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Bullismo: quasi un caso su due si verifica a scuola

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Quasi la metà dei casi gli atti di bullismo vengono compiuti in ambito scolastico. E’ quanto sostengono i curatori di uno studio condotto da Eurispes e Telefono Azzurro, che hanno anche identificato in Roma la capitale degli atti di violenza contro i minori. I dati sono stati presentati il 25 giugno al “Sanit”, il Forum internazionale della salute in svolgimento in questi giorni proprio nel capoluogo laziale.
Scorrendo i dati dello studio desta una certa impressione sapere che nel 43,6% dei casi gli atti di bullismo vengono compiuti a scuola: va ancora peggio al Centro e nelle isole, rispettivamente con il 55,4% e il 46,6% dei casi di questo genere accaduti dentro un istituto d’istruzione. E sono ancora troppo pochi i ragazzi vessati dai bulli che cercano appoggio nella famiglia: quasi mai lo fanno gli adolescenti, i bambini tra i 7 e gli 11 anni chiedono aiuto ma solo nel 36% dei casi e, in altre situazioni, nel 22% dei casi preferiscono chiedere aiuto al prepotente di turno.
Poi c’è il 26,4% dei casi in cui l’atto di bullismo è compiuto in strada, specie al Sud e nelle isole, dove le strade diventano scenario di violenza nel 27,8% dei casi. Nel 9,1% dei casi gli atti di violenza fisica o psicologica avvengono nei locali e nei luoghi di ritrovo e, nel 4,1% avvengono in palestra. Determinante può essere anche il colore della pelle, visto che nel 42% dei casi è causa di episodi di bullismo. Mentre nel 35% il motivo della discordia è nei “motivi futili”, come ad esempio l’abbigliamento. Il 32% per motivi di disabilità.
A livello geografico è comunque Roma a vincere la palma della città dove avvengono episodi di questo genere: la percentuale risulta molto superiore alla media nazionale (del 19,6%): dal 28,2% di denunce effettuate ogni 10.000 minori della capitale si arriva al 24,2% nel Lazio, seguito dal Viterbo con il 20,6%.
Secondo Vincenzo Mastronardi, docente di Psichiatra e Direttore della cattedra di Psicopatologia forense e dell’Osservatorio dei comportamenti e della devianza della Sapienza di Roma “ormai si può addirittura parlare di ‘cyberbullismo’, cioè di vessazioni praticate attraverso le nuove tecnologie: gli sms, le mail o le chat su internet. L’obiettivo del bullo sembrerebbe ormai senza dubbio quello di danneggiare la vittima, emarginarla e deriderla. Gli intervistati – continua il docente universitario – definiscono il bullo uno che vuole sentirsi più forte, nel 43,2% dei casi, perché vogliono sentirsi più grandi nel 28,6% e solo il 2,2% credono che lo facciano per scherzare. Ciò che cambia invece è l’età, si sta cioè abbassando la soglia minima dei primi gesti. Dai consueti 10 anni si stanno verificando episodi già all’asilo”.