Home Attualità Gruppi WhatsApp, strumento di dialogo o banco d’accusa per i docenti?

Gruppi WhatsApp, strumento di dialogo o banco d’accusa per i docenti?

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Gruppi Whatsapp si o no? Questo è il problema. Il bisogno di comunicazione fra genitori e scuola ha, negli ultimi mesi, scatenato un dibattito in merito.

Abbiamo più volte, infatti, riportato alcuni episodi che hanno posto l’attenzione su questo fenomeno, ormai diffuso in tutta Italia.

Ci sono i gruppi whatsapp fra i genitori degli studenti nati con lo scopo di coordinarsi fra loro che spesso si sono trasformati in veri e propri banchi d’accusa nei confronti degli insegnanti, come ha fatto notare il dirigente scolastico di un istituto comprensivo della provincia di Firenze, che ha inviato una circolare in merito: le chat risultano “un facile mezzo di diffusione di informazioni veloci e sintetiche”, non “il surrogato del sano, approfondito e insostituibile contatto relazionale umano, sempre necessario nel confronto sugli argomenti complessi e delicati della scuola”, scrive il Ds e aggiunge: “i gruppi WhatsApp dei genitori finiscono per sollevare i figli dalle responsabilità, laddove portano soccorso se un bambino dimentica di scrivere sul diario i compiti, non sa come risolvere un problema, non ha preso appunti.
Ancora più grave, come segnalato anche in altri casi, sono proprio i giudizi nei confronti dell’operato dei docenti, che trasformano il mezzo digitale, con positive potenzialità, in un mero strumento di facile accusa.

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Anche l’uso dei social fra docenti e alunni, crea non poche polemiche in merito: “Ritengo che la distanza quando si è docenti possa essere un elemento formativo. Per gli studenti siamo figure che quasi non dovrebbero avere una vita. Siamo modelli, esempi di comportamento”, sostiene Arianna Vennarucci, professoressa di storia e filosofia del liceo classico Giulio Cesare di Roma.

Eppure c’è chi la vede diversamente, come Paolo Fasce, professore di ruolo di matematica applicata e informatica all’I.S. Einaudi Casaregis Galilei di Genova, che invece “ha un gruppo WhatsApp con i suoi studenti, e lo usa in modo formativo. ‘Banalmente – racconta – qualche giorno fa uno studente ha scritto “un’amico” con l’apostrofo. Gli ho spiegato la regola. Ho corretto un solo studente ma nella chat ci sono 25 studenti e la spiegazione è toccata a tutti’.

In merito è intervenuta anche Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione, che intervistata da Lilli Gruber al Festival della Tv e dei nuovi media a Dogliani, ha parlato anche del fenomeno social e Whatsapp: “I gruppi Whatsapp non si possono vietare, perché per fortuna c’è libertà di espresione con i mezi di comunicazione ma che sono sintomo del bisogno di maggiore dialogo fra docenti e famiglie e un ritorno alla legittimazione del lavoro degli insegnanti”.

 

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