Home I lettori ci scrivono I docenti più bravi dovrebbero insegnare alle elementari

I docenti più bravi dovrebbero insegnare alle elementari

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Gentile redazione,

è ormai all’ordine del giorno, anche per un insegnante del liceo, trovarsi a correggere errori che si credevano estinti da tempo o interpretare pensieri senza costrutto logico. Il tutto scritto in una calligrafia ai limiti del decifrabile (spesso oltre) e con parole per nulla adeguate a quello che si vorrebbe esprimere. A volte gli ostacoli logico-linguistici arrivano a rendere impossibile qualsiasi comprensione.

Si sta dunque parlando di orrori la cui importanza è pari alla loro gravità. Errori, accenti, apostrofi, concordanze, ma anche punteggiatura inesistente, periodi infiniti, parole inventate, lettura stentata, passaggi più acrobatici che logici. Per non parlare, in ambito matematico, delle tabelline, queste sconosciute (e quindi dei conti che ancora avvengono utilizzando le dita).

Tutte cose che alle superiori non dovrebbero neanche più esistere, e dove sono presenti con sempre maggiore frequenza. Quando però è ormai troppo tardi. Al massimo, si può correre ai ripari, evidenziandole e facendo in modo che lo studente ci pensi almeno un po’ sopra. Il punto, però, è che non dovrebbe nemmeno pensarci, tanto dovrebbe essere diventato nel tempo naturale esprimersi correttamente. Ma così non è più. Bisognerebbe allora agire molto prima per evitare, attraverso la correzione, la solidificazione di ciò che è scorretto e contribuire, per mezzo dell’allenamento, della ripetitività, del continuo esercizio, alla formazione nel ragazzo di una nuova inclinazione: quella verso le cose giuste.

Io penso quindi che bisognerebbe rivolgere maggiore attenzione, e soprattutto dedicare maggiori energie al momento iniziale. Ossia alle elementari, quell’importantissimo periodo scolastico in cui si dovrebbe acquisire gli elementi, cioè imparare a leggere, a scrivere e a fare di conto. E a farlo bene. Perché leggere bene, scrivere bene, fare bene di conto non è solamente leggere bene, scrivere bene, fare bene di conto. È infinitamente di più.

Quanti valori possono essere consegnati ai ragazzi svolgendo bene queste attività, e quanta educazione al loro interno! Prendiamo il saper scrivere (ordinatamente, anche), con tutto il carico di esercizio e di ripetitività che richiede: quanti valori si acquistano, imparando a farlo bene? La pazienza, la disciplina, l’ordine, la perseveranza, l’attenzione, l’impegno, la precisione, e chissà quanti me ne sto dimenticando. E imparare a fare di conto (senza l’uso immediato della calcolatrice che fa morire sul nascere ogni possibilità), quanta logica, quanta capacità di saper pensare per passaggi ordinati può sviluppare? Quante qualità un giovane può acquisire senza che neanche se ne accorga, solamente perdendo il tempo giusto per svolgere bene le cose le normali attività. E quanto allora sarebbe importante (per i ragazzi!) ritornare a perdere tempo perché queste cose, leggere, scrivere e fare di conto, siano imparate nel migliore dei modi, anziché perderlo (ma per davvero) in progetti, progettini e progettoni che non servono a nulla se non a sottrarre tempo prezioso a ciò che veramente vale!

Insegnare bene a leggere, a scrivere e a fare di conto non significa dunque fare “solamente” questo; vuol dire anche permettere al ragazzo di acquisire dei modi di essere attraverso i quali poter affrontare ciò che si troverà davanti da lì in poi, avendo nel proprio bagaglio i valori umani fondamentali per farlo.

Di più: saper leggere bene, scrivere bene, fare di conto bene creano anche indipendenza, permettendo ai ragazzi, in futuro di affrontare personalmente le cose, cioè di vivere da uomini. Il non saperlo fare, al contrario, li lascerà sempre dipendenti dagli altri, dalle interpretazioni, dalle opinioni, dalle argomentazioni altrui, sempre bisognosi di un sostegno.

Se un ragazzo legge male, come potrà comprendere ciò che legge, interpretarlo, giudicarlo? Se scrive male, in maniera scorretta e priva di logica come potrà scrivere qualcosa di sensato e di comprensibile? Se non ha allenato la mente con esercizi e calcoli a ripetizione, come potrà esprimersi in maniera fluida, logica, argomentata? Come potrà fare tutto questo se non ha gli strumenti per poterlo fare? Insomma: come potrà pensare in autonomia ed essere così indipendente? Poi certo, non basta conferirgli questi elementi perché lo faccia automaticamente e sempre meglio.

C’è tutta una sua azione, poi. Ci sono la sua decisione, il suo impegno, il suo sforzo, il suo studio, il suo esercizio. Ma come potrà farlo se non ha gli strumenti necessari per poterlo fare bene? Mi chiedo dunque: quanti, considerandoli esercizi vitali, dedicano ancora tempo ai dettati, alle tabelline, ai temi (che non si fanno quasi più nemmeno alle superiori), alla lettura espressiva, alla correzione degli errori facendo riscrivere tante volte le parole sbagliate?

Una preside per me importantissima un giorno mi disse che «se fossi io il Ministro dell’Istruzione, metterei gli insegnanti migliori alle elementari». E io sottoscrivo.

Marco Radaelli

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