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Docenti aggrediti, ci vuole il Daspo per studenti e genitori violenti. Ancodis: come allo stadio, via dalla scuola chi non rispetta un pubblico ufficiale

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Per arginare le violenze contro il corpo insegnante non è più tempo di comprensione ad oltranza. E nemmeno i lavori socialmente utili, rilanciati dal nuovo ministro dell’Istruzione, sembrano essere la soluzione migliore. Per risolvere una volta per tutte il problema crescente bisognerebbe introdurre il DaSco, il Divieto di Accesso in ambiente Scolastico, da imporre per un determinato periodo a tutti quei studenti e genitori che producono violenza nei confronti degli insegnanti.

Cosciente che non basta più avere collocato tali violenze tra gli oltraggi a pubblico ufficiale, con procedure civili parallele che portano anche al risarcimento per i prof aggrediti, l’associazione dei collaboratori scolastici Ancodis ha deciso di lanciare la proposta scrivendo al professore Giuseppe Valditara; nella lettera aperta inviata al Ministro dell’Istruzione, l’associazione sostiene che “assistiamo quasi ad un’assuefazione nel leggere il ripetersi di tali fatti nei confronti di docenti che appaiono deboli, impotenti e indifesi di fronte ad alunni e genitori che ritengono di affrontare e risolvere le situazioni problematiche con la violenza piuttosto che con la forza del confronto e del dialogo”.

Ecco perché, scrivono ancora i componenti dello staff dei presidi, “occorre alzare un argine alla crescente sensazione di insicurezza, a dare un segnale di rispetto per tutti i docenti e i beni materiali di una scuola, a rifondare il ruolo autorevole della funzione docente”.
All’agenzia Adnkronos il presidente Ancodis, Rosolino Cicero, ha spiegato che la prima cosa da “fare è far pesare in chi sbaglia nei confronti di un docente o dell’Istituzione scolastica, dagli atti vandalici ai furti, il danno che ha fatto sia alla persona fisica sia ai beni materiali della scuola. Il principio deve essere che è un’istituzione, i docenti sono pubblici ufficiali e come tali vanno trattati, vanno considerati”.

“Oggi – ha ricordato Cicero – noi subiamo danni o violenze, attacchi fisici o verbali e, di fatto, prima che si arrivi ad una situazione di processo o di tutela non si fa nulla perchè non c’è l’obbligo da parte del dirigente di attivare una procedura. E, soprattutto, non c’è il rispetto nella comunità scolastica”.

E ancora: “s molti genitori non interessa interagire in maniera civile con i docenti e ci ritroviamo, quindi, in una situazione in cui si subiscono oltraggi, offese, umiliazioni, violenze fisiche e si continua su questa strada. La nostra proposta quindi, è molto semplice: occorre penalizzare chi fa un’aggressione fisica ad un pubblico ufficiale, specialmente in territorio scolastico”.

Ecco, allora, il Dasco, una sorta di Daspo, da adottare con “i genitori violenti che non debbono più mettere piede in una scuola. Come allo stadio“.
Per il presidente Ancodis, “sicurezza, rispetto ed autorevolezza sono inscindibili, proviamo ad alzare un argine alla crescente sensazione di insicurezza, a dare un segnale di rispetto per tutti i docenti e per i beni materiali di una scuola, a rifondare il ruolo autorevole della funzione docente”.

La proposta di Ancodis, a ben vedere, non sembra essere in sintonia con la risposta che il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, vorrebbe dare nei confronti degli studenti che si macchiano di comportamenti violenti nei confronti del personale scolastico: quella dei lavori socialmente utili. “Non li ho inventati io – ha detto Valditara in audizione al Senato per presentare le sue linee programmatiche -, sono stati previsti nel nostro ordinamento, da un Governo di centro sinistra e anche dallo Statuto degli studenti del 1998”.

E se i lavori socialmente utili “non vengono applicati è perchè spesso non ci sono le condizioni per poterli applicare. Bisogna trovare anche il contesto normativo per renderli funzionali e attuabili”, ha sottolineato il ministro dell’Istruzione dopo essere ritornato anche sul concetto di “umiliazione: risentite il mio intervento, ho usato il riflessivo ‘umiliarsi’, proprio della cultura cristiana. Il ragazzo deve accettare la sanzione, deve riconoscere di avere sbagliato, mettere dei limiti al proprio io. Bisogna essere seguito”.

“La bocciatura non è adeguata. Dobbiamo aiutarlo con i lavori socialmente utili. Questa è la sfida vera che va nella valorizzazione della persona”, ha concluso Valditara.