Home Attualità Beatrice Valli, l’influencer ironizza: “Ai bambini non interessano i Sumeri, ore e...

Beatrice Valli, l’influencer ironizza: “Ai bambini non interessano i Sumeri, ore e ore a studiare con mio figlio”

CONDIVIDI

Il dibattito sui contenuti relativi alla storia che gli studenti, soprattutto nei primi anni di scuola, debbano studiare, è quanto mai aperto. Sono molti coloro che credono che bisogna insistere sulla storia contemporanea, più che su quella antica.

A dire la sua, condividendo nelle sue storie Instagram un post ironico di una logopedista, è stata l’influencer e personaggio televisivo Beatrice Valli, che conta sul social in questione 3 milioni di followers. Il post riporta la scritta: “Ai bambini dei Sumeri non gliene frega niente”.

La 29enne, madre di quattro figli, ha detto di sottoscrivere dicendo: “Ecco appunto, ore e ore a studiare con mio figlio”.

La scuola deve solo fornire competenze “utili”?

L‘imprenditore Nicolò Santin, molto seguito sulla piattaforma LinkedIn, qualche mese fa ha espresso la sua opinione, indicando alcune materie che renderebbe obbligatorie a scuola. “Queste sono le 5 materie che renderei obbligatorie in tutte le scuole in Italia, e mi chiedo come cavolo sia possibile che non ci siano già:

  • Educazione finanziaria (cosa sono i soldi e come vanno gestiti/investiti);
  • Educazione sessuale (i temi della sessualità affrontati con competenza e senza pregiudizi)
  • Alfabetizzazione informatica (Python, HTML, Javascript – perchè ora scriviamo più con il pc che con la penna)
  • Educazione emotiva e sociale (Imparare a gestire le emozioni, a comunicare con gli altri e sviluppare l’empatia per costruire relazioni positive e avere successo nella vita personale e professionale)
  • Pensiero critico e problem solving (pensiero critico, capacità di analizzare le informazioni in modo critico e la risoluzione dei problemi per affrontare le sfide complesse del mondo moderno)”, ha scritto.

“Basta con Sumeri ed Etruschi”, ha aggiuntocriticando gli attuali contenuti trattati a scuola. “Studiare il passato è indispensabile, che sia chiaro. Ma è altrettanto indispensabile studiare come affrontare il futuro, soprattutto in questo momento, perché le nuove generazioni si troveranno di fronte delle sfide nuove e mai viste prima. Una materia all’anno, una all’anno per i cinque anni. E si, penso che con materie come queste anche Bart Simpson sarebbe felice di andare a scuola!”, ha proposto.

Per quanto sicuramente un po’ di innovazione non guasterebbe a scuola, concretizzare questa idea non è proprio semplice. Inoltre in molti potrebbero criticarla in quanto alcune di queste nozioni o competenze dovrebbero fornirle anche e soprattutto i genitori. C’è poi anche chi potrebbe obiettare che anche studiare le civiltà antiche è necessario, e che la scuola non deve solo fornire competenze “utili”, da spendere nel mondo del lavoro.

Questo discorso si interseca certamente con il dibattito di questi giorni a proposito dello studio dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni a scuolache un utente su Twitter ha definito come qualcosa di “ossessivo”, parlando dell’autore come “sopravvalutato”.

Beatrice Valli e le difficoltà a scuola del figlio

La Valli non è nuova ad affermazioni relative al sistema scolastico italiano. Qualche settimana fa ha pubblicato una serie di storie in cui ha parlato delle difficoltà del proprio figlio, 11 anni, a scuolacriticando il sistema scolastico italiano.

Tutto è nato quando il bambino ha detto alla madre di avere difficoltà a studiare credendo di essere dislessico, parola che ha sentito a scuola e ha iniziato a ripetere senza conoscerne il significato. “Non pensavo dicesse sul serio, per questo ho detto a mio figlio di continuare a studiare”, ha detto.

Il bambino avrebbe detto: “Vedi mamma, sono dislessico, me lo dicono sempre i professori”. Da qui lo sfogo dell’influencer: “Noi genitori, ma anche i docenti, dovremmo dare l’esempio. Ho detto a mio figlio che innanzitutto dovrebbe sapere cosa voglia dire la parola. Se fosse dislessico, gli ho spiegato, non ci sarebbe alcun problema. Lui mi ha detto che i docenti, i compagni e altre mamme gli hanno detto che ha dei problemi. Questi ragazzi sono in preadolescenza, ogni parola viene presa come un attacco, sono sempre in tensione, in ansia, pensano di essere il problema”.

“Questi ragazzi, soprattutto in un ambiente scolastico, dovrebbero sentirsi protetti, non giudicati, non problematici, sostenuti, amati, incoraggiati, senza giudizi. Invece sempre più mio figlio mi ha fatto notare che la scuola italiana è tutt’altro. Invece che aiutare questi ragazzi a capire che dietro un voto non c’è un giudizio, che dietro una dislessia non c’è un grave problema, che dietro a un bambino che non vuole studiare non c’è una problematica. Occorre sostenere questi ragazzi. La nostra generazione è stata esposta a giudizi. Ma come stiamo aiutando questi ragazzi a crescere, a migliorarsi, se noi in primis soprattutto nelle scuole, usiamo questo metodo e facciamo sentire loro come se avessero dei problemi”.

“Quindi, mio figlio non riusciva a studiare perché si sentiva dislessico, come gli fanno credere. Questa è la scuola in Italia, questi sono a volte i genitori di alcuni bambini che mettono loro queste idee in testa, possono essere i docenti. Molti ci fanno, e mi hanno fatto, odiare la didattica. Abbiamo avuto anche una brava maestra, che ha un approccio migliore rispetto a quello classico. La scuola non deve annoiare, deve arricchire, deve invogliare, e invece non è così”, queste le sue parole.