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Il prof rimprovera l’alunno, i genitori gli rompono una costola: com’è difficile fare il docente in certe zone

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Sempre più spesso leggiamo che i genitori quando vanno a scuola a parlare con i docenti del profitto e del comportamento dei figli, si sono ormai trasformati nei loro sindacalisti. A volte, però, vanno ben oltre. Anzi, si trasformano in furie umane, sempre in difesa dei loro “pargoli” da difendere a tutti i costi.

Calci e pugni al prof

Ne sa qualcuno un docente di educazione fisica dell’istituto Vittorini di Avola, nel siracusano, che la mattina del 10 gennaio si “permesso” di rimproverare un suo alunno nel corso della lezione: il ragazzo, come abbiamo già riportato in un altro articolo, ha immediatamente comunicato alla famiglia l’accaduto (via telefono?).

Di lì a poco, i genitori si sono recati nella scuola media. Dove non hanno voluto sentire ragioni: nel cortile, la coppia ha letteralmente aggredito il prof, picchiandolo con calci e pugni. Sino a provocargli la rottura di una costola.

L’aggressione dinanzi agli altri alunni

All’aggressione fisica avrebbero assistito anche diversi altri studenti dell’istituto, ad iniziare da quelli della classe che il docente stava accompagnando in un istituto liceale per svolgere orientamento.

Il docente di educazione fisica, scrive l’Ansa, è stato costretto a fare ricorso ai medici dell’ospedale Di Maria. I carabinieri hanno denunciato la coppia (47 anni lui, 33 lei) per lesioni e interruzione di pubblico servizio.

Le difficoltà ad insegnare in certi contesti territoriali

Lasciamo ai nostri lettori il commento dell’accaduto. Ricordando però, ancora una volta, che in alcune zone del Paese, dove la dispersione scolastica supera il 40 per cento, fare l’insegnante comporta anche pericoli di questo genere. E vale pure per i dirigenti scolastici ed il personale Ata.

Si tratta di istituti collocati in aree dove la scarsità di agenti sociali e culturali gioca negativamente nei confronti di chi fa formazione: senza entrare nel qualunquismo, in certi contesti anche un semplice richiamo verbale può essere considerato una grave offesa, piuttosto che una normalissima modalità educativa nei confronti di un giovane che va a scuola anche per imparare a come comportarsi nelle situazioni di vita.

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