Home I lettori ci scrivono Insegnanti nella DAD: aspetti normativi e contrattuali

Insegnanti nella DAD: aspetti normativi e contrattuali

CONDIVIDI

I decreti del Presidente del Consiglio e le diverse note esplicative divulgate di seguito dal Ministero dell’Istruzione hanno incentivato prima e poi cercato di disciplinare la DAD, quale acronimo di Didattica a distanza, per regolare la conclusione dell’anno scolastico in tempi di Coronavirus e assicurare nel contempo l’inizio del nuovo anno.
È sotto gli occhi di tutti che i docenti hanno mostrato, nella stragrande maggioranza, una dedizione al lavoro ed una attenzione per gli studenti a dir poco encomiabile rivoluzionando l’organizzazione del lavoro in modo pressoché autogestito, con una tempistica di tutto rispetto.
Riguardo lo strumento della DAD però permangono diversi nodi anche di natura giuridica, stante la natura forse non obbligatoria della stessa per il personale docente e per gli stessi alunni.
La parte datoriale afferma che non possiamo derogare dall’art. 2, comma 3 del decreto legge 8 aprile 2020, entrato in vigore il 9 aprile, che testualmente recita che ‘il personale docente assicura l’attività didattica in modalità a distanza durante la sospensione delle lezioni in presenza’.
Secondo i ministeriali trasteverini già l’art.87 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18 aveva stabilito al comma 1 che:
“Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, […] il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”.

I sindacati tutti della scuola sono chiamati a vario titolo a lenire e svelenire i numerosi conflitti in atto tra docenti e D.S. sulla facoltatività della DAD. Questo duello a distanza, appunto, è alimentato dalla mancanza di taluni requisiti di effettività!
Mancano, infatti, le famose irrinunciabili cinque W:
• Who? [«Chi?»]
• What? [«Che cosa?»]
• When? [«Quando?»]
• Where? [«Dove?»]
• Why? [«Perché?»]
Peraltro sempre più numerosi sono gli esperti di settore che si riservano di valutare che non sia venuto meno il diritto alla salute come definito nella Carta costituzionale, infatti nulla è stato detto dal Ministero circa un ipotetico orario di lavoro ben consapevole che l’utilizzo di questa modalità di insegnamento coinvolge gli insegnanti molto spesso anche ben oltre il numero di ore canonico svolte in classica presenza!
I docenti motivati che stanno lavorando a distanza lamentano di essere giunti anche a 40 ore settimanali tra:
1. formazione/aggiornamento;
2. preparazione di materiale;
3. video lezioni (tempo della lezione medesima e delle eventuali prove di verifica per gli allievi);
4. correzione dei compiti;
5. colloqui con i genitori.

Proponiamo al legislatore di modificare l’orario di servizio, ad esempio riducendo le 18 ore di lezione ad un massimo di 12 settimanali e limitando tutto il resto delle attività sopra elencate ad un massimo di altre 12 ore settimanali, per un totale massimo di 24 ore, come da contratto!
Non si può lavorare a cottimo!

Fermo restando che non sono state conteggiate le ore dedicate a:
– consigli di classe;
– riunioni di dipartimento;
– collegi docenti;
– riunioni gruppi glh, ecc.
che già rientrano nelle famose 40 ore extra annuali, già attuate nel presente (maledetto) a.s. che volge al termine.

In aggiunta si tenga conto del fatto che a tutt’oggi manca la nozione di didattica a distanza, DAD, poiché l’ordinamento scolastico non prevede alcuna norma che ne definisca i contorni e che possa essere posta come riferimento di uno specifico adempimento posto a carico dei docenti.
Mal si comprende e non è accettabile per molti come si possa pretendere l’assolvimento di obblighi extra contrattuali le cui modalità di osservanza dovevano essere scritte prima al tavolo negoziale tra la parte pubblica e la parte sindacale.
Quanto sopra almeno fino a quando rimarrà in vigore il decreto legislativo 165/2001 che assegna alla contrattazione collettiva la regolazione e la definizione della prestazione nonché la disciplina sostanziale e procedurale dell’adempimento: cosa deve fare il lavoratore, come deve farlo e per quanto tempo.
In modo sibillino le varie disposizioni rimandano e rinviano, al contratto collettivo nazionale vigente che però non fa alcuna menzione del telelavoro o dello smart working per i docenti.
Il decreto, inoltre, pone totalmente a carico dei docenti gli oneri e le responsabilità relativi all’individuazione dei mezzi e degli strumenti telematici per attivare la DAD. e poi in riferimento al diritto alla sicurezza su lavoro dei docenti il dispositivo recita che il docente «assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione».

ll ministero omette di specificare quali siano questi strumenti, quali caratteristiche tecniche minime debbano avere e chi debba fornirli. E poi conclude dicendo che, se tali strumenti coincidono con la strumentazione privata del docente, non si applicano le tutele previste dalla legge in materia di sicurezza sul lavoro.
In pratica sarebbe una scelta obbligata, quella di utilizzare la strumentazione privata, necessitata dalle misure di contenimento del contagio varate dallo stesso governo che fino a qualche giorno addietro costringevano i docenti a limitare al minimo indispensabile gli spostamenti.
In buona sostanza per la parte datoriale, la didattica a distanza va fatta, sebbene non si sappia bene che cosa sia, come debba essere svolta e per quanto tempo.
I docenti la DAD devono svolgerla utilizzando il proprio PC e il proprio collegamento a internet privato e con costi a loro carico.
E se il PC o il collegamento a internet non funzionano o, peggio, se per il loro utilizzo l’insegnante dovesse ricavarne problemi di salute e infortuni, la responsabilità rimarrà totalmente a carico del docente. Quantunque si voglia desumere che il dirigente scolastico ha l’obbligo di attivare la didattica a distanza, questa comunque è rimessa nell’attuazione alla discrezionalità dei singoli docenti, nel rispetto del sacrosanto diritto della libertà d’insegnamento che non può essere determinato in via decisionista, unilaterale, arbitraria da parte del DS.
Lo stesso MIUR, nella sua nota del 6 marzo, evidenzia che: “è essenziale, nella definizione della modalità d’intervento, il più ampio coinvolgimento della comunità educante.”
La libertà d’insegnamento, infatti, viene riaffermata dallo stesso MIUR anche in riferimento all’aspetto valutativo, nella successiva nota dell’8 marzo, quando scrive: […] “Si ricorda peraltro che la normativa vigente – D.P.R. n.122/09, e D.lgs. n. 62/17, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono fonte tradizionale e non normativa”.

E ancora si aggiunga che L’art. 7 T.U. D.P.R. n° 297/94 afferma chiaramente che il Collegio docenti ha competenza specifica e speciale in materia di funzionamento dell’attività didattica.
Che piaccia o meno la DAD non realizza la stessa inclusività delle antiche modalità di ogni giorno cioè nelle aule, nei laboratori, nelle palestre delle scuole di ogni ordine e grado, quella in presenza, in cui docente e discenti interagiscono nel medesimo spazio/tempo.
Dirigenti e docenti devono necessariamente approdare ad una sintonia dialogante di buon senso e impegno comune coscienti del momento drammatico e delle inderogabili priorità.

Francesco Aprile e Antonino Meduri
Consiglieri nazionali FSI Scuola USAE Piemonte