stati meno bambini in età prescolare per personale docente nella maggior parte dei Paesi OCSE rispetto al 2015. Ciò è dovuto principalmente a un aumento più elevato del numero di insegnanti rispetto al numero di bambini iscritti in questo periodo.

Scarsi investimenti pubblici

Tuttavia, nonostante l’elevata quota di finanziamenti privati, i trasferimenti da pubblico a privato rimangono molto bassi. Nel 2018 rappresentavano in media meno dell’1% della spesa totale per gli istituti preprimari nei Paesi Ocse. Una quota che in Italia il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi vuole accrescere in modo sostanziale, prevedendo di investire, sin dalla prima tranche dei fondi che arriveranno dal Pnrr 3 miliardi di euro su nuovi asili nido, denaro aggiuntivo rispetto ai 700 milioni per progetti in essere e ai 900 milioni in conto corrente per sostenere gli enti nella gestione.

Differenze tra Paesi Ocse

Le differenze tra i vari Paesi Ocse in fatto di visione e prospettiva circa l’accessibilità agli asili nido sono notevoli. Sebbene vi sia un crescente consenso circa l’importanza dell’istruzione e della cura negli anni della prima infanzia, tuttavia, il tipo di servizi disponibili per bambini e genitori nei Paesi Ocse differisce notevolmente. Ci sono variazioni nelle fasce d’età mirate, nella governance dei centri, nel finanziamento dei servizi, nel tipo di erogazione (giornata intera o parziale) e nel luogo di erogazione.

Nel 2019, circa un bambino su quattro di età inferiore a 3 anni è stato iscritto in una struttura formalmente accreditata in media nei Paesi Ocse, sebbene il quadro vari moltissimo, dal 2% o meno in Costa Rica, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Arabia Saudita, Svizzera e Turchia, al 5,2% dell’Italia, al 19,6% dell’Austria, al 38,5% della Germania, al 39,6% della Spagna, fino a oltre il 50% in Danimarca, Israele, Corea e Norvegia.

Di quali servizi parliamo?

In generale, i servizi formali possono essere classificati in due categorie:

  1. I servizi conformi alla classificazione ISCED 2011, che devono: 1) possedere adeguate proprietà educative intenzionali; 2) essere istituzionalizzati; 3) avere un’intensità di almeno 2 ore giornaliere di attività educative e una durata di almeno 100 giorni l’anno; 4) disporre di un quadro normativo riconosciuto dalle competenti autorità nazionali; e 5) disporre di personale formato e accreditato.
  2. Altri servizi registrati che sono parte integrante dell’offerta formativa ma che non soddisfano uno o più criteri per essere considerati un programma educativo ai sensi della classificazione ISCED 2011. Sebbene tali programmi esistano in molti Paesi, in particolare per i bambini di età inferiore ai 3 anni, non tutti sono in grado di segnalare il numero di bambini iscritti.

Infine vi sono i servizi di assistenza informale (generalmente assistenza non regolamentata organizzata dai genitori del bambino a casa del bambino o altrove, forniti da parenti, amici, vicini, baby sitter o tate) non sono coperti da questo indicatore.

In molti Paesi, un’ampia percentuale di bambini di età inferiore ai 3 anni frequenta “altri servizi” che non soddisfano i criteri della classificazione ISCED. Ad esempio, in Giappone, il 32% dei bambini di età inferiore ai 3 anni è iscritto in tali strutture, rispetto al 2% delle istituzioni scolastiche formali. Nei Paesi Bassi non esistono nemmeno strutture formali conformi ai criteri ISCED per i bambini di età inferiore a 3 anni.

Perché le differenze?

In molti paesi europei, l’espansione dei nidi è stata il risultato degli obiettivi fissati dall’Unione Europea (UE) al suo incontro di Barcellona 2002, per fornire posti sovvenzionati per l’intera giornata a un terzo dei bambini di età inferiore ai 3 anni entro il 2010.

A livello globale, l’aumento dell’offerta negli ultimi decenni è fortemente correlato all’aumento della partecipazione delle donne alla forza lavoro, in particolare per le madri con bambini di età inferiore ai 3 anni. I Paesi con tassi di iscrizione più elevati di bambini di età inferiore a 3 anni nel 2019 tendono ad essere quelli in cui i tassi di occupazione delle madri sono i più alti.

La probabilità di partecipazione, tuttavia, è ancora molto legata al reddito familiare, in particolare nei servizi di sviluppo della prima infanzia che dipendono fortemente da fonti di finanziamento private. In questa direzione vanno i notevoli investimenti previsti dal nostro Governo sui nidi, come abbiamo già accennato.

I dati delle statistiche dell’Unione europea sul reddito e le condizioni di vita rivelano che in media nei paesi europei dell’OCSE, i bambini di età compresa tra 0 e 2 anni nelle famiglie a basso reddito avevano un terzo in meno di probabilità di usufruire di asili nido rispetto ai bambini di età compresa tra 0 e 2 anni nelle famiglie ad alto reddito nel 2017. In alcuni Paesi, come Francia e Irlanda, la differenza nei tassi di partecipazione tra i bambini provenienti da famiglie ad alto e basso reddito supera i 40 punti percentuali. Al contrario, in Danimarca, c’è un alto tasso di partecipazione dei bambini piccoli, indipendentemente dal livello di reddito dei genitori.