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Inclusione, obiettivo irrinunciabile; ma per donne e bambini (al sud in particolare) c’è ancora molto da fare. Lo dice il rapporto Weworld Italia

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E’ stato presentato qualche settimana fa, a cura di Weworld Italia il rapporto Mai più invisibili che misura, attraverso un apposito indice, il livello di inclusione e le condizioni di vita di donne e bambini. Il rapporto italiano utilizza l’approccio adottato dal rapporto internazionale WeWorld Index, giunto, nel 2022, alla sua ottava edizione e pubblicato per la prima volta lo scorso anno in collaborazione con ChildFund Alliance, un network globale di 11 organizzazioni che promuovono i diritti di bambini/e e adolescenti nel mondo e di cui WeWorld è l’unico membro italiano

WeWorld Index fotografa le condizioni di vita di donne e bambini/e in circa 170 paesi del mondo nella loro capacità di garantire e promuovere i diritti di queste categorie sociali attraverso una serie di 30 indicatori, raggruppati in 15 dimensioni, a loro volta divise in tre Sottoindici: Sottoindice di Contesto, dei Bambini/e e delle Donne. L’aggregazione dei tre Sottoindici permette di ottenere il WeWorld Index complessivo.

L’Italia nella serie del WeWorld Index

A livello mondiale il quadro non è confortante per il nostro paese: dal 2015 l’Italia ha sperimentato un peggioramento, passando dalla 27esima posizione alla 28esima nel 2022.Guardando, poi, alla posizione dell’Italia nei tre sottoindici che compongono il WeWorld Index (Contesto, Bambini/e e Donne) la situazione è variegata. Infatti, sebbene l’Italia abbia acquistato posizioni nella classifica del sottoindice di Contesto, passando dalla 27esima posizione nel 2015 alla 23esi- ma nel 2022, ciò non è altrettanto vero per il Sottoindice dei Bambini/e e quello delle Donne. Nel primo, l’Italia è passata dalla 37esima posizione nel 2015 alla 40esima nel 2022 (uno dei risultati peggiori tra i paesi europei); nel secondo, invece, è passata dalla 31esima nel 2015 alla 33esima nel 2022.In questo senso, è importante ribadire che contesti favorevoli all’inclusione non sono di per sé sufficienti a garantire e promuovere i diritti di donne, bambini/e e adolescenti, se all’interno di questi stessi contesti non sono inserite e implementate politiche targettizzate sui bisogni specifici delle categorie sociali interessate. Comunque sia, il miglioramento registrato nel Sottoindice di Contesto è principalmente dovuto a un maggiore accesso all’informazione e alla diffusione di internet, correlabile al boom digitale sperimentato nel periodo pandemico

Gli ambiti in cui il nostro paese è maggiormente retrocesso, invece, riguardano l’inclusione economica delle donne e la violenza agita su di loro, il capitale economico di bambini/e e adolescenti e la loro educazione. Quest’ultima, in particolare, sconta il ritardo accumulato negli anni che sta allontanando sempre più l’Italia dagli obiettivi europei.

Alcuni dati sull’istruzione

Il rapporto, redatto per la prima volta nel 2020 con l’utilizzo di 30 indicatori, analizza il tasso di “esclusione sociale”,  ovvero l’insieme delle situazioni in cui non tutti possono usufruire delle opportunità e dei servizi deputati a consentire una vita dignitosa, come ad esempio l’istruzione pubblica, l’assistenza sanitaria, le infrastrutture o il sistema di previdenza sociale.

Le percentuali evidenziate quest’anno – scrive Famiglia Cristiana presentando la pubblicazione – non mostrano miglioramenti rispetto a 5 anni fa: si calcola, infatti, che ad oggi siano 15 milioni le donne e i bambini che vivono in regioni incapaci di garantire un adeguato accesso a esperienze educative di qualità, salute, opportunità lavorative e partecipazione politica. Delle 20 aree geografiche italiane, nessuna è idonea a offrire un grado di inclusione buono (75-84,9%) o molto buono (85-100%), mentre sono rispettivamente 5 e 6 quelle con un grado di esclusione sociale molto grave (meno del 44,9%) di donne e bambini.

Le condizioni peggiori si riscontrano al sud,dove i livelli di dispersione scolastica sono allarmanti e acuiscono il divario con le regioni del nord: il tasso più alto di abbandono scolastico si registra in Sicilia (21,2% contro il 12,7% della media nazionale), che si distingue tristemente anche per il minor numero di donne laureate o in apprendimento permanente.

Una dimensione, quella dell’istruzione, che ha risentito notevolmente degli effetti del lockdown e che rischia di diventare un problema serio: spesso, infatti, chi non accede all’educazione non può aspirare a un lavoro qualificato, e di conseguenza nemmeno a uno stipendio medio-alto; se la situazione poi è particolarmente grave (ad esempio, se il livello di istruzione è elementare), probabilmente il salario percepito sarà tale da non garantire nemmeno una soluzione abitativa soddisfacente, cosa che a sua volta alimenterà l’emarginazione sociale.

L’Italia, dunque, si posiziona decisamente in basso sulla scala dei Paesi inclusivi e capaci di promuovere i diritti di donne e bambini, rimanendo in una situazione di stallo che non sembra fare progressi. 

Il punto di forza dell’approccio Weworld Index

Secondo Weworld il concetto di inclusione comporta il superamento dell’accezione puramente economica evidenziando la necessità di una visione ampia, multidimensionale dinamica e positiva, personale e sociale, universale dello sviluppo.

Si tratta di un punto di vista perfettamente correlato alla logica dell’Agenda 2030 dell’Onu che propone le cosiddette “5P”: People, Planet, Prosperity, Partnership, Peace.

Così considerare congiuntamente le condizioni di vita di donne, bambini/e e adolescenti diventa fondamentale per avere una visione più chiara ed esaustiva del loro livello di inclusione.