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Il dimensionamento spazza via 627 scuole autonome: arrivano maxi-istituti con 2-3 mila alunni e 300 docenti e Ata. Premi alle Regioni che dicono sì

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Avranno altri 10 giorni di tempo le Regioni per approvare il “dimensionamento”, ovvero la razionalizzazione della rete scolastica, dovuta al calo demografico e quindi delle iscrizioni a scuola, che comporterà una riduzione dei presidi, Dsga e segreterie, con la prevista sparizione di 627 unità di personale tra capi di istituto e di segreteria, nel periodo che va tra il 2023 e il 2027. A deciderlo – anche per garantire il regolare avvio del prossimo anno scolastico – è stato il 14 gennaio il Consiglio dei ministri approvando il decreto legge “Riorganizzazione del sistema scolastico della Missione 4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

Misure agevolate a chi si adegua

La novità è che il provvedimento – che però non riguarda le due scuole slovene del Friuli – prevede che tutte le Regioni che risulteranno aver effettuato il dimensionamento nei termini previsti, potranno usufruire di una serie di misure agevolative, la più importante delle quali, come abbiamo già scritto, è la possibilità di istituire classi anche senza il requisito del numero minimo di studenti, oltre alla salvaguardia del contingente Ata per l’anno scolastico 2025/26 e la nomina di un docente con funzioni vicarie del dirigente scolastico per le scuole colpite dal dimensionamento.

In termini pratici cosa accadrà? È semplice: verranno meno alcune centinaia di presidenze e segreterie scolastiche, ma non le sedi e i corsi di studio: questi verranno assegnati ad altri dirigenti scolastici (con rispettivi Dsga e segreterie) che hanno da gestire già i loro istituti, che però in questo modo si troveranno a capo di diversi istituti, fisicamente non sempre vicini pochi chilometri, e anche a dirigere 300-400 docenti e Ata, ma soprattutto oltre 2-3 mila alunni e i rispettivi genitori, con tutti i problemi di sovraccarico professionale che si verranno a determinare.

L’ok di ministro e sottosegretario

“Con le misure odierne offriamo alle Regioni che dimensionano condizioni di maggior favore nella realizzazione del servizio. Nessun plesso verrà chiuso, ma vi sarà una scuola meglio organizzata e più vicina agli studenti”, ha assicurato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

Secondo Paola Frassinetti, sottosegretario all’Istruzione e al Merito, “questi interventi mirano a favorire una migliore organizzazione del servizio scolastico nelle regioni che attuano il dimensionamento in condizioni agevolate. Come evidenziato dal Ministro Valditara, non sarà chiuso alcun plesso scolastico, ma si garantirà una scuola più efficiente e vicina agli studenti. Mi auguro che anche le Regioni governate dalla sinistra scelgano di agire nell’interesse degli studenti, mettendo da parte logiche politiche predefinite”, ha concluso Frassinetti.

I tagli al personale però ci sono

Le regole relative all’attuale piano di dimensionamento della rete scolastica vedevano in servizio per l’anno 2023-2024 la quantità di 7.936 dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi. Il piano prevede ora: 7.461 presidi e Dsga nel 2024-2025 (con un taglio di 475 unità); 7.401 presidi e Dsga nel 2025-2026 (con un taglio di 60 unità); 7.309 presidi e Dsga nel 2026-2027 (con un taglio di ulteriori 92 unità).

Va ricordato che i diversi ricorsi presentati contro il dimensionamento scolastico hanno dovuto fare i conti con il parere della Consulta che, pur evidenziando dei limiti del provvedimento, non è sembrata sconfessare l’operato del Governo.

Diversi enti locali, però, non sembrano rassegnarsi: a Roma le “fusioni” delle autonomie scolastiche sono stati contestati anche dall’assessore alla scuola della capitale, da alcuni municipi e dai consiglieri regionali di opposizione perchè gli accorpamenti nel territorio regionale, il prossimo anno, saranno 23 e riguarderanno anche la secondaria di secondo grado.

Le reazioni sindacali e del Pd

Gianna Fracassi, segretario della Flc-Cgil, reputa la decisione del Governo un “vero e proprio atto di ritorsione”, perché “il taglio delle autonomie sta determinando, oltre alla riduzione corrispondente di personale, la costituzione di mega scuole e il progressivo allontanamento dal territorio”.

Sarebbe “importante – ha detto all’Ansa Ivana Barbacci, segretaria Cisl Scuola – che questi processi siano accompagnati da una programmazione non guidata da logiche ragionieristiche, di tagli e soppressioni ma da attenzione e rispetto per la funzionalità degli istituti e dalla piena rispondenza organizzativa dell’offerta formativa sul territorio”. Così

Secondo Giuseppe D’Aprile, leader Uil Scuola, “un esecutivo lungimirante, invece di incentivare le Regioni ad aderire al piano di dimensionamento, dovrebbe trasformare il problema della denatalità in una opportunità e non in una penalizzazione, intervenendo a favore della scuola statale anche per migliorare la qualità di apprendimento degli studenti.

L’on. Irene Manzi, responsabile nazionale scuola Pd, è invece preoccupata per “le misure agevolative ad hoc”, annunciate dal Ministro, “per spingere le regioni a tagliare le autonomie scolastiche”. Solo che “anziché affrontare strutturalmente e a beneficio di tutto il territorio nazionale le problematiche riguardanti il numero minimo e massimo degli alunni per classe, anziché affrontare il tema delicato del personale ATA (il cui taglio è stato rinviato in legge di bilancio di un anno ma non eliminato), anziché rivedere i criteri del dimensionamento definiti dalla legge di bilancio per il 2023, si interviene creando regioni di serie A e di serie B”.

“Ribadiamo con forza – continua la dem – che il dimensionamento voluto dal Ministro Valditara ha avuto e avrà gravi conseguenze sulla qualità dell’istruzione, ricadute negative sul personale, sugli studenti e sulla qualità dei servizi scolastici nei territori, in particolare nelle aree interne. Invece di intervenire con soluzioni come questa, si lascino alle scuole le risorse liberate dalla denatalità”, ha concluso Manzi.