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L’istruzione rimane lontana dal mondo del calcio. Però qualcosa si muove

Calcio e istruzione sono ambienti per tradizione incompatibili. Quando si pensa ad un giocatore fuori dal rettangolo di gioco è difficile immaginarlo a studiare sui libri. Più probabile pensarlo a giocare alla play station (ricordate il caso di Alessandro Nesta, qualche tempo fa costretto a ricorrere alle cure dei sanitari per un’infiammazione ai tendini della mano a seguito delle troppe ore passate con il joystick?). A volte però l’immaginario collettivo deve fare i conti con le eccezioni. L’ultima è quella del neo-dottore Giorgio Chiellini, il difensore centrale della Juventus e della nazionale italiana: nei giorni scorsi il noto giocatore si è laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino, sfiorando anche il massimo della votazione (109 si 110). Si tratta solo della laurea breve, ma lo stopper ha intenzione di arrivare sino al titolo di “dottore” portando a termine il biennio di specializzazione. Certo, non bisogna illudersi: l’elenco dei giocatori italiani che conciliano l’agonismo ai massimi livelli con gli studi universitari è davvero ridotto all’osso. E all’estero non va meglio.
Consapevoli dell’esistenza di questa sorta di idiosincrasia, alcune federazioni di calcio stanno passando al contrattacco. Come la Premier League, che all’inizio di agosto ha lanciato una sfida tutta da scoprire: approfittando della riforma scolastica in corso, ha proposto al ministero dell’Istruzione inglese di creare un proprio sistema educativo. Il progetto, che rientra nelle ‘free schools’, prevede un’accurata maturazione dei giovani calciatori da un punto di vista sportivo, ma anche educativo. Secondo Richard Scudamore, numero uno della Premier League inglese, “se hai un atleta di razza, perché non lavorare anche sulla sua educazione? Bisogna allenarlo, ma farlo anche studiare. Credo – ha aggiunto – che ci sarà un cambiamento radicale: arriverà il giorno in cui ci sarà la scuola della Premier League. Stiamo lavorando con i club e dando un’occhiata alla riforma di Michael Gove (il ministro dell’istruzione ndr) per vedere cosa fare”.
L’accordo con i vertici dell’istruzione britannica è già stato realizzato. Lo conferma una portavoce del ministero: “vogliamo che ogni bambino – ha detto il rappresentante dell’amministrazione – abbia un’educazione da Premier Leaque e saremo felici di parlare con i suoi dirigenti per creare, dove ce ne sarà bisogno, queste scuole, e dare una chance a ogni bambino”. Insomma, il progetto è solo all’inizio: le idee, e probabilmente anche i fondi, vanno ancora focalizzate. Però il fatto che se ne parli in modo così deciso è un segnale già importante. Peccato che l’idea su cui si sta lavorando solo Oltremanica.
Alessandro Giuliani

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