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Corso di 25 ore obbligatorio su sostegno, 500 mila docenti lo faranno di pomeriggio. Il sindacato: no al lavoro gratis

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Da settembre almeno un docente su due avrà da affrontare un impegno ulteriore: si tratta di un corso di formazione obbligatorio da 25 ore, sulla didattica “speciale”, che saranno chiamati a svolgere tutti gli insegnanti, dalla scuola dell’Infanzia alla secondaria, che hanno almeno un alunno disabile all’interno delle loro classi. Gli unici esonerati saranno i docenti già specializzati nel sostegno ai disabili. La particolarità del corso formativo è che i docenti dovranno svolgerlo fuori l’orario di servizio, quindi (nella stragrande maggioranza dei casi) nel pomeriggio.

La notizia era stata comunicata all’inizio di giugno ai sindacati: dopo qualche protesta, anche vibrante, pure della Gilda degli Insegnanti, era passata in secondo piano a causa delle problematiche crescenti in vista del nuovo anno e relative alle assunzioni in arrivo.

Sul corso obbligatorio da 25 ore, che potrebbe riguardare mezzo milione di insegnanti, soprattutto negli istituti tecnici e professionali della secondaria di secondo grado, La Tecnica della Scuola ha anche realizzato un sondaggio, al quale hanno partecipato ben 3.972 lettori (di cui il 93,7% docenti): tre su quattro (il 73,4%) si sono detti contrari all’iniziativa.

Il decreto di fine giugno

A fine giugno, poi, il ministero dell’Istruzione ha pubblicato il decreto, il n. 188, che non ha spostato di una virgola i contenuti della comunicazione iniziale.

La formazione si articolerà, si legge nel decreto, “in unità formative, con un impegno complessivo pari a 25 ore, che potrà essere sviluppata in: a. formazione in presenza e/o a distanza, b. sperimentazione didattica documentata e ricerca/azione, c. lavoro in rete, d. approfondimento personale e collegiale, e. documentazione e forme di restituzione/rendicontazione, f. progettazione”.

Inoltre, si specifica che le 25 ore avranno dei vincoli: “per ciascuna unità formativa sarà necessario garantire un minimo di 17 ore di formazione in presenza e/o a distanza (punto a) e 8 ore di approfondimenti, con le modalità di cui ai punti da b) a f)”.

Ma l’attenzione del personale e dei sindacati si è focalizzate sull’articolo 2 del decreto, nel quale si specifica che “la partecipazione alle attività formative assume carattere di obbligatorietà e non prevede esonero dal servizio” e che “lo svolgimento delle attività formative è attestato dal Dirigente scolastico della scuola sede di servizio”.

Il collegio dovrà esprimersi

E qui sta il punto. All’inizio del nuovo anno scolastico, i collegi dei docenti è bene che forniscano le indicazioni su come svolgere tali corsi obbligatori. L’ideale sarebbe che ogni scuola organizzi direttamente i corsi di formazione, chiedendo a dei docenti formatori (ovviamente accreditati) di farsi carico delle 25 ore. Anche in modalità on line.

Ed è bene anche che specifichino se le 25 ore di impegno vengano o meno sottratte dal “pacchetto” delle 40 previste annualmente dal Ccnl anche per questo genere di attività. Per il sindacato, quest’ultimo aspetto è fondamentale.

L’avvertimento del sindacato

Rino Di Meglio, numero uno della Gilda degli insegnanti, mette le mani avanti.

E dice: “Escludere le 25 ore di formazione obbligatoria dal monte delle 40 ore delle attività funzionali all’insegnamento e non prevedere alcun esonero significa imporre agli insegnanti di lavorare gratuitamente, una condizione inaccettabile che appartiene ad epoche lontane in cui vigeva la schiavitù”.

Ore pagate o estrapolate dalle 40 previste dal Ccnl

Il coordinatore Gilda, quindi, dice che “le scuole dovranno compiere uno sforzo per reperire risorse aggiuntive dal Fondo di istituto oppure dovranno utilizzare l’orario destinato alle riunioni collegiali”.

“Se in qualche scuola si tentasse di ricorrere al ‘volontariato obbligatorio’, – conclude Di Meglio – intraprenderemo azioni legali per ottenere la retribuzione che spetta di diritto”.

Il messaggio del sindacato è chiaro: le 25 ore si dovranno svolgere come un impegno lavorativo dei docenti non aggiuntivo. I dirigenti e le scuole che non dovessero indicare questa strada dovranno poi spiegarne i motivi dinanzi ad un giudice.

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