Home Attualità Coronavirus: ad Asmara prof bloccati in aeroporto

Coronavirus: ad Asmara prof bloccati in aeroporto

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Sei docenti della scuola italiana di Asmara, e il figlio minorenne di uno di loro, rientrati dall’Italia, dopo una settimana di “riposo infraquadrimestrale” sono stati bloccati all’aeroporto di Asmara e “trasferiti” direttamente in una “struttura sanitaria” fuori dalla capitale Eritrea per effettuare la “quarantena” insieme a cittadini provenienti da altri Paesi.

La denuncia della UilScuola per l’Africa

A denunciare  la situazione di «estremo disagio» in cui si trovano i docenti italiani all’estero è una sindacalista della  Uil Scuola per l’Africa. Si tratterebbe fra l’altro di una quarantena ben lontana dagli standard occidentali, una sorta di “presidio sanitario” in una struttura fatiscente, con camere a tre letti e un solo bagno, con acqua “razionata”  e in una situazione di promiscuità.

Accusa la governo e al ministro

Da qui l’accusa verso il governo e il ministro degli esteri che si sarebbe limitato ad inviare una mail al nostro personale “consigliando” di prolungare a proprie spese (cioè chiedendo un ulteriore periodo di ferie) il congedo a chi era in vacanza in Italia.

Il racconto della sindacalista

«Molti di loro – racconta la responsabile Uil – dovevano rientrare per forza e comunque pensavano ci potesse essere un accordo con l’ambasciata che evitasse questo tipo di quarantena. Oltretutto, altri quattro docenti della scuola che sono andati in vacanza a Zanzibar non hanno avuto alcun problema e sono tranquillamente rientrati e ripreso servizio. È una situazione a dir poco incredibile. Oltretutto è impossibile comunicare direttamente con loro perchè manca la connessione a Internet. Abbiamo chiesto l’intervento di Di Maio, per questo pezzo d’Italia nel Corno d’Africa. La decisione di far effettuare la quarantena, in una situazione ben lontana dagli standard occidentali e con il rischio di creare nuove problematiche di salute ci sembra un gesto pregiudizievole nei confronti dell’Italia. Nessuno dei nostri docenti proveniva da aree a rischio. In questo caso un ruolo determinante lo ha la diplomazia, che, sono sicura, riuscirà ad ottenere almeno che si valuti caso per caso e che si tutelino i nostri docenti all’estero».