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Cara ministra Boschi, le parole sono importanti. Ecco perché non si chiama più scuola materna

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Non è passata inosservata l’espressione “scuola materna” utilizzata dalla ministra sottosegretaria alla presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunità, Maria Elena Boschi.

Infatti, nel corso della conferenza stampa sull’edilizia scolastica, mentre si parlava delle azioni del Governo sugli edifici scolastici, la Boschi ha dischiarato: “Noi sappiamo che il patrimonio immobiliare delle scuole in Italia dalla materna alle superiori è di oltre 42mila edifici”.

Forse è un’osservazione da prof pignoli, ma come fa notare Alex Corlazzoli su Il Fatto Quotidiano, la sottosegretaria è rimasta ai primi del Novecento dimenticando che dal 2003 con la Legge 53 si è passati dal concetto di scuola “materna” a quello di scuola “dell’infanzia”.

“Concetto”, appunto, non parola, proprio a specificare che con questa legge si è mutato l’approccio verso il primo contatto dei bambini con l’educazione e l’istruzione.

“All’inizio del Novecento con le sorelle Agazzi, scrive Corlazzoli, si parla di ‘scuola materna’ dalla parola maternage la quale indicava che l’insegnante dovesse curare e assistere il bambino, considerato centrale nell’attività educativa, come continuità del lavoro della sua mamma. La Montessori già aveva sostituito quel termine con ‘Casa dei bambini’ spostando l’attenzione sul protagonista della scuola.
Con la Legge 53 del 2003 si compie una rivoluzione: non si tratta più di una scuola fondata sull’assistenzialismo come quello di una mamma bensì di un luogo educativo dove il bambino viene seguito passo per passo dal docente per sviluppare a pieno le sue abilità cognitive, affettive e sociali”.

“Capisco che Maria Elena Boschi non copre il ruolo della Fedeli, conclude Corlazzoli, ma da una politica che ha la delega alle Pari opportunità mi sarei aspettato molto di più. Chissà se dietro le quinte la ministra Valeria Fedeli avrà tirato le orecchie anche alla giovane collega come accadeva ai giornalisti fin quando non hanno imparato a scrivere ministra anziché ministro dell’Istruzione”.

Certamente è perdonabile questo piccolo errore da parte di Maria Elena Boschi, ma sarebbe auspicabile da parte dei membri del Governo, e non solo, di essere precisi quando si parla di argomenti molto importanti, dove le parole veicolano significati precisi e non assimilabili ad altri.

Insomma, come dice Nanni Moretti nella scena cult del film Palombella Rossa, “le parole sono importanti”.

 

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