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Italiani meno ricchi e più ignoranti, l’Istat mette a nudo i mali del post-Covid: 4 alunni su 10 senza competenze minime alfabetiche e matematiche

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La disponibilità economica e la cultura dell’italiano medio dopo il Covid-19 sono peggiorate. Nell’anno in cui mai così tante famiglie hanno visto arretrare la loro situazione economica, con oltre un italiano su tre (il 35,1%, dieci punti rispetto a prima della pandemia) che ha dichiarato un passo indietro nel 2022, anche l’istruzione e la formazione fanno registrare passaggi a vuoto: secondo il rapporto Bes ‘Il benessere equo e sostenibile in Italia’ dell’Istat, pubblicato il 20 aprile, lo scorso anno abbiamo assistito a un impoverimento delle competenze degli studenti delle medie: il 38,6% degli allievi non raggiunge la sufficienza per la competenze alfabetica. Addirittura, il 43,6% non ha le competenze minime per quella numerica.

Anche il forte calo nella partecipazione culturale fuori casa è stato solo parzialmente recuperato nel 2022. Ed è altrettanto significativo il dato che continua, inesorabile, la discesa nella lettura di libri e quotidiani.

Come continua ad essere preoccupante la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati, i cosiddetti Neet: in Italia raggiunge il 19% rispetto all’11,7% della media Ue27.

Troppo bassa, invece, risulta la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato nel nostro Paese un’istruzione terziaria: il 27,4% in Italia e il 42,8% in media Ue27.

Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue27).

In generale, ha detto ancora l’istituto nazionale di statistica, l’Italia è una “situazione peggiore” nel confronto con la media dei Paesi europei nella maggior parte degli indicatori del Bes.

Nella stessa giornata, il direttore generale dell’Istat Michele Camisasca ha fatto sapere che la dispersione scolastica continua ad essere alta: “Tra i 18 e i 24 anni nel 2020 abbiamo avuto quasi 500 mila abbandoni scolastici: un dato su cui dobbiamo fare i conti”, ha spiegato Camisasa durante il convegno organizzato a Roma dalla Gilda degli insegnanti.

“I dati che la statistica fornisce per osservare il fenomeno scuola – ha detto Camisarca – non possono che partire dal dato demografico: c’è un inverno demografico, per la prima volta quest’anno i nuovi nati sono stati meno di 400 mila e questo ha un riverbero anche per il futuro delle nostre classi: già dal 2015 al 2019 sono stati 190 mila i bambini in meno nelle scuole dell’infanzia e 107 mila in meno i bambini alla primaria”.

E ancora: “Dal 2008 è iniziata questa decrescita e dal prossimo anno anche ai licei” ed in generale nelle scuole superiori “ci sarà un calo importante. Questo serve per fare della programmazione su edifici scolastici, servizi e altro, è un richiamo ai decisori”.

A sentirsi “richiamati”, però, sono solo i politici d’opposizione. “Nel Def non c’è una parola sulla cultura. Mollicone e la maggioranza in commissione fanno un lungo elenco di quello che si dovrà fare ma che drammaticamente non c’è. Surreale!”, ha commentato con amarezza Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura e responsabile scuola.

È assodata, infatti, anche la mancanza di risorse per rilanciare la scuola attraverso il Documento di economia e finanza, che anticipa investimenti e tagli per il futuro prossimo.

Secondo Riccardo Magi, segretario di Più Europa, il governo sta pensando a progettare “il liceo del Made in Italy quando non serve alcuna nuova tipologia di liceo di stampo patriottico e nostalgico”. Invece, continua Magi, “il legame fra le vocazioni produttive territoriali e il sistema scolastico si supporta soprattutto rafforzando il sistema d’eccellenza degli Istituti Tecnici Superiori ITS, la cui riforma non è ancora conclusa. I fondi destinati, ben un miliardo e mezzo dal Pnrr, ancora non sono stati spesi”.

“É altresì necessario riformare seriamente l’Alternanza Scuola lavoro, costruendo percorsi sicuri che effettivamente formino e orientino i ragazzi in coerenza con le discipline che hanno studiato e desiderano approfondire”.

“Il governo vuole trasformare ogni provvedimento in uno sfoggio di propaganda identitaria anziché preoccuparsi di migliorare e investire su riforme strutturali del nostro sistema scolastico, indietro di decenni rispetto agli altri paesi europei“.