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Gli esiti Invalsi e il divario nord-sud, che si divarica sempre di più

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Il sottosegretario all’Istruzione, Elena Ugolini, ha detto che le prove Invalsi servono per conoscersi meglio e meglio capire dove intervenire e come intervenire tra i complessi meandri del nel nostro sistema di istruzione: una mappatura insomma dello stato della scuola italiana e delle sue condizioni di salute, senza la quale si rischia di navigare a vista e di scontrarsi con imprevisti non ponderati.
Le prove Invalsi quindi escono dall’indeterminato della polemica e trovano applicazione, se non altro di dialogo e di analisi che però nel contesto relativo al rapporto sulla rilevazione degli apprendimenti pubblicati dal Miur il 20 luglio scorso interessa poco esaminare. Interessante invece appare il dato che esse hanno messo in evidenza, il divario cioè Nord-Sud all’interno della scuola nazionale.
“In particolare”, dice il rapporto del ministero, “i risultati sottolineano come i divari geografici tendano ad aumentare nei diversi livelli d’istruzione. Divengono cioè sempre più consistenti al crescere dell’età degli studenti. Rimane ancora consistente lo svantaggio del Sud, e in parte del Centro, rispetto al Nord per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado. In termini percentuali, il divario supera di 12 punti la media per quanto riguarda l’Italiano e gli 11 per la Matematica. In particolare, la distanza tra Nord, Centro e Sud, inizia con la scuola secondaria di primo grado.”
Un comunicato quello del Miur comprensibilmente asettico e senza nessun commento o tentativo di spiegazione delle causa di tanta frattura, né di ricerca di responsabilità. Compiti questi che però si assumeranno i giornali, alla ricerca, che è coerente col loro ruolo, sia dei motivi di tale preoccupante disomogeneità di punteggi registrata nella secondaria di secondo grado e sia dei soggetti fisici, o immaginari, cui addebitare la colpa, visto che di colpa si tratta se i livelli di istruzione sono così distanti fra di loro.
Inoltre, di fronte a una edizione non commentata prescindendo dei freddi numeri, ciascun lettore si farà una sua personalissima opinione che darà il via ai consueti attacchi, strumentali per lo più, ora contro i professori meridionali, neghittosi e impreparati, ora contro gli alunni, strafottenti e ignoranti, ora contro la ben nota sonnolente pigrizia dei popoli sudisti, piagnoni e furbi e adusi a ottenere il massimo col minimo sforzo tant’è, dirà il solito politico nordista, che agli esami di stato vengono dal sud le percentuali di voti migliori a fronte di tanta scientifica e dimostrata debacle culturale.
Non siamo sociologi, ma appena letto il comunicato pubblicato da Miur, non abbiamo fatto altro che cercare all’interno del nostro portale alcune delle più recente pubblicazioni relative ai sondaggi Istat e no sulle condizioni di povertà, di lavoro, di abbandoni e di dispersione tra il nord e il sud, per dire, cercando di dimostrarlo, che la frattura non riguarda solo i livelli di preparazione scolastica ma anche di lavoro e di vivibilità, di reddito e spesa per cultura.
Ecco qualche assaggio:
A fronte della stabilità della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento dell’intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa ripartizione la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a 785,94 euro, contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro. 
Per quanto riguarda l’istruzione, la quota di spesa varia da un massimo del 2,0% in Basilicata ad un minimo dello 0,6% in Campania”. 
La Campania è in vetta alla classifica come fondi erogati perché la divisione delle risorse viene effettuata in base alla percentuale di famiglie con un reddito inferiore ai 15mila euro, che nella Regione superano il 21%.
114 mila tra i 14 e i 17 anni abbandonano la scuola ogni anno, oltre il 20% in Campania 
Nel 2010 la quota 15-29 che non lavorano e non studiano rimane decisamente più alta nel Mezzogiorno: al Sud l’incidenza del fenomeno raggiunge infatti il 30,9 per cento 
E infatti, se nella scuola primaria, come dimostra l’esito delle prove Invalsi, non si notano grandi differenza di preparazione fra Nord, Centro e Sud un motivo ci deve pur essere e che non è certamente rintracciabile nella maggiore dedizione o preparazione dei maestri, oppure nella meno propensione di bambini alla strafottenza e neghittoseria. 
Un pedagogista direbbe che a quell’età, l’età della primaria, le differenze di classe si colgono poco e poco si avverte il disagio economico della famiglia, né si costringe o si avverte l’esigenza spesso forte di cercare un lavoro, anche in nero, per tamponare pericolose falle di sopravvivenza.
 E’ con la pubertà che il raffronto col mondo esterno diventa più conflittuale e dal mondo esterno si cercano risposte che le famiglie più povere e disagiate non riesce spesso a dare, quando non c’è dove pescare perfino l’euro per i libri. 
E guarda caso la frattura tra Nord e sud nel nostro sistema di istruzione inizia proprio dalla secondaria di secondo grado e per alzarsi via via sempre più.