In anni di permanenza nella scuola, prima al banco e poi alla cattedra, ho avuto modo di confrontarmi – sia come utente sia come “fornitore” – con vari aspetti del mondo dell’istruzione. E da questa mia esperienza credo di poter trarre riflessioni e magari addirittura conclusioni che suppongo troveranno d’accordo buona parte di chi ha le mani in pasta.
Lo studio per lo studio, vale a dire per il puro e semplice piacere di imparare fino a se stesso, è cosa rarissima. Io personalmente non ho mai conosciuto nessun studente, mio compagno o mio allievo, animato solamente da questo spirito. Mi ci metto dentro anch’io. E qui entra in gioco un’importantissima motivazione che anima e pungola chi è dotato di amor proprio e vuole (tentare di) raggiungere degli obiettivi: il tanto vituperato voto, la tanto disprezzata valutazione. Con buona pace di chi vorrebbe abolire il tutto.
Il piacere – o chiamatelo amor proprio, orgoglio – di ottenere un buon risultato del quale andare fieri innanzitutto con se stessi e poi anche nei confronti del resto del mondo. Sì, il voto è un carburante che mette in moto ed alimenta energie che altrimenti rimarrebbero latitanti o si esprimerebbero in misura molto minore.
Il voto a scuola è come la medaglia o lo scudetto nello sport: stimola, entusiasma, vivifica. In mancanza di ciò tutto si appiattisce, si isterilisce, si indebolisce. Perché manca la motivazione.
Questa la mia esperienza con la natura umana: ci dev’essere qualcosa da conseguire, perché la vita – piaccia o no – è una gara.
Daniele Orla