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Ci ritorniamo: Ministra o Ministro?

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E infatti, che senso ha, come fa notare Articolo21, trovare scritto sulla stampa italiana, per esempio, a proposito della nomina di Roberta Pinotti alla difesa: “Professoressa di liceo, è stata sottosegretario alla Difesa con Letta”. Se è stato scritto “professoressa di liceo”, per quale motivo non scrivere “sottosegretario”? Dove sta la differenza? “Allora si poteva anche scrivere: professore, invece di professoressa. E’ curiosa questa dicotomia. Non è possibile essere una volta donna e quella successiva, un uomo”.
Tuttavia un altro spetto veramente singolare riguarda la parola segretaria.
Svilito il termine negli anni Sessanta, per via di una becera letteratura che voleva la professione di segretaria assimilata al ruolo di amante del capo, si preferisce ancora, parlando per esempio di Susanna Camusso, chiamarla “segretario della Cgil” e non segretaria che pare ne sminuirebbe la funzione all’interno del sindacato: ma è accattabile quando si strilla sulla uguaglianza di genere? E perché la parola segretario se declinata al maschile è nobile e al femminile no?
E ancora, puntualizza Articolo21: “tutti dicono Il direttore dell’Unità, Concita De Gregorio, ma poi ecco La direttrice dell’asilo, Cinzia Lojacono. Ma perché un direttore di giornale è importante e dunque maschile, mentre dirigere un asilo è confinato nel ghetto di una roba da donne, anzi da donnette?”.
E dopo segretaria e ministra c’è anche la parola “tecnico”. “Qualcuna mi spiegherà prima o poi perché non dovremmo dire tecnica, allo stesso modo di maestra/maestro, operaia/operaio, della serie – scuola primaria – le parole che in italiano finiscono in O, al femminile si declinano in A.
Andiamo avanti. Perché avvocato e non avvocata? Secondo le indicazioni del noto linguista Aldo Gabrielli, uno dei più autorevoli studiosi della lingua italiana del XX secolo, è sbagliato. Infatti, già nel 1976 (quasi quarant’anni fa) nel suo Si dice o non si dice, spiegava: “Da una terminazione maschile in -o, nasce il femminile in -a, dunque deputato, deputata. Tanto più che qui si tratta di un participio passato del verbo deputare: cioè persona deputata a rappresentare in Parlamento gli elettori. Per avvocato, la stessa cosa, altro participio passato, questo di origine latina: advocatus, da advocare, chiamare presso, cioè persona chiamata presso chi deve essere assistito in un giudizio. Maschile in -o, femminile in -a: avvocata e guai ad usare avvocatessa. Per non parlare dei ministri in gonnella”.
E per quanto riguarda la parola sindaco? Dice sempre Gabrielli: “La grammatica italiana insegna una cosa elementare: che per gli uomini esiste un maschile e per le donne un femminile, non si può fare eccezione per un sindaco o per un ambasciatore”. Raccontando di come, un tempo, tutti i pittori erano maschi, almeno quelli celebri. “Ma ecco che tra il Seicento e il Settecento spuntano due astri pittorici femminili, Artemisia Gentileschi e, mezzo secolo più tardi, Rosalba Carriera. Fino ad allora si era usata la sola parola pittore, con le varianti più antiche dipintore e pintore, ma qualcuno voleva classificare anche queste donne artiste, e sorse il problema linguistico: come definirle? Il latino classico offriva solo pictor, pictoris maschile. Esisteva però un aggettivo femminile, pictrix, pictricis, creato nel basso latino: si diceva, per esempio, natura pictrix, natura pittrice. A questo aggettivo si rifecero i letterati dell’epoca sostantivandolo, e dissero: la pittrice Artemisia Gentileschi, la pittrice Rosalba Carriera. Da allora, la parola pittrice diventò comune nell’uso e nessuno oggi penserebbe di poter dire che Gentileschi e Carriera furono due celebri pittori”.