Home Attualità Congedo mestruale a scuola, un’esperta: “Meglio occuparsi delle patologie sul piano sanitario...

Congedo mestruale a scuola, un’esperta: “Meglio occuparsi delle patologie sul piano sanitario che tenere le donne a casa”

CONDIVIDI

Da tempo si parla della possibilità, per le studentesse, di usufruire del congedo mestruale, ossia di due giorni di assenza giustificata per chi soffre di dismenorrea, sulla scia di quanto deciso dal liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna, prima scuola in Italia a concederlo.

Sono molte, come riporta La Repubblica, le scuole che vogliono attivarsi in tal senso; a Torino se ne discute all’enogastronomico Beccari, a La Spezia le studentesse dell’artistico-musicale Cardarelli hanno promosso una mobilitazione, a Genova la consigliera regionale Selena Candia ha proposto una mozione per inserire il congedo mestruale nei Regolamenti d’istituto delle superiori e avviare un iter legislativo che lo preveda anche per le lavoratrici. Nel liceo Fardella-Ximenes di Trapani, due giorni fa, il dirigente ha detto sì alla richiesta di introdurre il congedo e lo stesso è accaduto a Messina, nel classico Maurolico.

“Il congedo mestruale – spiega la Rete degli Studenti Medi – è una misura di civiltà, che permetterebbe a tutti di vivere la scuola in maniera positiva , oltre a essere un passo importante per abbattere i tabù ancora presenti sulle mestruazioni. Sono molte le persone che soffrono di dismenorrea, vulvodinia o endometriosi: è fondamentale garantire loro la possibilità di non compromettere il numero massimo di assenze ogni anno”.

Il parere delle esperte

Valeria Dubini, ginecologa ed endocrinologa che guida il dipartimento per la Salute e la medicina di Genere della Asl Centro di Firenze, si è detta però scettica. “Da un punto di vista sanitario non mi entusiasma: il dolore mestruale è una patologia e ha bisogno di una diagnosi e di un trattamento, più che dello stare a casa”.

Ecco cosa ha proposto l’esperta: “Piuttosto darei un permesso per far andare le giovani al consultorio e impostare una terapia, perché il dolore mestruale può essere il campanello di allarme di varie cose, come un primo segno di endometriosi che, se trattata subito, non andrà a complicare la fertilità futura. Occuparsene sul piano sanitario mi sembra più protettivo per la salute delle donne che tenerle a casa con la borsa dell’acqua calda”, ha concluso.

Violeta Benini, ostetrica, divulgatrice ed esperta di sessualità consapevole, ha discusso a proposito del tema: “Per come stanno le cose ora, potrebbe sottolineare ancora di più che il dolore mestruale sia fisiologico, quando non lo è. Funziona da campanello d’allarme per indicare che qualcosa non sta funzionando correttamente”.

“Se tutte noi iniziassimo a pretendere una ricerca in più e a non fermarci davanti a una mancata diagnosi, probabilmente si spingerebbe la letteratura medica ad aggiornarsi maggiormente e ad indagare le cause di dolori che, in un corpo totalmente sano, non dovrebbero esistere”, ha continuato.

Medicalizzazione del ciclo mestruale?

E, sulla proposta di istituire il congedo mestruale a scuola: “L’aspetto positivo è che queste ragazze vogliano sensibilizzare l’opinione pubblica sul ciclo mestruale senza tabù. Ma ho paura che si allontani il tema centrale, che è quello dell’inclusione in un gruppo, scolastico o lavorativo. Anche questa estrema ‘medicalizzazione’ del ciclo mi preoccupa: ricordiamoci che siamo in tantissime a poter fare di tutto con le mestruazioni. Abbiamo già tanti ostacoli, aggiungerne altri da sole è controproducente”.

“Nell’ultima ricerca fatta dal network Fior di risorse sul sessismo nei luoghi di lavoro, si nota il perdurare di battute sul ciclo mestruale legato al preconcetto che comporti una scarsa performance lavorativa. Vedo due problemi: lo stigma, dove ancora una volta le donne non sono ritenute affidabili, e quello della privacy, che va tutelata non dovendo per forza dire il proprio stato di salute. Chi soffre molto per il ciclo mestruale ha il diritto di usufruire del semplice congedo per malattia, senza crearne uno specifico e stigmatizzante”, ha concluso.

Insomma, secondo le esperte molto andrebbe fatto sul versante delle terapie e meno su quello dei congedi e degli aiuti in tal senso alle donne che soffrono di questi problemi.