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Istruzione tecnico-professionale, bocciata la sperimentazione anche a Ivrea (TO), città simbolo del rapporto fra mondo della scuola e quello del lavoro

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Se un merito va attribuito alla proposta di attivare in via sperimentale per il 2024/25 i percorsi tecnologico-professionali di cui si sta approvando la legge in Parlamento c’è certamente quello di aver aperto un bel dibattito nelle scuole e soprattutto negli istituti tecnici e professionali.

In molte realtà i collegi dei docenti hanno affrontato lunghe discussioni e in diversi casi, alla fine, hanno deciso di non aderire alla proposta.
A conti fatti, come abbiamo già scritto, in tutta Italia le scuole che hanno manifestato interesse sono state circa 170, la maggior parte nelle regioni del sud. Curiosamente nelle regioni del nord, che dovrebbero essere invece maggiormente interessate a costituire reti aziende e imprese, le adesioni sono state poche.

Significativo il caso del Piemonte (6 scuole hanno aderito) e ancora emblematico il caso dell’Istituto di istruzione superiore “Olivetti” di Ivrea dove – come raccontano alcuni docenti che hanno scritto alla nostra redazione – il progetto è stato bocciato nel corso di un collegio dei docenti svoltosi il 29 gennaio.
Il caso di Ivrea appare ancora più clamoroso se si pensa che è avvenuto in una scuola intitolata a Camillo Olivetti, padre di Adriano che negli anni ’50 aveva contribuito a realizzare sul territorio solidi rapporti fra l’impresa e il mondo della scuola.

“Nei nostri confronti – scrivono i docenti – si stanno facendo, sulla stampa locale e non solo, critiche che potrebbero danneggiare la nostra scuola nella delicata fase delle iscrizioni”.
“In realtà – spiegano i docenti – nel corso della seduta del collegio sono emerse forti argomentazioni, fondate e coerenti, di carattere pedagogico e didattico, basate sulle esperienze pregresse di molti docenti che per anni hanno prestato servizio sia nella scuola tecnica, sia professionale e, in virtù di ciò hanno riflettuto sulle difficoltà concrete emerse nel corso di passate sperimentazioni attuate dall’istituto”.
“Tali motivazioni – proseguono – hanno spinto la maggior parte degli insegnanti [109 su un totale di circa 135] a votare contro la proposta di sperimentazione che non solo assimila l’istruzione superiore tecnica a quella professionale, ma anticipa anche l’entrata nel mondo del lavoro degli studenti a scapito della formazione di competenze di base vitali per fronteggiare una realtà complessa e multiforme ed impone alla scuola di abdicare alla sua funzione primaria che è quella di educare e formare la persona, per favorire l’addestramento di manodopera in base alle richieste contingenti del mercato”.  
“Il collegio dei docenti – concludono i firmatari della lettera – non ha bocciato la sperimentazione per il timore della perdita del posto di lavoro, né teme cambiamenti o riforme che possano arricchire l’offerta formativa.
Molto più concretamente chi ha votato no alla sperimentazione ha esercitato il diritto/dovere di esprimersi su una riforma considerata non favorevole agli studenti sotto il profilo organizzativo e didattico”.

A livello nazionale e regionale proseguono intanto incontri di presentazione della sperimentazione del “4+2” organizzati dalle Regioni, dagli Usr e da altri organismi finalizzati soprattutto a “convincere” gli ultimi incerti sulla scelta da fare al termine della secondaria di primo grado.
Anche perché, è bene ricordarlo, le 170 adesioni fin qui prevenute da tutta Italia dovranno essere confermate dalle iscrizioni: in mancanza di richieste delle famiglie, infatti, i percorsi rimarranno sulla carta e non si tradurranno in classi effettive.