Home I lettori ci scrivono Canta “Faccetta Nera” e non pochi chiedono le dimissioni dell’Assessore del Veneto

Canta “Faccetta Nera” e non pochi chiedono le dimissioni dell’Assessore del Veneto

CONDIVIDI

Nella cronaca politica attuale i quotidiani nazionali, non solo locali veneti, chiedono le dimissioni di una Assessore regionale veneto. Il media “la Repubblica” scrive: ”La richiesta di dimissioni e l’intervento della magistratura per l’ipotesi di reato di apologia del fascismo sono state avanzate da alcune forze di centrosinistra nei confronti di Elena Donazzan, assessora all’Istruzione della Regione Veneto ed esponente di FdI, per aver intonato “Faccetta nera” l’altro ieri durante il programma radiofonico “La Zanzara” su Radio24.

Una breve esibizione telefonica, su provocazione dei conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo; di fronte alla richiesta di scegliere tra il motivo fascista e Bella ciao, Donazzan ha detto di ricordare Faccetta nera, composta nel 1935 in piena propaganda coloniale fascista e ascoltata in famiglia fin da piccola. L’episodio è stato segnalato dal coordinamento di “Il Veneto che vogliamo”, lista civica che ha appoggiato il candidato presidente Arturo Lorenzoni alle ultime regionali. “Questo clima di intollerabile revisionismo – sottolinea la nota – che ha ormai sdoganato il fascismo manifesto di una figura istituzionale è il simbolo di una regressione culturale e civile. Che tipo di scuola ha in mente Donazzan, sempre che fra una canzonetta fascista e l’altra possa avere spazio per occuparsi di scuola, forse ha in mente quella del ventennio quando gli insegnanti che non erano fascisti venivano licenziati?”, conclude la lista civica”.

Alcuni anni fa scrissi un articolo di richiamo democratico –vinca il migliore per entrare nei dirigenti della Pa (Pubblica Amministrazione) richiamando il concorso a vigili urbani di Milano- alla medesima delegata regionale alla scuola, che lamentava dei troppo presidi meridionali nel “suo” Veneto. Alcuni miei collaboratori, della direzione provinciale patavina del partito pensionati, parteggiavano per la loro conterranea doc e dop e non del mio intervento pubblico su di un media padovano, che la richiamava a dichiarazioni più rispettose dei presidi. Ma non era il loro sorriso beffardo che mi meravigliò un po’, anche se erano socialisti. Meno male che ero già vaccinato all’ingratitudine (Enzo Ferrari disse: ”non fare del bene se non sei preparato all’ingratitudine”) pur avendo fatto del bene-almeno presumo dai riscontri- in Veneto dove ho insegnato decenni a generazioni di varie realtà regionali.

Fu solidale, invece, con me un ex sindacalista delle poste e dirigente della Pa., che non sorrise in modo beffardo! Allora mi chiesi e mi richiedo: “ma nel settentrione, in particolare il Veneto, che era e forse lo è ancora più contadino e dunque monarchico (come scriveva Lenin), perché si sentono superiori ai contadini o terroni? Il meridionale, anche se preside, perché non gli va giù, ai veneti, rasentando un razzismo diffuso dalla piccola borghesia (spesso parassitaria e statalista quasi come quella meridionale, compresi alcuni docenti e non solo di sinistra) che lo incentiva nel popolo. Quest’ultimo (che vota lega ma anche Pd per il 20% scarso, o non vota meno del 40%) non più analfabeta come ieri, prima del boom economico italiano 1953-73 è cittadino secondo l’art. 4 della Costituzione?.

Adesso che sui media la bagarre imperversa in merito alla medesima esponente politica regionale veneta, che ha cantato in radio una canzone dell’epopea mussoliniana del posto al sole africano, vorrei essere meno pungente anche se non giustifico il richiamo al fascismo e al suo colonialismo razziale al tramonto, dopo inglesi, tedeschi e francesi.

I media precisano che la Donazzan “Già nel maggio 2019, ai microfoni de La Zanzara (Radio24), aveva dipinto Benito Mussolini come un grande statista (“l’ha detto Churchill, quindi io non faccio che inchinarmi. Pure Ghandi disse qualcosa di molto positivo su Mussolini”). Elena Donazzan, assessora regionale all’Istruzione del Veneto, ribadisce la sua fede ai microfoni della stessa trasmissione, scatenando un caso politico con la lista civica di centrosinistra “Il Veneto che vogliamo” e Articolo Uno che hanno chiesto le dimissioni dell’assessora della giunta Zaia e l’intervento della magistratura per apologia del fascismo. Casus belli: la canzone “Faccetta nera” intonata dall’esponente di Fratelli d’Italia, che ha anche precisato di preferirla a “Bella Ciao”, innescando un vivace battibecco con uno dei conduttori, D. Parenzo. Ma l’Assessore si giustifica dichiarando che: “Ero bambina quando l’ho imparata – afferma Donazzan – Tra ‘Faccetta nera’ e ‘Bella Ciao’ non ho neanche un dubbio. Nelle case c’era chi cantava una cosa e chi cantava un’altra.Se poi chiede la stessa cosa alla Boldrini, con molta più cattiveria di quanto faccia io, che sono buonissima, lei vi risponde ‘Bella Ciao’. 

Siamo tutte e due nipoti della stessa Italia”. “Non sono due canzoni esattamente uguali”, spiega Parenzo. “Ah, no? – risponde l’assessore veneto – E va bene, il suo è un giudizio storico. Io ci sono cresciuta con questa canzone, da bambina la cantavo”. Il botta e risposta prosegue fittamente con Parenzo che sottolinea: “Lei è un assessore. Se la stessa cosa fosse avvenuta in Germania con un assessore di un Länder che cantava “In alto la bandiera”, cioè l’inno del Partito Nazista, lo avrebbero cacciato a pedate nel culo”. “Se mia nonna avesse le rotelle… – ribatte Donazzan – Se lei ritiene che io non faccia bene l’assessore, chieda che mi tolgano per questo fatto. Il Veneto è in epoca politica post D.C. e i consensi dati al “Bianco fiore”, primato nazionale, ora li dà, con incremento del 20% alla Lega, non più ladrona a Roma ma in casa, soprattutto milanese.

Il Veneto attuale ha consentito un uomo solo al comando regionale con il 74% di consensi. Un giorno si e l’altro pure, ma da prima della competizione elettorale regionale, è solo il Governatore Zaia che parla in tutti i media possibili. Ma i consiglieri e assessori della R. Veneto che fanno, riscaldano un posto ben retribuito? Per non parlare del silenzio tombale dei politici veneti al Parlamento romano. Solo il trevigiano Governatore gestisce i numeri della pandemia in modo magistrale. Zaia alla domanda sibillina “Prima i Veneti? oppure c’è stato un cambio nella Lega, non più solo Nord. Risponde “prima i veneti e poi gli italiani”. Gli fa eco Salvini, che si è specializzato, col massimo dei voti, a fare passerella nei media. Ma l’uomo solo al comando del Veneto, come della Campania sia pure con 20% di consenso in meno, non è un’evoluzione democratica.

Zaia lo hanno votato non solo i leghisti, ma anche parte dei pidiessini. In Veneto lo stesso prof. universitario, Lorenzoni, in una satira comparsa nella nota trasmissione “Porta a porta”, condotta da B. Vespa, dichiarava alla domanda satirica per chi vota.2voto Luca Zaia! Siamo certi che il cittadino padovano, in particolare, non sia ancora suddito di una partitocrazia “imperante e pasticciona”? Qua la partitocrazia è meno imperante che al nostrano Sud, ma pasticciona lo è idem con… patate! Padova al referendum Monarchia o Repubblica, votò la prima cioè restaurazione monarchica e non la innovativa seconda, nata dalla lotta antifascista e antinazista con concorso di cattolici, repubblicani e comunisti e non solo comunisti come scrive bene G. Stella, pure veneto del Veneto!

Giuseppe Pace (Vicesegret. Provinciale partito Pensionati Padova)