Home Politica scolastica Decreto Rilancio, Alfieri: “Il sistema delle scuole paritarie non regge più”

Decreto Rilancio, Alfieri: “Il sistema delle scuole paritarie non regge più”

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Venerdì, 29 maggio 2020, alla Camera dei Deputati, nella seduta della V Commissione (bilancio, tesoro e programmazione), si è svolta l’audizione di suor Anna Monia Alfieri, delegata di USMI e CISM, nell’ambito dell’esame del disegno di legge che il 03/06/2020 i parlamentari voteranno, rendendo legge dello Stato il cosiddetto Decreto “Rilancio”.

Video della diretta Audizione sr Anna Monia Alfieri presso la Commissione bilancio della Camera dei deputati nell’ambito dell’esame del decreto-legge n. 34 del 2020.

Un momento di confronto sulla questione annosa della scuola, esplosa nelle sue ragioni e nei suoi problemi in seguito all’epidemia Covid-19, e un’occasione di presa di posizione responsabile dei gestori delle scuole paritarie d’Italia, che evidenziano le ragioni che devono portare il Governo a sostenere la scuola paritaria ovvero a promuovere le famiglie affinché non siano private della possibilità di scegliere l’educazione per i propri figli.

Il sistema scolastico italiano, composto da 40mila sedi scolastiche statali frequentate da 7,5milioni di studenti e da 12 mila sedi scolastiche paritarie frequentate da 900mila alunni con 180mila dipendenti, da anni soffre, unica grave eccezione in Europa, per essere un sistema scolastico iniquo. Nonostante la Legge 62/2000 definisca il sistema scolastico italiano come pluralista, composto da scuole statali e paritarie, la realtà è che a parità di doveri i diritti sono differenti, infatti la famiglia italiana si vede costretta a pagare due volte (le tasse e la retta) per lo stesso servizio. Dunque un’iniquità che alimenta le disparità di trattamento e, per questo, in palese contrasto con l’articolo 3 della Costituzione.

Con il Covid-19 la situazione è diventata tragica per la Nazione tutta, perché il comparto delle scuole paritarie non regge più. Stiamo parlando di scuole che, a detta dello Stato, applicano rette simboliche: intorno ai 2.500 Euro per la scuola dell’Infanzia, circa 3.500 Euro per la scuola Primaria e poco più di 4.000 Euro per le scuole secondarie di I e II grado. L’applicazione di queste rette ha fatto sì che negli anni, complice anche la diminuzioni delle religiose e dei sacerdoti,  le scuole paritarie per proseguire nel loro servizio si siano indebitate con le banche e abbiano ipotecato gli immobili, al fine di coprire lo scarto tra la retta chiesta alle famiglie e il costo effettivo di ciascuno studente. Quanto può reggere un indebitamento? Fino a quando la crisi fa sì che anche le banche non diano più credito. E’ per questo motivo che negli ultimi 5 anni hanno chiuso circa 500 scuole paritarie, in prevalenza ubicate nelle periferie del centro-sud Italia, accentuando così nella Nazione il regionalismo e l’iniquità.

Ora la povertà della famiglia è diventata reale e il sistema sta per collassare e per condurre alla chiusura il 30% delle scuole paritarie. Si prevede che a giugno inizieranno le operazioni complesse di liquidazione e che 290mila alunni si riverseranno nella scuola statale, che al momento non è in grado di assorbirli, soprattutto se pensiamo al tema del distanziamento sociale che il Covid-19 impone. Il dato economico che si profila è sproporzionato e proseguire sulla strada intrapresa non significa danneggiare solo la scuola paritaria, ma mettere in crisi tutta la scuola italiana.

I 290mila alunni che dovranno essere assorbiti dalla scuola statale costeranno ai cittadini 2,4milairdi di Euro, che dovranno essere recuperati attraverso le tasse. Inoltre, per ripartire a settembre, considerando anche il distanziamento sociale, alla scuola statale serviranno 3milardi di Euro.

A tutto ciò è da aggiungere il fatto che, in questi mesi di Covid, 1milione e 600mila alunni non sono stati raggiunti dalla didattica a distanza e 300mila alunni disabili si sono ritrovati in situazione di isolamento, a carico delle famiglie ora stremate. Se nel giro di 15 giorni non sarà invertita questa tendenza dobbiamo essere coscienti del fatto che la scuola italiana sarà destinata a non ripartire e il danno non sarà solo per la scuola, ma anche per le donne, che dovranno rinunciare al lavoro per seguire i figli, e per la società perché, soprattutto nel centro-sud Italia, molti ragazzi saranno consegnati nelle mani della mafia.

La soluzione, già più volte dichiarata, prevede due operazioni.

Nel breve termine è necessario mettere in campo 1miliardo di Euro, che si ottiene attuando gli emendamenti presentati dalla più ampia trasversalità politica di destra e di sinistra. Ovvero:

  • in primo luogo la detrazione delle rette pagate dalle famiglie in tempi di Covid (credito di imposta);
  • in secondo luogo l’incremento ad almeno 300milioni di Euro del  fondo per l’infanzia attualmente individuato in 65milioni (corrispondente a 152 Euro ad alunno) più 70milioni per la fascia di età 6-16 anni (corrispondente a 200 euro ad alunno);
  • in terzo luogo l’applicazione dello sconto delle imposte anche per la scuola paritaria, in modo che essa possa scontare la retta alle famiglie;
  • il quarto aspetto riguarda la didattica a distanza, da sostenere anche per la scuola paritaria;
  • il quinto tema è quello della sanificazione, che le scuole paritarie devono poter scontare dalle rette delle famiglie e
  • infine l’intervento di regioni e comuni che stanno scendendo in campo per la loro parte e della Conferenza Episcopale Italiana che ha già messo a disposizione 20mila borse di studio.

Nel lungo termine, è necessario applicare i costi standard di sostenibilità per allievo, che gli studi degli ultimi 10 anni collocano intorno ai 5.500 Euro, e attuarli attraverso la quota capitaria, la detrazione e tutte le leve fiscali che ogni governo può mettere in campo: così si permetterà finalmente alla famiglia di scegliere e di innalzare il livello di qualità della scuola italiana, sotto lo sguardo garante dello Stato.

L’intervento di USMI e CISM è dunque un contributo concreto a pensare alla scuola in maniera strutturale, certi che uno Stato democratico non può non rimanere schiacciato sul presente e quindi essere incapace di pensare al futuro dei propri cittadini.

La gravità del momento necessita che ciascuno faccia la propria parte, con quel senso di responsabilità capace di confermare le parole con i fatti. Ed è un fatto anche la disponibilità degli istituti religiosi a mettere a disposizione dello Stato i propri edifici per consentire la ripartenza della scuola a settembre, perché se ciò non dovesse accadere dovremo affrontare effetti devastanti.