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Contro bullismo e omofobia a scuola arriva Schoolmates

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Basta con l’indifferenza, largo al confronto e al dialogo: per sconfiggere o prevenire il bullismo e l’omofobia a scuola è questa la strada indicata dal manuale "Schoolmates – bullismo e omofobia a scuola". Il volume è stato presentato e distribuito a Modena il 31 maggio nella sede Arcigay "Matthew Shepard" all’interno delle iniziative di "Altromondo – verso la giornata nazionale contro l’omofobia" patrocinata dall’assessorato alle Pari opportunità e l’assessorato alla Cultura del Comune.
"Schoolmates" è un progetto ideato da Arcigay, l’ufficio Anti-discriminazioni del Comune di Vienna, l’associazione polacca Kph (Campagna Contro l’Omofobia) con la partecipazione dell’Organizzazione non governativa spagnola Colegas. L’obiettivo è di fornire al personale scolastico e agli studenti strumenti e competenze che aiutino a prevenire o gestire comportamenti di violenza psicologica, verbale o fisica contro chiunque sia bersaglio di bullismo, per qualunque motivo, con un’attenzione particolare ad adolescenti lesbiche e gay o percepiti come tali.
Il manale è stato anche realizzato sulla base di una ricerca transnazionale che ha coinvolto sei città (Modena, Bologna, Reggio Emilia, Vienna, Varsavia e Madrid) con circa 1.200 interviste a ragazzi delle scuole superiori. Più della metà degli intervistati (53,5 per cento), sente pronunciare spesso o continuamente, a scuola, parole offensive per indicare maschi omosessuali o percepiti come tali. Un altro 28 per cento le sente usare qualche volta, il 14,6 per cento raramente, e il 3,8 per cento mai. La situazione cambia drasticamente se si interpellano insegnanti e personale non docente. Quelli che sentono usare spesso o continuamente parole offensive contro i maschi omosessuali precipitano al 9 per cento del totale degli intervistati. Meno pervasivi appaiono gli insulti alle lesbiche.
Gli studenti che sentono offese verbali in riferimento a femmine omosessuali, o che sembrano tali, sono il 16,7 per cento, a fronte dell’1,5 per cento dei professori. Rimane comunque un buon 28 per cento che le sente qualche volta (9 per cento tra gli adulti), il 34,3 per cento raramente (25,4 per cento per gli adulti), e il 20,9 per cento mai (64,2 per cento adulti).
I più bersagliati da manifestazioni verbali di disprezzo e aggressività sono, quindi, i maschi omosessuali.
Un altro dato che emerge dalla ricerca è il netto scarto di percezione del fenomeno tra ragazzi e adulti che lavorano nella scuola. Ma succede anche che dalle parole si passi ai fatti. A più del 10 per cento degli studenti capita di vedere spesso o continuamente un ragazzo deriso, offeso o aggredito, a scuola, perché è o sembra omosessuale, e raramente qualcuno interviene a difesa della vittima. Non lo fa mai nessuno secondo il 19,2 per cento, raramente per il 29,3 per cento, non sa il 22,7 per cento. I prof inoltre non se ne accorgono. Alla stessa domanda sul frequente verificarsi di episodi di derisione o aggressione risponde infatti positivamente lo 0 per cento degli adulti intervistati, mentre l’83,6 per cento dice di non aver mai assistito a niente di simile. Tornando ai ragazzi, il 14,4 per cento ha assistito qualche volta a casi di derisione, offesa o aggressione (7,5 per cento gli adulti), il 24,9 per cento raramente (9 per cento adulti), e il 48,6 per cento mai.
Parole offensive verso i gay vengono ad esempio usate soprattutto durante la ricreazione, secondo il 77,5 per cento degli intervistati che le hanno sentite, tra una lezione e l’altra (60,5 per cento), a fine mattinata (47,5 per cento) e solo in misura minore (25,8 per cento) durante le lezioni. Quanto ai luoghi, quelli preferiti per gli insulti sono corridoi, giardini e spazi comuni secondo l’89,1 per cento, la classe (49,8 per cento), bagni e spogliatoi (32,8 per cento), palestra (29,1 per cento).
Questo atteggiamento – spiegano dall’Arcigay – aumenta il senso di vulnerabilità ed isolamento che gli adolescenti omosessuali provano di fronte ai soprusi. Si innesca così un meccanismo vizioso: l’adolescente vittima di prevaricazione, consapevole di vivere in un ambiente potenzialmente ostile, non porta all’attenzione del personale scolastico le aggressioni di cui è oggetto, non chiede aiuto e si isola ulteriormente. Così facendo diventa più facilmente bersaglio di azioni di bullismo”.
Insomma la scuola sembrerebbe proprio uno dei luoghi privilegiati per etichettare e vessare studenti con gusti o passioni diverse.