I lettori ci scrivono

Green pass, se la politica è indifferente la scuola deve rivendicare il diritto alla critica

E così la contraddizione persiste. Con maggiore evidenza in tempo di pandemia. Green Pass per gli addetti ai lavori della Scuola (scontato comunque per chi ha avuto l’attenzione all’ascolto dei segnali che da tempo lasciavano presagire che sarebbe andata a finire con l’obbligatorietà), ma liberi tutti sui bus che portano a scuola, e guai toccare le classi pollaio (un oneroso costo per lo Stato: non importa se poi lo Stesso butta 40milioni in altro inutile…, e che in vero sono soltanto il 5% della componente nazionale, al dire del Ministro).
O su altri mezzi di trasporto: metropolitane e bus di varia natura, basta che trasportino per giungere al luogo di lavoro. Infondo, i bus e le classi pollaio non hanno differenza alcuna, sono entrambi numerose se il distanziamento è l’efficacia contro Delta. Ma in questi casi il Covid non fa male, anzi non esiste proprio: Delta cammina a piedi, è una questione di stile. Lei va a piedi, dimenticavo. E nemmeno a scuola ci va. Fa parte di quelli che disertano la cultura: l’abbandono scolastico… .

Ho creduto partire dalla scelta appena operata da parte del Governo Nazionale, con il deliberare l’obbligo alla vaccinazione per quanto riguarda l’operaio scolastico, malgrado sappia che la parte introduttiva è consapevolezza di tutti e per tutti, e che continuare su questa linea si rischia di scrivere un ennesimo polemico pensiero, fritto e rifritto. Ho creduto opportuno “partire da” per la riflessione che segue.

Viviamo in un tempo che alimenta costantemente l’io come processo di mio lasciando fuori il noi. L’Io ha surclassato la critica sociale e la giusta domanda di riscatto dei ceti più deboli (di cui la Scuola rappresenta una buona fetta, che ci piaccia o meno), talvolta penetrando nella stessa dinamica politica con effetti disastrosi, promuovendo la distruzione fine a stessa al posto della lotta per l’emancipazione.

Il luogo dell’apertura straordinaria verso un sapere nuovo, l’occasione per una ripartenza vitale, diviene il luogo sacrificale del Salvatore, che attraverso la “cura” tenta di debellare il pericolo di ogni untore. E questo inoltre restringendo il limite in un solo spazio singolo, e non all’insieme che lo costituisce: perché solo i docenti e gli Ata e non anche gli studenti, visto poi che sono quelli che più di tutti si muovono in gregge e tra le greggi?

Ma non è questo ciò che più mi rende arrabbiato e spiaciuto, quanto il constatare ancora una volta quell’asservimento al Sistema che fa della Scuola non il luogo della democrazia, intesa quale libertà di pensiero e di azione, anche se in contrasto talvolta con il Potere, e dalla quale e grazie alla quale si genera quell’evoluzione di cui citavo sopra.

Ci hanno mandato in DAD o in DID, ci hanno consumato, spremuto 24 ore su 24, rendendoci rei se il risultato fosse stato quello di una insufficienza di apprendimenti e capacità, malgrado ogni sforzo e la consapevolezza che il sapere serve solo per darlo. E che un maestro è tale quando non ha nessun interesse culturale quando è solo. Hanno annullato la possibilità di mettere in ruolo personale vincitore di concorso (2020) per mancata pubblicazione di graduatorie, e per cui si vedono perdenti dell’opportunità di essere assunti in ruolo già dall’a.s. 2021/2022.
Sono docenti che hanno svolto la prova in piena pandemia, con tutto quello che ciò ha comportato, che hanno atteso per mesi la graduatoria, che hanno assistito alla fase ordinaria di assunzioni senza potervi partecipare. Per non parlare dei mancati trasferimenti, o delle mancate assegnazioni, grazie anche a degli errori di compilazione o confusione dell’organico di diritto e di fatto. E si parla di personale Covid in caso di sdoppiamento delle classi: consentire invece a coloro che non hanno potuto partecipare ai lavori di ruolo, di intervenire in tale situazione?  E’ tutto un caos, tant’è che persino il dott. Bassetti in un suo intervento manifesta palesemente il rimpianto dell’amministrazione Azzolina.

Continuiamo come soldatini ad obbedire, tacere, malgrado un minimo di pensiero libero si traduce in commenti di delusione o di indignazione. Ma è un grido silente e spesso in solitario: un po’ come le chiacchere da bar o da mercato.

Quanto ancora siamo in grado di sopportare, e non attendiamo certo il tempo del voto, quello in cui ci illudono di essere i reali protagonisti del futuro della gestione della Cosa Pubblica. Rischiamo di arrivare ancora una volta in ritardo.

Cosa ci aspetta adesso, dopo il mascherato obbligo alla vaccinazione? Dove siamo noi persone senzienti? Isole in una isola quale è il mondo Scuola. Come se nulla andasse a scalfire nessuno. Mentre in vero, come il battere di ali della farfalla, che senza accorgersene tanto influisce nello spazio-orizzonte della terra.

Non è un pensiero il mio all’istigazione, ma soltanto un invito a credere nella propria capacità di scelta, in quella libertà che ancora consente di reagire attraverso le forme democratiche e non violente, che possono generare un nuovo corso e un non più effimero riconoscimento della Scuola quale fondativo dello Stato.

Effimero per la retorica che accompagna la riflessione Scuola, effimero per il riconoscimento economico che tarda ad arrivare e appaiare gli equilibri con le retribuzioni dei colleghi della UE. Effimero per il declamare di coloro che dovrebbero rappresentarci, e che poi per 50/80 euro netti firmano la qualunque. Effimero per la costante dichiarazione silenziosa di una considerazione della Scuola come un “disturbo” alle istanze di una Politica che manifesta una avversione a quella vera politica in quanto arte che compone gli interessi e i soggetti molteplici della vita della polis, e ilcui dialogo si fonda su un lessico propagandistico e prende il posto del difficile compito della mediazione e della composizione degli interessi particolari di ogni Istituzione sociale e civile, perseguendo la cattura, con qualunque mezzo, del consenso elettorale. Una politica che resta indifferente, e non dunque inconsapevole, dell’essere vissuta come costante tradimento del popolo (la Scuola in questo caso), anziché il suo luogo di rappresentazione.

La Scuola, il suo grido non abbastanza gridato, non è un ostacolo, e non vuole essere affatto un ostacolo, alla libertà, ma la traduzione simbolica più pura, più vera, più autentica. Più compiuta.

Permettiamo a che ciò sia finalmente possibile:
Ma andate, piuttosto, figli, ad assalire Federazioni! Andate a invadere Cellule! Andate ad occupare gli uffici del Comitato Centrale! Andate, andate ad accamparvi in Via delle Botteghe Oscure! (Pasolini, 1968).

Noi possiamo farlo nel linguaggio del Lessico Civile.

Mario Santoro

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