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Didattica a distanza e valutazioni

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Durante questo periodo nel quale l’emergenza sanitaria ha determinato la sospensione delle attività in aula e in cui si applica una didattica a distanza (dire “la didattica a distanza” mi sembra voler attribuire una connotazione già schematizzata – “catalogata” e “ingabbiata” per farne un modello pedagogico – a un “modus operandi” che non solo ha carattere appunto emergenziale, ma anche che si può esercitare ed esplicare in vari modi, tutti parimenti validi se arrivano a coinvolgere gli studenti e interagire con loro) si è anche parlato della possibilità di valutare gli alunni e di assegnare voti.

Toni perentori e prove muscolari da evitare: i docenti stanno dando prova di grande impegno ma chiedono rispetto per il loro ruolo, anche nella scelta della modalità di applicazione della Dad

Ma prima di affrontare questo delicato aspetto, voglio fare un piccolo passo indietro per ricollegare questo articolo ad uno precedente in cui mi chiedevo il perché di toni che francamente sono apparsi, almeno in alcuni passaggi di note e circolari nonché in alcune dichiarazioni, eccessivamente perentori, quasi “diktat”, e perché questo uso di “prove muscolari” da parte della ministra Azzolina e in forma più sfumata del direttore Bruschi Marco (ex Max, anche se detto così è un po’…cacofonico) nei confronti dei docenti, che invece stanno dando prova di professionalità e di attaccamento alla scuola e agli alunni, senza peraltro richiamarsi a disposizioni contrattuali (che pure esistono e che possono essere accantonate momentaneamente, non certo per disposizioni dall’alto che sarebbero illegittime e persino contrarie al dettame costituzionale, bensì per il buonsenso e la dedizione che volontariamente dimostrano gli insegnanti, come peraltro gli altri operatori scolastici) e che hanno accettato di praticare la Dad, purché non si pretendesse di applicare imposizioni in contrasto con la loro libertà di insegnamento (espressamente garantita dalla Costituzione – come il diritto allo studio – e da ciò deriva il suo inserimento nel contratto, non  discende da un capriccio sindacale!).

E quindi, nel rispetto di perseguire il principio dell’interazione con gli alunni (cosa peraltro fattibile se anche gli alunni interagiscono!), fare una didattica a distanza anche attraverso schemi diversificati a seconda delle opportunità, dei mezzi disponibili, delle discipline di insegnamento, delle scelte meditate e consapevoli dei docenti, visto che sono proprio maestri e prof tra l’altro che conoscono meglio di chiunque altro le esigenze degli alunni della propria classe e quelle delle materie insegnate, che non sono tutte le stesse e non hanno tutte le stesse esigenze: si pensi, ad esempio, alle materie artistico/laboratoriali e più in generale a quelle tecnico/esecutive, per le quali probabilmente vanno cercati altri canali di interazione più pertinenti ed adatti rispetto alle video lezioni (le quali magari sono invece più utili, ma sempre nel rispetto della scelta del docente che può valutare diversamente, per altre materie): diversi insegnanti di queste discipline mi hanno detto che trovano più efficace delle video lezioni (difficile per queste materie interagire tramite questo strumento) supportare l’uso del registro elettronico con l’utilizzo di chat di gruppi classe su Whatsapp per inoltrare, da parte degli studenti, foto e/o immagini degli elaborati da inviare ai docenti per poi avere le dovute correzioni e consigli; anche un sistema ben funzionante di scambio di elaborati e correzioni tramite mail potrebbe essere utile alla causa. In ogni caso, la didattica a distanza si rivela uno strumento utile in questa fase emergenziale, soprattutto direi per evitare che gli studenti dimentichino ciò che hanno già appreso.

Senza mai dimenticare che la scuola è una comunità educante, che necessita di un confronto non “virtuale” che solo il clima d’aula consente, di un contatto umano diretto. Lo ripetono pedagogisti, educatori, docenti ed anche tantissimi presidi. Quindi la didattica a distanza va confinata in un utilizzo emergenziale (potenziando ad esempio il suo uso futuro per la “scuola in ospedale” e per la didattica domiciliare per gli alunni che non  potessero essere presenti in classe per periodi medio-lunghi).

La lettera inviata alla ministra Lucia Azzolina a firma di una docente dell’Unams Scuola Fgu

E innanzitutto in quell’articolo mi domandavo perché inasprire i toni e rischiare di determinare contrasti (che infatti non sono mancati e per fortuna solo talvolta si sono sviluppati persino in aperti scontri) tra dirigenti scolastici e docenti, quando invece il clima generale è quello della collaborazione fra la maggioranza delle due componenti? Rischiando peraltro di determinare un effetto “boomerang” se gli insegnanti non fossero spinti da senso etico verso gli alunni.

E in modo più diretto nei confronti del ministro Azzolina è intervenuta con una lettera ufficiale una dirigente sindacale Unams Scuola Fgu, in cui lamenta il mancato confronto con le organizzazioni sindacali, che rappresentano lavoratori del comparto e i loro diritti, accanto a quelle che la docente definisce “sconcertanti operazioni linguistico-semantiche”, e rivendica la priorità del diritto alla salute, del singolo e della collettività (quindi anche di docenti, alunni e famiglie, queste ultime – e pure gli insegnanti hanno famiglie – anche con più figli in età scolare, con anziani da accudire, dovendo spesso condividere computer e tablet), richiamando tra l’altro la corretta interpretazione dell’imperativo categorico kantiano, tirato in ballo dalla ministra del M.I. in una delle sue esternazioni.

Valutazione “a distanza”? Chi garantisce l’autenticità delle prove? Non si possono attribuire voti. Il problema si pone semmai se non si rientra a scuola prima degli scrutini   

Nella prima parte di questo articolo ho fatto un riepilogo di alcuni passaggi del mio precedente pezzo perché mi sembra necessaria premessa per inserire il discorso sulla valutazione “a distanza”, anch’essa (e per certi versi più della Dad) argomento assai delicato che (questo sì, non tanto la Dad, se non nella sua variegata applicazione) ha diviso profondamente le opinioni.

Però quella prevalente è che comunque non si attribuiscano voti. Ed è effettivamente auspicabile che non si attribuiscano voti, perché, a parte una “valutazione formativa” che può tener conto dei progressi personali dell’alunno (un aspetto utile ma che comunque non risolve il problema di dover decidere una promozione o una bocciatura né tanto meno di determinare uno specifico voto di profitto: in fondo al di là di tanti chiacchiericci è il classico voto che in effetti viene attribuito nello scrutinio finale), le valutazioni sarebbero non solo poco serie (chi ne garantisce l’autenticità da parte degli alunni?) ma soprattutto illegittime secondo quanto ben spiega Lucio Ficara in un suo articolo di qualche giorno fa, aprendo a molteplici contenziosi.

La valutazione attraverso il web sarebbe anche discriminatoria

Nessuna seria valutazione può essere proposta in una situazione come quella odierna, oltretutto sarebbero “favoriti” i ragazzi che possono vantare strumenti informatici che consentono loro di effettuare ricerche sul web e/o quelli che hanno genitori o fratelli più grandi che con un grado culturale più alto possono più facilmente aiutare i figli o i fratelli più giovani a fare un compito (italiano, matematica, lingua straniera, ma anche altre materie) rispetto a genitori con livello di istruzione più basso. E questo, ovviamente, creerebbe insopportabili discriminazioni.

E su questo tema mi piace ricordare anche una articolata riflessione pubblicata su questo sito con il titolo “Didattica a distanza, malgrado l’imperativo kantiano, le valutazioni a distanza restano illecite”, scritto da Alvaro Belardinelli. In particolare, a proposito dell’imperativo categorico citato dalla ministra Azzolina, Belardinelli in modo acuto (forse con una intelligente ironia, peraltro in un contesto argomentativo assai riflessivo ed analitico) si chiede: “Tuttavia – a meno che il porsi domande non sia stato proibito da qualche Dpcm a noi ignoto – viene da chiedersi: l’appello all’imperativo categorico mette forse al riparo i docenti dalla riflessione sulla legittimità (e quindi sulla validità giuridica) di Collegi, consigli di classe, scrutini, promozioni e bocciature online? Se sorgessero controversie, ricorsi, opposizioni da parte di docenti e genitori, come si regolerebbe un giudice? Andrebbe a controllare la normativa, oppure si accontenterebbe di verificare – chissà come, poi – che i docenti abbiano agito in linea con l’imperativo categorico di Kant?”.

Occhio quindi alla richiesta di valutazioni on line che possono produrre promozioni o bocciature (certo se la scuola dovesse essere chiusa sino a giugno e gli scrutini vanno fatti si dovrà trovare una soluzione, ma in quel caso è il Miur a dover chiarire nel dettaglio e prendersi le sue responsabilità senza semplicemente dare indicazioni ma poi lasciare la “patata bollente” nelle mani di presidi e docenti).

Una proposta di buonsenso da non trascurare: Cub scuola chiede valutazioni biennali per superare il problema

Mi sembra invece di assoluto buonsenso (e quindi temo …non verrà presa in considerazione!) la proposta della Confederazione unitaria di base (Cub) Scuola, cioè di effettuare una valutazione biennale il prossimo anno scolastico (tenendo conto anche di questo a.s.) “con i consigli di classe chiamati a decidere il superamento di entrambi gli anni o soltanto di uno oppure di nessuno”. Non sono d’accordo sul “nessuno”, “retrocedere” un alunno, cioè rimandarlo una classe indietro, sarebbe “crudele” e controproducente per il ragazzo, ma si potrebbe limitare la decisione all’opportunità di promuovere lo studente o di bloccarlo  per l’ulteriore anno successivo alla classe frequentata (insomma “farlo andare avanti” per quest’anno con una sorta di “debito formativo” da colmare entro la fine del prossimo anno scolastico, valutando a giugno 2021 complessivamente il rendimento dell’a.s. 2020/2021 e il superamento delle lacune registrate nell’a.s. 2019/2020).

Ovviamente per le classi terminali il discorso è diverso e una forma di valutazione dovrà essere messa in atto per l’ammissione agli esami di Stato. Peraltro sono ancora parzialmente definite le modalità di svolgimento della “maturità” (si sa solo che la commissione sarà costituita da soli membri interni e da un presidente esterno, sul modello scuola media).

Stanziamento 85 milioni per potenziare la Dad: la grandissima maggioranza riteneva prioritario destinarli invece per incrementare i fondi a favore delle emergenze sanitarie

Sull’altro argomento che nel precedente pezzo avevamo programmato di approfondire in questo nuovo articolo, cioè lo stanziamento di 85 milioni di euro per consentire il potenziamento di percorsi di didattica a distanza nelle scuole italiane, ormai c’è poco da dire visto che dopo il decreto ministeriale di attuazione del D.L.n. 18 del 17 marzo scorso il percorso è già tracciato. Anche se a me non è chiaro come effettivamente i dispositivi digitali a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso gratuito, per la fruizione della didattica a distanza (stanziati per questa voce 70 milioni di euro) giungeranno ai beneficiari (dovranno andarli a prelevare nelle sedi degli istituti scolastici? Non è rischioso? Li riceveranno  a casa? Non penso. E poi quando arriveranno e con quale tempistica saranno disponibili?).

A proposito di tempistiche, una eccessiva “frenesia” rischia di determinare solo molta confusione: per esempio mercoledì scorso il Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell’Istruzione aveva comunicato che la nota prot. n. 510 del giorno precedente (24/03/2020) era stata inviata per mero errore materiale e spiegava di non tenere conto della stessa atteso che era stata inviata priva di alcuni contenuti in fase di elaborazione (si sarebbe detto un tempo: “siamo su Scherzi a parte?”).

Eppure tale stanziamento non aveva trovato molti sostenitori nel mondo della scuola: un sondaggio lanciato da “La Tecnica della Scuola” (a cui hanno partecipato circa 4mila lettori), che chiedeva “Sei d’accordo a usare gli 85 milioni di euro della didattica a distanza per comprare mascherine e respiratori? ha avuto un esito inequivocabile: ben il 94% dei lettori ha detto sì, prima viene la cura delle tante persone che si sono ammalate e solo dopo la formazione scolastica e i computer.

Priorità alla sanità anche perché persistono varie carenze nonostante il lavoro encomiabile del personale sanitario. E non va dimenticata una pulizia, non solo in emergenza, delle scuole

Un articolo (sinora ha avuto quasi 63.000 consensi ufficiali) pubblicato su questo sito riportava il pensiero di chi avrebbe preferito che gli 85 milioni fossero utilizzati per comprare mascherine e respiratori (e magari, aggiungo io, i reagenti per esaminare i tamponi al fine delle diagnosi: il Policlinico di Catania ha segnalato questo grande problema e ha chiesto aiuto alla Protezione civile affinché i laboratori che oggi possono esaminare i tamponi vengano messi nelle condizioni di procedere celermente. Io so di questa situazione in particolare, ma temo che la problematica si possa estendere ad altre realtà).

E tante lettere giunte alla Tecnica della Scuola esprimevano questi concetti: ne ho scelta una che descrive in modo accorato l’angosciante realtà quotidiana, una riflessione in cui tra l’altro si afferma: “un Pc non ti salva la vita, un respiratore sì”. E poi aggiunge “in questi giorni in cui la Didattica a Distanza pare essere diventato il tutto. Ma rendiamoci conto, non lo è”.

Anche nella pagina facebook della Tecnica ci sono stati tanti interventi su questo argomento, e non solo di chi lavora nel mondo della scuola, ma anche di vari cittadini. In molti prospettavano chiaramente come più urgente l’incremento dei fondi per la sanità (qualcuno ha aggiunto: magari anche per chi il lavoro lo ha perso o lo perderà). E tanti che lavorano nella scuola quotidianamente (in “tempi di pace”) sottolineano che servirebbero anche soldi per la pulizia ordinaria (non solo per “sanificare” durante l’emergenza o meglio alla fine di essa) e la “vecchia disinfestazione” che un tempo si faceva periodicamente negli edifici scolastici e ora non si fa più da anni per la carenza di disponibilità economiche.