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In Altre Parole, Crepet: “Fare il docente non vuol dire mettersi in cattedra e pontificare, così si annoia”

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Lo psichiatra Paolo Crepet è stato ospite di In Altre Parole, programma di La7 condotto da Massimo Gramellini, per parlare, tra le altre cose, di scuola ed educazione. Il dibattito è partito dalla vicenda del professore accusato di molestie da due studentesse che, a quanto pare, lo avrebbero voluto solo incastrare per vendetta.

“La figura dell’educatore, del docente ha questo di difficile: deve essere molto vicino ma con una giusta distanza dai ragazzi. Fare il docente non vuol dire mettersi su una cattedra e pontificare, perché quello annoia, ha sempre annoiato. Le poche figure che ancora mi ricordo di quegli anni sono persone che si sono avvicinate, mi hanno chiesto che avevo”.

Autolesionismo, cosa devono fare i genitori? La risposta di Crepet

Crepet ha anche scherzato: “Darei il telefonino ad un adolescente quando va in pensione”. Poi, in merito ai ragazzi che fanno autolesionismo: “Cosa devono fare i genitori di fronte ai tagli sulle braccia? Tirar su le maniche. Se non si sa che il proprio figlio si taglia vuol dire che non si è con lui. Ci vuole curiosità. Siamo in un manicomo che chiamiamo famiglia”.

E, in merito all’occupazione del liceo Tasso di Roma: “Noi non crediamo più nei ragazzi, perché non diamo un segno ai ragazzi? Facciamoli votare a sedici anni. Una delle domande che non si fanno è: ‘sei felice’?”.

Gramellini e l’aneddoto su un professore

Qui il giornalista Gramellini è intervenuto: “Nel mio caso ricordo il mio professore di latino e greco che mi metteva sempre tre, che mi diceva una frase che ho usato tante volte nella mia vita: ‘nella vita si diventa grandi nonostante, i se sono la patente dei falliti’. Oggi verrebbe processato”.

Occupazione Tasso, sanzione spropositata?

Uno degli studenti che ha occupato il liceo Tasso di Roma è stato ospite di In Altre Parole, su La7, condotto da Massimo Gramellini. “I genitori hanno coperto la nostra voce, il ruolo dei genitori deve rimanere tra le mura domestiche. Lo studente va a scuola per responsabilizzarsi, e le azioni che compie secondo me devono andare anche incontro alla sanzione. A mio avviso in questo caso è stata però sproporzionata. Se ci sono conseguenze da pagare le paghiamo noi studenti”, ha detto lo studente.

“I genitori sono spaventati e iperprotettivi nei confronti dei figli. Il loro comportamento è inutile e superficiale, noi ci siamo autodenunciati sapendo benissimo a cosa andavamo incontro. La nostra è una lotta politica contro una repressione. Il ministro loda chi reprime ma gli mandiamo lettere e occupiamo non spende alcuna parola”, ha aggiunto polemicamente.

Ecco il commento del docente e cantante Roberto Vecchioni: “Per i benpensanti voi siete solo dei banditi. Invece siete dei testimoni, dalla parola ‘contestare’”.

La lettera del dirigente scolastico

Come abbiamo scritto, il dirigente scolastico ha deciso di agire con pugno duro sui 170 studenti occupanti con delle sanzioni10 giorni di sospensione dalle lezioni, di cui 8 da svolgere con attività socialmente utili, più 5 in condotta al termine del primo quadrimestre.

Come riporta Il Corriere della Sera il dirigente, con una lettera firmata anche da 32 docenti, ha denunciato le “strumentalizzazioni” della vicenda, parlando di “manipolo di studenti che impone la scelta a tutti gli altri e nottetempo entra a scuola bloccando la didattica curricolare a vantaggio di lezioni tenute da ospiti più o meno famosi e corsi su fumetti, fotografia, burraco tenuti da sedicenti rivoluzionari”. L’epilogo della protesta, scandita da “musica, balli, birra e spritz”, culmina nella “conta dei danni” con il dispendio di denaro pubblico per sanificare i locali.

In alcuni passaggi della nota vengono chiamati in causa esponenti politici che, nei giorni scorsi, hanno difeso i ragazzi: dal segretario romano del Pd, Enzo Foschi, secondo il quale l’occupazione sarebbe l’unico modo “per manifestare un disagio e porre domande”, alla deputata dem Michela Di Biase, critica nei confronti di un approccio ritenuto repressivo (la replica: “Nessuno di noi crede che la scuola sia un luogo di punizione”). 

Le parole più dure sono per l’ex deputato di Si Stefano Fassina che non ha impedito alla figlia di partecipare “in nome di un obiettivo educativo primario: la maturazione del dovere della responsabilità delle proprie scelte di vita”. Ecco le parole del dirigente: “Non sarebbe stato meglio che un genitore che ha un ruolo politico si limitasse a svolgere tra le mura domestiche il ruolo di padre? I figli smettano una buona volta di essere protetti dai padri”.