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Giornata della Memoria: “Sono tutti morti bruciati”, un alunno liquida così la Shoah in un tema. La dirigente: “Frase ignobile”

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Un fatto che potrebbe sembrare una semplice bravata, un semplice scherzo di cattivo gusto ma che invece è qualcosa di molto grave. Tutto è successo a Napoli, all’istituto Archimede, come riporta La Repubblica, qualche giorno fa. Visto l’avvicinarsi della data di oggi, 27 gennaio, Giornata della Memoria, in una classe della scuola è stato proposto un tema per riflettere sulla Shoah, con una traccia con vari spunti per trattare l’argomento.

Uno studente, quasi maggiorenne, ha invece pensato bene di liquidare una tematica così toccante e dolorosa, un genocidio, un avvenimento tragico che ha segnato la nostra storia contemporanea con quattro parole, contenute su un rigo. Una frase ironica, in dialetto napoletano, che prende in giro tutti coloro che hanno perso la vita nei campi di concentramento: “So tutt muort abbruciat”, ossia “sono tutti morti bruciati”.

La decisione della dirigente scolastica

Un modo assurdo e irrispettoso di riferirsi alla Shoah. Il fatto non è infatti rimasto inosservato, anzi. La professoressa d’italiano che ha letto il “tema” ha segnalato la cosa alla dirigente scolastica, Mariarosaria Stanziano, che ha pensato di mandare una lettera a tutti i docenti della scuola per parlare di quanto accaduto.

“Dobbiamo trovare le parole per evitare che quella ignobile frase, graffiata su un foglio bianco, passi inosservata. Abbiamo da educatori il dovere di accogliere e rilanciare. Sempre più spesso i giovani si mostrano incapaci di cogliere le emozioni, di entrare in sintonia con i drammi dell’altro, di mostrare empatia. È una vera patologia, l’alexitimia, ma se ne parla poco”, ha scritto nella nota.

“Indifferenza, distacco, cinismo”

Non si può fare altro che chiedersi: perché il ragazzino che ha scritto queste parole non si è reso conto, vista anche la sua prossimità all’età adulta, di quanto sia assolutamente fuori luogo scherzare su una tematica del genere? Qual era il suo obiettivo? Mostrarsi sprezzante davanti ai compagni di classe? Far parlare di sé? Come ha fatto a non essere empatico con le vittime della tragedia dell’Olocausto?

“Quel ragazzo ha voluto fare lo splendido? O l’irriverente? O ancora l’ironico barzellettiere? Ha voluto lanciare una aperta sfida alla scuola, all’autorità dei docenti, mostrandosi disincantato e irrispettoso? Ha interpretato la bieca sintesi dell’aggressività più vigliacca ed immorale che guarda a fatti umani e storici gravissimi con indifferenza, distacco e cinismo? Ha inteso interpretare per iscritto le mille battute caustiche ed imperdonabili che rimandano ai forni crematori, alle saponette, al gas letale? Oppure ha usato formule verbali aggressive pari a quei violenti cori da stadio che inneggiano al Vesuvio?”, si è domandata la preside.

“Eppure parlare a scuola della Shoah serve anche a scongiurare questo tipo di condotte”, ha concluso.