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Erasmus+, Regno Unito verso l’addio al programma: “I britannici sanno parlare solo inglese”, i giovani non ci stanno

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Il Regno Unito abbandonerà il programma Erasmus+. A dirlo, come riporta Il Fatto Quotidiano, il consigliere politico per conto del Governo di Londra Nick Leake, durante una riunione della Commissione a Bruxelles, giustificando la posizione presa dal governo di Londra.

“Gli interessi dei contribuenti britannici sono la ragione per cui abbiamo deciso di non partecipare all’Erasmus+”

“C’è sempre stato uno squilibrio tra la nostra incapacità di parlare bene le lingue e quindi di approfittare delle opportunità di mobilità all’estero e le persone che volevano venire nel Regno Unito”, queste le sue parole. Alla base della decisione del Governo del Regno Unito sarebbero le scarse competenze nelle lingue straniere dei britannici che rendevano troppo costosa l’adesione al programma, visti gli scarsi risultati.

Insomma, pare che i britannici, almeno la maggior parte, sappiano solo parlare inglese. Secondo quanto riporta Politico, Leake avrebbe aggiunto che partecipare al programma comporterebbe per il Paese una spesa di “2 miliardi di euro in più di quanto avremmo ricevuto nel corso di un programma di 7 anni”, cioè una perdita di circa 300 milioni di euro ogni anno. “Gli interessi dei contribuenti britannici sono la ragione per cui abbiamo deciso di non partecipare all’Erasmus+”, ha aggiunto.

Le proteste

I giovani, ovviamente, non sono contenti e chiedono a gran voce un ripensamento. In particolare, il gruppo delle associazioni giovanili European Youth Forum e l’ente promotore dei giovani britannici British Youth Council hanno parlato di una “perdita devastante di opportunità di scambio ed educative per i giovani da entrambe le parti della Manica”.

Un appello è anche stato fatto alla Commissione europea attraverso una raccomandazione che chiede di riammettere il Regno Unito al programma di mobilità internazionale. Da Londra, intanto, anche il sindaco laburista Sadiq Khan si è schierato a favore dell’Erasmus+. E in vista delle elezioni nella città entro la fine dell’anno, un’inversione di rotta – in caso di vittoria laburista – è quindi possibile.

Erasmus, le opportunità per i docenti

I numeri degli studenti che vanno all’estero in Erasmus con sono cresciuti tantissimo negli ultimi anni: si è tornati alla media di quasi 20 mila l’anno (oltre 720 mila in 35 anni). Con una percentuale altissima, il 98%, per quanto riguarda i fondi Erasmus destinati all’Italia e che Indire è riuscita ad impegnare. Ma Erasmus è aperta anche agli adulti, da formare e da specializzare. Anche questi dati sono di assoluto successo: nel 2023 i docenti e gli educatori che hanno aderito al programma Erasmus sono stati oltre 2.300. Ne abbiamo parlato con Cristina Grieco, presidente Indire, a margine della presentazione del Rapporto Indire su Erasmus+, svolta a Roma il 6 febbraio nella sala Capitolare del Senato.

Anche i docenti possono partecipare all’Erasmus – ha ricordato Grieco ai microfoni della ‘Tecnica della Scuola’ – e ciò “rappresenta un’opportunità non solo per conoscere la lingua, ma pure per condividere le esperienze di accoglienza e di organizzazione scolastica e didattica, la piattaforma transnazionale che coinvolge i docenti”.

Secondo la presidente Indire quella di andare all’estero è “un’occasione di straordinaria importanza, anche per uscire dalle proprie aule, soprattutto quelle più isolate. È una finestra sul mondo, un’opportunità per conoscere scuole distanti migliaia di chilometri tra loro in chiave di cittadinanza europea”.

Inoltre, fino al 2027 con Erasmus plus si può “ampliare il programma tradizionale inserendo l’aspetto dell’inclusione sociale e dello sport, con il coinvolgimento di giovani e adulti: si dà l’opportunità di crescere a livello professionale per i primi e di competenze trasversali per i secondi, sempre nell’ottica dei valori che l’Europa porta avanti”.

L’Italia è anche il secondo Paese Ue per accoglienza: “la bellezza del nostro Paese – ha ricordato Grieco – aiuta sicuramente, ma solo per Indire c’è una squadra di 150 persone che lavora per questo obiettivo. Va anche ricordato che tra le prime Università in termini di numeri e di scambi di studenti, ben quattro su cinque sono italiane, sinonimo di sensibilità nel mandare i ragazzi a fare questa incredibile esperienza all’estero”.