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In pensione dal 2024 con assegno ridotto: su medici, infermieri e maestre di asilo forse il Governo ci ripensa. Ma non sugli anticipi

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Le forti proteste per la “stretta” sui pensionamenti dei lavoratori stanno costringendo il Governo a cambiare la Legge di Bilancio 2024. La conferma è arrivata dal ministro del Lavoro Marina Calderone, che, secondo l’Ansa, sta verificando le soluzioni “per andare incontro alle comprensibili rivendicazioni dei medici” in merito alle pensioni e definire “nei prossimi giorni” l’intervento più opportuno.

Tra le ipotesi per evitare penalizzazioni, in particolare ai medici, ci sarebbe tanto la revisione delle aliquote solo per chi sceglie di andare in pensione anticipatamente e non anche per i trattamenti pensionistici di vecchiaia, quanto il differimento dell’entrata in vigore della norma, inserita nella Manovra. Rimane in dubbio, però, il destino dei lavoratori iscritti alla Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI): per loro le penalizzazioni, come pure una frangia di infermieri, rimangono un rebus.

Invece, non vi dovrebbero invece essere ripensamenti su Quota 104, che permette di lasciare il lavoro in anticipo rispetto ai dettami della Legge Monti-Fornero, solo se si è in possesso 41 anni di contributi, con sconti solo a donne e a chi fa lavori gravosi.

Per opposizione politica e sindacati, comunque, il ripensamento per i medici si tratterebbe di un passo in avanti. “I tagli alle pensioni future di medici, infermieri e insegnanti sono assurdi. Questa norma non va corretta: va cancellata”, ha detto il leader M5s, Giuseppe Conte, che nell’ambito delle contro-audizioni sulla manovra, ha incontrato pure i segretari di Cgil e Cisl.

“Noi vediamo luci e anche ombre”, ha detto Luigi Sbarra, segretario generale Cisl, a margine dell’incontro. La “stretta” sulla previdenza, ha detto il sindacalista “non piace assolutamente: esprimiamo forte contrarietà sugli interventi restrittivi in materia di pensioni. Questa revisione, questa restrizione delle aliquote dei rendimenti per alcune categorie: medici, infermieri, maestre di asilo… non ci convince la stretta ulteriore su quota 103 o anche su ape sociale non affrontando il tema opzione donna”.

La Cisl ha proclamato una grande manifestazione nazionale per sabato 25 novembre a Piazza Santi Apostoli, con l’obiettivo di far arrivare un forte messaggio al governo e ai gruppi parlamentari per un impegno ulteriore finalizzato a migliorare la legge di stabilità.

“Per noi serve parlare di crescita sviluppo, rilancio degli investimenti pubblici e privati, gestione delle crisi aziendali, di politiche aziendali, di infrastrutture, di sanità, scuola e per questo pensiamo sia necessario un grande accordo, un grande patto sociale che accompagni percorsi di attuazione partecipata del Pnrr e per sostenere insieme il cammino delle grandi forme”, ha concluso Sbarra.

A chiedere di sopprimere la norma sulle pensioni dei medici, è stato anche, la mattina del 10 novembre, la Fnomceo, Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, in audizione sulla manovra, alle Commissioni Congiunte Bilancio.

“Questa Federazione si aspetta la soppressione della norma, prevista dalla manovra – ha affermato il segretario della Fnomceo, Roberto Monaco – che incide sul rendimento della quota retributiva della Cassa pensione sanitari, e che contrasta con il dovuto riconoscimento ai medici che hanno profuso il loro impegno senza risparmio”.

La disposizione riguarderebbe 50mila medici, causando un taglio sino a un quarto dell’assegno pensionistico. E che potrebbe avere ripercussioni pesanti sul Servizio sanitario nazionale, per l’abbandono in massa e inaspettato di circa 6.000 medici ospedalieri.

I sindacati sono d’accordo, ma per cancellare le penalizzazioni di tutte le categorie individuate. “La norma che penalizza i trattamenti pensionistici per tanti dipendenti pubblici è a rischio di incostituzionalità e va cancellata dalla manovra non solo per medici e personale sanitario ma anche per tutti gli altri lavoratori”, ha detto sempre il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra,

Intanto, cresce l’età media dei lavoratori italiani a causa dell’andamento demografico e della stretta sull’accesso alla pensione. E questo rischia di essere un problema per le imprese che segnalano i rischi per la capacità di gestire i carichi di lavoro e sulle difficoltà di utilizzo delle nuove tecnologie. A dirlo è stato l’Inapp spiegando anche che oltre il 37% dei lavoratori italiani nel 2022 aveva più di 50 anni, 16 punti in più rispetto al 21% registrato nel 2005. Più di un imprenditore su quattro, tra quanti hanno ravvisato l’invecchiamento del proprio personale, sottolinea l’Inapp, giudica tale fenomeno uno svantaggio, che potrebbe compromettere la capacità di gestire i carichi di lavoro o di impiegare nuove tecnologie, l’adattabilità a nuove mansioni e la disponibilità alla flessibilità di orario.

Inoltre, il 41% valuta non adeguate le competenze digitali dei lavoratori in età più avanzata e più della metà ritiene che sarebbe utile svilupparle ulteriormente.